Stasera sto particolarmente giù.
E un sacco di pensieri mi sono balenati in testa. Di solito ci si chiede ‘Cos’è che ti fa star male?’.
La maieutica va molto di moda, soprattutto fra gli Ψ.
A volte la trovo quasi estenuante, perché non riesco ad andare al nocciolo delle questioni, a capire i motivi delle cose.
Sto anche cinque minuti in silenzio sbertucciando qualunque cosa mi capiti sotto mano.
Ma se io mi devo prendere il Tavor ogni sera perché mi prendono le crisi, che cazzo devo fare?
Non si può dire che non mi stia prendendo cura di me: passeggio e corro, spargo creme e cosmetici, non mi ingozzo più di schifezze, cerco idee creative, se voglio andare da qualche parte ci vado…
Ma la paura di tutto mi rimane.
Mi mancano alcune persone (tre), che ho allontanato deliberatamente perché ero invidiosa della loro felicità raggiunta (si cammina per te sul fil di lama).
E loro lo sanno. Cioè, due di loro se lo immaginano senz’altro (mi conoscono, anche se più virtualmente che ‘realmente’). Però io posso solo sperare che non ce l’abbiano con me.
E non oso riavvicinarmi, bussare alla porta.
Lascio tutto come sta.
Compaio solo quando le cose mi vanno bene.
Quando vanno di merda, mi eclisso.
Una di queste tre persone, l’unica che potrei vedere quasi tutti i giorni, e che per alcuni anni ho visto quasi tutti i giorni,
a cui ho fatto compagnia e che mi ha fatto compagnia, con la sua docile pazienza, adesso non la vedo da mesi.
Ho abbandonato anche lei perché avevo paura di troppe cose, e ce l’ho tuttora, e ho lasciato che mi invadessero e mi bloccassero nelle mie sabbie mobili. Sono talmente egoista che le mie paure sono più importanti di chi mi sta intorno.
Forse ho paura del confronto, della gioia altrui, della condivisione.
Un’affettività da treenne in un cervello di venticinque anni.
Non so se qualche mio ex collega legge questo blog.
Nel caso lo leggesse, sicuramente una di queste tre persone l’avrà identificata (e anche incontrata di persona ultimamente, magari).
Tante volte si lascia tutto com’è, per paura di disturbare, di subire rimproveri, di non poter più essere accolti come prima.
L’unica volta che l’ho vista, ormai l’anno scorso, l’avrei quasi abbracciata, ma lei mi è parsa distante, fredda.
Magari era timidezza. Forse i miei sbalzi di umore fanno paura.
Solo che nemmeno io ho il coraggio di farmi viva. In nessun modo.
Però vorrei che sapesse che, anche se non sembra, mi manca.
(ragiono in modo totalmente illogico e contorto, lo so)