Per questi motivi, i magistrati milanesi che indagano sul «Rubygate» oggi sono sotto la lente di ingrandimento del Consiglio Superiore della Magistratura. Un atto dovuto, dopo la dichiarazione del capo dei Pubblici Ministeri, Edmondo Bruti Liberati (il quale ha sostenuto l’assoluta correttezza dei suoi PM), ma pur sempre un fastidio.
Però non voglio scrivervi se sia stato giusto o meno «indagare» Boccassini e Company, o se quelle intercettazioni potevano o no finire nel fascicolo del PM. Del resto, su questi aspetti i dubbi sono davvero pochi… anzi pochissimi. Il motivo per il quale scrivo questo post, è per fare osservare al lettore un dettaglio macroscopico ma significativo; dettaglio che può essere evidenziato in forma di domanda: chi è che indaga e giudica i magistrati di Milano?
Beh, la risposta mi pare decisamente chiara: i loro colleghi magistrati del CSM. Dunque un magistrato che indaga un altro magistrato. Un collega che indaga un altro collega. È come se voi, che siete magari operai o impiegati, a un certo punto acquisiste il potere di giudicare i vostri colleghi. Una pacchia, no? Ma soprattutto anormale in un contesto istituzionale dove invece vi dovrebbero essere dei precisi contrappesi di potere. Tu giudichi me, l’altro giudica te, e tu giudichi un terzo. E il terzo? Beh, il terzo magari giudica me, di modo che nessuno possa mai giudicare se stesso o il giudice di se stesso.
Non sta a me chiaramente individuare l’esatto meccanismo. Alfano, nel DDL sulla riforma della Giustizia ha previsto due CSM: uno per i PM e uno per i Giudici. Diciamo che la soluzione non mi convince del tutto, perché in fin dei conti duplica gli organi di controllo o di autogoverno. Però è chiaro che i PM dovrebbero avere un organismo che ne controlli e ne verifichi la condotta, ma senza la pomposità costituzionale che contraddistingue la posizione del Consiglio Superiore della Magistratura. La quale peraltro contribuisce a minare il principio di parità tra accusa e difesa, rendendo ancora una volta il cittadino succube del potere inquisitorio dei PM, anche solo per il fatto che esista una disparità di posizione.
Tornando comunque all’indagine disciplinare sul Pool di Milano, non so come andrà a finire la relativa attività, definita «conoscitiva». Ma è chiaro che nutro forti dubbi sull’accertamento di una qualsivoglia responsabilità. E non lo dico per semplice pregiudizio, ma perché statisticamente è probabile: il 90% dei procedimenti disciplinari a carico di magistrati si sono risolti con un nulla di fatto. Anzi, un buon numero di incolpati addirittura ha poi fatto carriera. Perché è normale che sia così. Del resto, come dice il proverbio, «cane non mangia cane»…
Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235
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Tags: berlusconi, caso ruby, consiglio superiore magistratura, csm, edmondo bruti liberati, ilda boccassini, intercettazioni, pool milano, ruby Potrebbero interessarti anche:-
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