L’articolo di Grossman (che, insieme a pochi altri, vale il prezzo del quotidiano) è per me “pesante”, nel senso che contiene riferimenti che, con la mia misera cultura, non credo di saper cogliere interamente. Credo però (anzi, spero) di essere riuscito a comprenderne il significato.
Le parole di Grossman, così come quelle di chiunque altro, non sono ovviamente da prendere come oro colato, ma contribuiscono a fare riflettere.
“Ecco un possibile scenario: – attacca Grossman – Israele attaccherà l’Iran.“
Perché “Benjamin Netanyahu ha una linea pensiero e una visione storica secondo le quali Israele è il popolo eterno, mentre gli Stati Uniti sono una specie di Assiria o di Babilonia, di Grecia o di Roma dei giorni nostri. Vale a dire: noi siamo per sempre, destinati a rimanere, mentre loro, nonostante tutto il potere che possiedono, sono momentanei, transitori…“
Noi “da quattromila anni ci troviamo ad affrontare le forze più cruente e gli istinti umani più incontrollabili e oscuri della storia e sappiamo bene come comportarci per sopravvivere in queste zone d’ombra.“
Essere israeliti, l’ho già ricordato, significa essere membro del popolo che ha tenuto testa a Dio: figuriamoci che effetto possono fare loro gli iraniani, forse un po’ di solletico.
Quando “re Bibi” dovrà prendere una decisione – continua Grossman – lo farà sulla base della sua visione del mondo estremista, inflessibile e radicata.
I cittadini israeliani che non vogliono che Israele attacchi l’Iran “sono oggi prigionieri, in maniera inequivocabile, delle ermetiche convinzioni del primo ministro“. E sarà anche vero che chi deve prendere decisioni conosce “tutti i fatti e le valutazioni“, ma i cittadini di Israele hanno imparato sulla propria pelle che i loro leader non sono immuni da gravi errori.
E allora – scrive Grossman – su una questione tanto vitale abbiamo il diritto e il dovere di fare ripetute domande. “La conoscenza dei nostri leader si basa solo ed esclusivamente sui fatti oppure è distorta e influenzata da ansie, desideri ed echi di traumi del passato che nessuno è esperto nell’ingigantire quanto il capo del governo?“
“Chi è a favore di un intervento contro l’Iran si muove lungo un asse i cui estremi sono o la bomba atomica iraniana o il bombardamento dell’Iran.” Questo ragionamento porta i leader israeliani a muoversi solo ed esclusivamente tra “aggredire o essere aggredito“. L’Iran dotato di armi nucleari rappresenta un pericolo reale, non è una paranoia del governo israeliano, ma “nella situazione attuale esistono altre possibilità di movimento“.
Conclude Grossman: “Perché ministri e alti dirigenti non si alzano a dire la loro? Perché non si alzano
“Anche noi cittadini… come potremo poi affrontare noi stessi e i nostri figli quando ci domanderanno perché abbiamo taciuto? perché non siamo usciti a frotte a manifestare nelle strade contro la possibilità di un’altra guerra scatenata da noi?“
Io non so se Israele attaccherà l’Iran, come prevede e teme Grossman. Credo che non sia improbabile. Però, quello che maggiormente mi preoccupa nel ragionamento di Grossman è il richiamo a questa visione integralista del mondo da parte dei leader israeliani. La stessa visione integralista di molti leader arabi. La stessa visione integralista che rispunta in tanti Paesi europei.
Una volta si diceva che le ideologie, le visioni ideologiche del mondo erano una cosa brutta, ma se le confrontiamo con l’integralismo odierno, sembrano una barzelletta. Si è voluto fare piazza pulita delle ideologie, cioè delle idee, e quello che è rimasto sono i fanatici che si fanno esplodere tra la gente imbottiti di tritolo.
Poveri noi…