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Il potere che la mente esercita sul mondo

Da Mariagraziapsi

ImmaginePregiudizio

“Lo sapevo che sarebbe finita così!” “ Quel tipo non mi è mai piaciuto!” “ A pelle mi è sempre stato antipatico!” Quante volte abbiamo detto o pensato frasi simili? E’ capitato spesso che quello che credevamo rispetto a qualcuno o qualcosa si sia poi verificato, proprio come avevamo previsto? Ci siamo però mai chiesti quanto il nostro giudizio influisca sugli eventi esterni? Nel presente articolo verrà spiegato in che modo i nostri pensieri condizionano eventi e comportamenti esterni, ma per spiegarvelo è necessario introdurre due concetti fondamentali nell’ambito della psicologia sociale: pregiudizio e profezia che si autoadempie.

Il termine pregiudizio (dal latino prae, “prima” e iudicium, “giudizio”) può assumere diversi significati, tutti in qualche modo collegati alla nozione di “giudizio prematuro”, ossia parziale e basato su argomenti insufficienti o su una loro non completa o indiretta conoscenza. Nel linguaggio della psicologia sociale, quando si parla di pregiudizi ci si riferisce a un tipo particolare di atteggiamenti. Essi nascono dal comune modo di approcciarsi verso la realtà e fanno parte quindi del senso comune, che è quella forma di pensiero e di ragionamento che appartiene a una cultura e ne plasma la produzione culturale in modo inconsapevole. Si può dire anche che i pregiudizi sono culturali nel senso che variano da cultura a cultura. Ad esempio gli europei hanno determinati pregiudizi nei confronti delle qualità fisiche e psicologiche delle etnie di pelle nera. Molte tribù africane, all’opposto, pensano che gli europei siano portatori di stregoneria nella loro terra. Inoltre i pregiudizi hanno una base psicologica, perché si possono fondare sulle paure o le fobie del singolo individuo. Ad esempio, un pregiudizio può portare al razzismo, perché si ha paura dell’altro, dell’altra cultura, specie quando la si conosce poco. Dunque l’ignoranza in un determinato campo porta al pregiudizio.

Un pregiudizio è generalmente basato su una predilezione immotivata per un particolare punto di vista o una particolare ideologia. Un tale pregiudizio può ad esempio condurre ad accettare o rifiutare la validità di una dichiarazione non in base alla forza degli argomenti a supporto della dichiarazione stessa, ma in base alla corrispondenza alle proprie idee preconcette, senza quindi alcuna riflessione.

Ora veniamo al secondo concetto: la profezia che si autoadempie, concetto introdotto da Robert Merton nel 1971. Essa è una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa. Predizione ed evento sono in un rapporto circolare, secondo il quale la predizione genera l’evento e l’evento verifica la predizione. In psicologia, una profezia che si autoadempie si ha quando un individuo, convinto o timoroso del verificarsi di eventi futuri, altera, consapevolmente o meno, il suo comportamento in un modo tale da finire per causare tali eventi.

In che modo questi due concetti sono collegati tra loro e vanno ad influire sull’esterno? Si può spiegare facendo alcuni esempi. Il nostro timore nei confronti di rom, sinti ed altre etnie ci porta ad approcciarci con ostilità e diffidenza nei confronti di questi ultimi, che pertanto saranno portati, a lungo andare, a reagire con la stessa ostilità ed a non voler integrarsi. Oppure, un’insegnante che considera a priori, senza conoscerlo adeguatamente, un ragazzo poco dotato, finirà, attraverso il suo comportamento, per minare la sua autostima e quindi il suo profitto scolastico.

C’è però anche una buona notizia: tutto questo, oltre a funzionare perfettamente in modo negativo, funziona anche nell’altro verso, cioè in positivo: se proviamo a giudicare positivamente persone che non conosciamo, riceveremo da parte loro probabilmente lo stesso trattamento; se lodiamo un bambino o un adolescente, rafforzeremo la sua autostima e ne trarrà giovamento anche a livello scolastico.

Insomma, le definizioni che diamo in una situazione, e i comportamenti conseguenti che attiviamo, fanno parte della situazione medesima e possono determinarne lo sviluppo: quelli che a noi sembrano solo “effetti” sono, in realtà, “cause”, che ci vedono responsabili nel momento in cui continuiamo a evocarle.

Francesca Moccia

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Bibliografia

Robert King Merton, La profezia che si autoavvera in Teoria e Struttura Sociale, II, Bologna, Il Mulino, 1971.

Paul Watzlawick, J.H. Beavin e D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astrolabio Ubaldini, 1971.

Giovanni Romolo Capuano, Oracoli quotidiani. Cos’è e come funziona la profezia che si autoavvera, Napoli, ESI, 2003.

Henry A. Landsberger, Hawthorne Revisited, Ithaca, 1958.

Elton Mayo, Hawthorne and the Western Electric Company, The Social Problems of an Industrial Civilisation

E. Cellini, L’osservazione nelle scienze umane, F.Angeli Ed.

Robert Rosenthal, Experimenter effects in behavioral research, New York, Appleton, 1966.

Rosenthal R & Rabin D B., Interpersonal expectancy effects: the first 345 studies, Behavioral and Brain Sciences, 1978, 1, 377-86.

Robert Rosenthal & Lenore Jacobson, Pygmalion in the classroom, Expanded edition, New York, Irvington, 1992.



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