“Sergej Aleksandrovic Tokarev è certamente uno dei maggiori etnografi sovietici, ed è un docente particolarmente rappresentativo. La sua attività si è sempre estesa su un settore molto ampio, il che trova riflesso, tra l’altro, nel suo lavoro di docente presso l’Università statale di Mosca, dove egli è direttore della cattedra di etnografia e tiene corsi di storia della religione, di etnografia sovietica, di storiografia etnografica ecc. (…) L’opera URSS: popoli e costumi rientra anch’essa nella serie degli esemplari unici prodotti da S. A. Tokarev, costituendo il primo trattato del genere nell’etnografia sovietica; pur non essendo estranea alle sue esperienze di ricerca sul terreno in URSS, essa rappresenta non tanto una ricerca originale quanto un lavoro di sintesi, legato più che all’evoluzione degli interessi personali dello studioso alle esigenze del lavoro accademico. La versione originale, pubblicata dalle edizioni dell’università di Mosca nel 1958, ha infatti le caratteristiche di un ampio trattato universitario. (…) Il materiale della trattazione è distribuito secondo le grandi regioni storico-etnografiche individuate dagli etnografi sovietici, e all’interno di queste secondo i singoli popoli o gruppi di popoli; ognuno di questi viene esaminato in base a uno schema ben preciso che prevede la descrizione e l’analisi di problemi generali e di etnogenesi (…), dei vari aspetti della cultura materiale (…), della cultura non materiale (…) e delle strutture sociali e della loro evoluzione” (G. Luigi Bravo, Introduzione, pp. 53-63).
Per consistenza numerica i Kazachi sono il secondo popolo dell’Asia centrale, con 3.600.000 unità; prima della Rivoluzione essi erano comunemente chiamati Kirghisi e confusi con i Kirghisi veri e propri che costituiscono la popolazione della RSS Kirghisa.
Etnogenesi e notizie storiche
Ancora oscuri rimangono l’origine e il significato primitivo del termine kazach, kazak, che secondo alcuni è un etnonimo a due componenti, kaz-sak, da riportare a quello degli antichi Saci; si tratta di un nome comune molto frequente nelle lingue turche, che indica i liberi abitatori della steppa, i cavalieri nomadi.
D’altro lato gli studi etnografici hanno confermato l’opinione, espressa per la prima volta dal grande uomo di scienza kazaco Čokan Valichanov, che questo popolo sia un prodotto storico molto tardo.
L’aggregato etnico kazaco si forma in tempi relativamente recenti, verso la metà del secolo XV; nel 1456 dal khan dell’Orda d’oro Abu’l-Khair si distaccano i due vassalli Giäni-Bäg e Girej, che insieme ai loro sudditi si dirigono verso est. Dopo la morte di Abu’l-Khair, quando ha inizio la disgregazione dell’Orda d’oro, ai seguaci dei due khan si uniscono ancora alcune decine di migliaia di kibitke. Verso la fine dello stesso secolo la confederazione dei Kazachi del Kazachstan orientale rappresentava già una forza politica imponente; in un’epoca imprecisata essa si divide in tre “orde”, la Grande Orda, la Media Orda e la Piccola Orda, e le tracce di questa divisione si conservano tuttora.
Già nella prima metà del secolo XVI fonti russe ed europee fanno menzione dei Kazachi e nel 1534 si reca in Asia centrale l’ambasciatore moscovita Danila Gabin, che nella sua relazione, primo tra i Russi, ricorda questo popolo.
All’inizio del secolo XVIII (1723) l’invasione dei Calmucchi, che mettono in rotta la Grande Orda dopo aver devastato le altre zone dell’Asia centrale, arreca un grave colpo alla potenza dei Kazachi; nel 1730 assume sudditanza russa la Piccola Orda, seguita dopo qualche tempo dalla Media, e, verso la metà del secolo XIX, anche dalla Grande Orda. Di fatto però tutte e tre conservano molto a lungo la propria indipendenza e rimangono sotto l’autorità dei propri khan e sultani.
La storia etnica dei Kazachi ha tuttavia un inizio assai più lontano. Si tratta infatti di un popolo di notevole consistenza numerica e stanziato su un ampio territorio, che tuttavia forma un insieme di considerevole omogeneità. Sul piano antropologico la stragrande maggioranza dei Kazachi appartiene al tipo razziale siberiano meridionale; la lingua è unica ed è difficile distinguervi dialetti. Certamente sussistono differenze culturali, ma sono legate piuttosto alle condizioni geografiche che alle suddivisioni etniche. Tutto ciò indica che l’aggregato etnico kazaco ha origini tutt’altro che recenti.
Per chiarire meglio la questione è necessario prendere in esame la composizione del popolo kazaco; i nomi delle tribù che hanno contribuito a formarlo si sono conservati fino ad oggi come denominazioni gentilizie e sono in maggioranza quelli di gruppi etnici turchi e mongolici turchizzati, e in parte gli stessi che si incontrano tra gli Usbecchi e gli altri popoli turchi della steppa.
Nell’aggregato etnico kazaco si sono quindi fuse unità tribali e linguistiche diverse, tra le quali ultime sono quelle mongole giunte al seguito di Gengis Khan. Probabilmente proprio al XIII secolo risalgono gli ultimi massicci trasferimenti di popolazioni provenienti dall’Oriente nelle steppe del Kazachstan, e i gruppi di lingua turco-tatara possono essere considerati i discendenti dei suoi più antichi occupanti.
Il nucleo fondamentale intorno al quale ha preso consistenza il popolo kazaco furono con ogni probabilità le tribù kipciaki, che costituirono un tempo la massa principale dell’Orda d’Oro.
Le steppe del Kazachistan furono annesse alla Russia prima delle altre regioni centroasiatiche e ciò rispose pienamente agli interessi di questo popolo che altrimenti avrebbe corso il rischio di essere assoggettato dai Mongoli occidentali o dai khan dell’Asia centrale e ciò avrebbe impedito a lungo i contatti con una cultura più progredita.
Basi della produzione materiale
L’attività economica tradizionale dei Kazachi è l’allevamento di tipo nomade nella steppa, e le specie animali da gran tempo più diffuse sono i cavalli, il bestiame minuto, le pecore e i cammelli, che erano tenuti tutto l’anno sui pascoli aperti, con transumanza da quelli in vernali a quelli estivi; si mettevano quindi in serbo quantità molto esigue di fieno.
Il sistema d’allevamento dei Kazachi era primitivo e completamente dipendente dalle condizioni naturali; durante l’inverno il bestiame spesso soffriva della mancanza di foraggio, del freddo intenso e delle tempeste di neve. Non infrequenti erano morie disastrose soprattutto a causa delle gelate, quando gli animali non riuscivano a rompere la crosta della neve ghiacciata e rimanevano senza nutrimento, e a primavera, alla ripresa degli spostamenti, molti capi, troppo deperiti durante l’inverno, morivano per via.
Gli armenti erano il principale patrimonio e la base dell’esistenza dei Kazachi, nel cui regime alimentare i prodotti lattei e carnei hanno tuttora parte preponderante. Soprattutto i primi sono quanto mai vari e caratteristici: con latte di vacca e di pecora si preparano yoghurt, panna, burro, ricotta, formaggi secchi ediverse bevande, mentre col latte di cavalla si fa il kumys. La carne equina era considerata un lusso, accessibile solo ai più ricchi, quella di pecora, più a buon prezzo, era consumata più spesso, ma soprattutto d’inverno. Qualche prodotto offriva anche l’agricoltura, praticata sporadicamente.
Prima dell’annessione alla Russia una parte della popolazione, specialmente i poveri e privi di bestiame, si dedicava al lavoro dei campi, soprattutto nel Kazachstan meridionale, coltivando principalmente il miglio; la tecnica era però primitiva e rudimentali le opere di irrigazione.
L’arrivo dei Russi provocò la riduzione dei terreni a disposizione dei Kazachi, ma ne modificò l’economia in senso positivo; sotto l’influenza dei coloni russi essi cominciarono qua e là a fare provviste di fieno per l’inverno, soprattutto per il bestiame giovane. Tuttavia il livello economico generale dei Kazachi rimase basso fino alla Rivoluzione.
La caccia non costituiva e non costituisce un’attività produttiva sostanziale ed ha piuttosto il carattere di sport; le tecniche impiegate sono quanto mai caratteristiche dei Kazachi come popolo della steppa, in particolar modo la caccia col falcone, l’astore e l’aquila reale e l’inseguimento a cavallo della preda.
La pesca, praticata solo sui grandi fiumi, sul Mar Caspio e sul Mar d’Aral, era occupazione dei più poveri; oggi invece l’industria peschereccia ha preso maggiore impulso.
Tra le attività artigianali sono particolarmente interessanti quelle legate alla lavorazione della lana, in primo luogo alla battitura del feltro; se ne produce anche a disegni, che si ottengono gualcando insieme pezzi di colore diverso o cucendoli su una fodera. Si tratta di un materiale di largo impiego tra i Kazachi, che con esso rivestono le iurte, coprono i pavimenti ecc. È nota anche la tessitura che con ogni evidenza proviene dai vicini sedentari.
Va poi ricordata la lavorazione del legno, col quale si fabbricano stoviglie e suppellettili, di regola in un sol pezzo e spesso riccamente intagliate; era invece poco sviluppata quella dei metalli e del tutto assente la produzione fittile.
La collettivizzazione ha prodotto mutamenti radicali nell’economia del Kazachstan; l’allevamento non ha perso nulla della sua importanza, anzi nella maggior parte del paese costituisce il ramo principale della produzione kolchosiana, ma è praticato su basi completamente nuove e secondo i principi scientifici più moderni. Sono stati esplorati e resi utilizzabili mediante opere di irrigazione milioni di ettari di aride steppe semidesertiche, adibite ora a pascolo; si scavano nuovi pozzi per il bestiame, si costruiscono bacini idrici e impianti idraulici, si ammassano provviste di foraggio per l’inverno. Tuttavia il sistema tradizionale della pastura all’aperto durante la stagione fredda non è stato abbandonato e i pascoli invernali sono sfruttati razionalmente. La base foraggera è stata arricchita mediante la semina di piante erbacee perenni e l’insilamento dei foraggi, e la transumanza verso i pascoli primaverili ed estivi è sorvegliata da zootecnici. È stata introdotta l’ispezione veterinaria e si sono costruiti ripari coperti per il bestiame con locali particolari adibiti ai parti; le razze vengono migliorate e se ne aumenta il rendimento.
Anche l’agricoltura è stata riorganizzata a fondo e si è enormemente sviluppata; le grandi opere di irrigazione hanno permesso lo sfruttamento di terre un tempo abbandonate e si sono formate zone a indirizzo colturale cerealicolo, ma anche nelle regioni ad economia d’allevamento i kolchoz hanno a disposizione una superficie seminativa sufficiente; negli ultimi anni si è estesa su scala particolarmente ampia la conquista di nuove terre all’agricoltura.
Accanto ai cereali si introduce la coltura della barbabietola da zucchero, della canapa, delle piante gommifere ecc.; la parte fondamentale del lavoro è meccanizzata e si impiega personale altamente qualificato, comprendente elementi di nazionalità locale. Nel complesso l’agricoltura del Kazachstan si trova ad un livello tecnico quanto mai avanzato.
La grande industria era un tempo del tutto assente, benché il paese fosse molto ricco di risorse naturali, soprattutto minerali, e comincia a svilupparsi solo durante il periodo sovietico; ora il Kazachstan è un’importante regione industriale (carbone, petrolio, metalli non ferrosi, prodotti chimici, alimentari ecc.) e la popolazione locale comprende una classe operaia di notevole consistenza.
Vita nomade e sedentaria
Le caratteristiche forme produttive tradizionali dei Kazachi hanno lasciato nel loro modo di vita un’impronta che rimaneva evidente fino a tempi recentissimi. Prima dell’annessione alla Russia i gruppi della Piccola e della Media Orda migravano ogni anno verso sud ne l’entità dello spostamento giungeva fino a 700-800 chilometri; i territori e i pascoli estivi si trovavano soprattutto nelle zone settentrionali, ricche di steppe erbose. Nel Kazachstan orientale, occupato dalla rande Orda, fungevano da pascoli estivi i contrafforti e i monti dell’Altai. D’inverno i Kazachi si stanziavano di solito nelle valli dei fiumi coperte di giuncaie.
Le proprietà personali erano trasportate a dorso di cammello, talvolta di cavallo o di toro, mentre i veicoli a ruote comparivano solo in tempi recenti e in qualche località, sotto influenza usbecca e russa; i poveri usavano a volte per le loro masserizie traini particolari assicurati con due lunghe pertiche alla sella. Lungo le piste nomadi si scavavano pozzi per il bestiame, ma questi erano poco numerosi e il più delle volte appartenevano agli allevatori più ricchi.
Dal tipo di vita condotto dipendevano anche le forme di abitazione: la iurta e la casa di argilla; la iurta kazaca a graticcio e rivestita di feltro differisce poco da quella turkmena.
Nel Kazachstan, come in tutta l’Asia centrale, l’erezione della intelaiatura della iurta e la sua copertura erano considerate compito delle donne.
Nel corso dei secoli XVIII e XIX si diffondono sempre più le abitazioni fisse invernali, rappresentate di solito da costruzioni di mattoni cotti al sole o di zolle, e in alcune località di rami intrecciati e intonacati d’argilla; contiguo ad esse era un recinto coperto per il bestiame. Nella zona boschiva v’erano anche case di tronchi.
Con la collettivizzazione mutano radicalmente le condizioni di vita e di alloggio dei Kazachi e insieme ai kolchoz cominciano a sorgere villaggi stabili di case moderne. Si tende a passare alla vita sedentaria e gli spostamenti si conservano solo come componente del processo produttivo: gli armenti sono condotti ai pascoli estivi ed invernali da squadre di pastori, ma il resto della popolazione non lascia più la sua residenza. Il nomadismo tradizionale è sostituito da questo nuovo sistema, che implica un tipo di economia e condizioni di vita del tutto nuovi. Nelle case costruite di recente si conservano però caratteristiche dell’arredamento tradizionale della iurta: le casse lungo le pareti, su cui sono ammucchiate coperte e cuscini, il tavolino basso e tondo per i pasti ecc.
Costume
Il costume dei Kazachi ha molti tratti in comune con quello degli altri popoli centro-asiatici, ma ha anch’esso naturalmente le sue caratteristiche, quali ad esempio il kimešek, copricapo femminile formato da un fazzoletto bianco di tela con due lembi cuciti che lasciano un’apertura per il viso.
Caratteristiche storico-sociali
Anche gli antenati dei Kazachi presero parte alle grandi conquiste dell’epoca di Genghiz Khan, costituendo una porzione considerevole della popolazione del khanato feudale dell’Orda d’Oro, e dopo la sua disgregazione formarono khanati propri o rientrarono in quelli usbecchi.
Tuttavia nelle condizioni di vita nomade fondata sull’allevamento si mantenevano di solito le sopravvivenze delle strutture tribali e gentilizie, pur in presenza di più evoluti rapporti di classe; così anche tra i Kazachi i residui delle forme preclassiste si intrecciavano con fenomeni di differenziazione e di sfruttamento di classe.
Relativamente complesso e semplificato era il sistema gentilizio dei Kazachi, che rimaneva in vita fino alla Rivoluzione e le cui regole esogamiche erano osservate piuttosto rigidamente.
Ogni tribù aveva il suo marchio per il bestiame, da cui derivavano spesso, per modificazione, quelli dei singoli gruppi gentilizi. Un altro contrassegno esteriore del clan era un tempo anche il grido di battaglia on uran, diverso per ognuno di essi; grazie agli uran si è potuto addirittura, in alcuni casi, mettere in luce l’origine di raggruppamenti gentilizi.
Aveva caratteri patriarcali l’usanza dell’affratellamento, accanto alla quale si conservavano varie altre consuetudini legate anch’esse al clan patriarcale, come il furto legalizzato del bestiame, che veniva considerato un procedimento normale per la soluzione di contese tra gruppi gentilizi o tribali, ma di fatto serviva spesso ai più ricchi per impadronirsi degli armenti altrui.
Sopravvivenza dei rapporti sociali gentilizi era poi il giudizio arbitrale; il diritto era amministrato dai capi del clan che si fondavano sulla consuetudine popolare o adat, mentre non si applicava quasi mai lo šariat musulmano.
D’altro lato tra i Kazachi si erano affermate da tempo forme accentuate di differenziazione di classe di tipo feudale; a differenza di molti altri popoli nomadi, essi si dividevano in due ceti nettamente distinti, l’”osso bianco” e l’”osso nero”. A quest’ultimo apparteneva la massa della popolazione, al primo l’aristocrazia, i khan e i sultani, che facevano risalire la propria origine a Genghiz Khan e ai suoi figli.
Questi gruppi dominanti godevano di una serie di diritti e privilegi feudali, riconosciuti dall’autorità zarista; esigevano tributi in natura, imponevano alla popolazione determinate prestazioni a proprio favore, avevano il controllo sulla terra e sui pascoli.
I khan e i sultani sfruttavano, ancora nel secolo XVIII, il lavoro di schiavi, catturati in guerra o acquistati sui mercati, ma si trattava di una schiavitù di tipo patriarcale. Essi avevano al loro servizio anche i cosiddetti tjulengut, guardie del corpo e servi armati. Nello stesso secolo si rafforza notevolmente il prestigio della nobiltà guerriera, dei condottieri, che si trasformano in casta ereditaria.
Nel secolo XIX, con la penetrazione del capitalismo, si accentuano le contraddizioni di classe, e accanto all’antica aristocrazia si fa strada un gruppo di ricchi proprietari di bestiame; gli allevatori caduti in miseria passano invece all’agricoltura o alla pesca.
I modi di sfruttamento della massa da parte dei ceti dominanti erano assai vari, ma il più caratteristico era un tipo di affitto contro prestazione di lavoro, che si incontra presso molti popoli nomadi e consiste nel dare in uso il bestiame, esigendo al tempo stesso che si provveda ad esso. Questa, come le altre forme di sfruttamento, si celava sotto l’apparenza dell’aiuto reciproco gentilizio.
Nel complesso la struttura sociale dei Kazachi conservava fino all’inizio del secolo XX un aspetto più arcaico e patriarcale di quello dei Tagicchi e degli Usbecchi; dopo la Rivoluzione d’ottobre, nel periodo della guerra civile, le sopravvivenze dei rapporti sociali patriarcali, clanici e feudali, influirono in senso molto negativo e furono sfruttati a danno del popolo dalla borghesia nazionalista, con la creazione del governo controrivoluzionario dell’Alaš-Orda (dicembre 1917 – luglio 1919).
Oggi i ceti sfruttatori sono scomparsi e le antiche tradizioni gentilizie sono in via di superamento; il popolo kazaco comprende contadini kolchosiani, una recente classe operaia e il ceto tecnico-intellettuale.
Credenze religiose
Tra i Kazachi predominava la religione islamica nella forma sunnita, che però anche qui, come tra i Turkmeni, non era riuscita a penetrare a fondo, a differenza di quanto era avvenuto tra la popolazione centro-asiatica sedentaria. Vari tipi di santoni erano più influenti dei molla e molto popolare, come in tutta l’Asia centrale, era il culto delle tombe dei santi o mazar.
Arte popolare e sviluppo culturale
I Kazachi hanno forme svariate di arte popolare; nella loro ricca produzione folclorica riveste interesse particolare la poesia epica, che canta gli eroi paladini o batyr. Non si tratta qui però di semplici e spontanee canzoni popolari ma di componimenti in cui è visibile l’elaborazione letteraria, dovuta ai cantori professionali; questi eseguivano gli antichi canti e leggende accompagnandosi con la dombra e godevano di grande rispetto e autorità. Vi erano anche i veri e propri poeti popolari, che improvvisavano versi.
Tra i Kazachi la letteratura scritta cominciò a formarsi già nel secolo XIX ed ebbe il suo maggior rappresentante in Abaj Kunanbaev, poeta e patriota, allievo dei democratici rivoluzionari russi e fervente sostenitore della cultura russa.
Nell’arte figurativa è di particolare interesse lo stile ornamentale che ricorda quello degli altri popoli nomadi e si fonda sul motivo delle corna di montone. Questo tipo di ornato a voluta è usato letteralmente in tutti i prodotti dell’arte popolare, dal feltro all’intaglio su legno e alla pelle stampata.
Durante il periodo sovietico, col superamento delle tradizioni di arretratezza, si assiste ad un intenso sviluppo culturale; nella repubblica si contano più di 6500 biblioteche e ben 35 teatri, l’istruzione è generale e sono numerose le istituzioni di livello universitario. L’Accademia delle scienze del Kazachstan, fondata nel 1945, coordina le attività degli istituti di ricerca scientifica.
* Sergej A. Tokarev, URSS: popoli e costumi, Laterza, Bari 1969, pp. 356-365. Si ringrazia l’Editore per averci gentilmente concesso di pubblicare questo paragrafo.
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