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Il potere dell’immaginazione: “eXistenZ” di David Cronenberg

Creato il 02 luglio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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L’immaginazione e il viaggio in spazi mentali

Mappe geografiche, simboli rupestri, immagini pittoriche aborigene in un susseguirsi di dissolvenze incrociate con la predominanza del colore ocra della sabbia del deserto. Già i titoli di testa del film di David Cronenberg introducono lo spettatore in una dei temi principali di eXistenZ: il viaggio, lo spostamento. Non un movimento fisico, ma mentale e culturale. Gli Aborigeni australiani possiedono una cultura orale e la loro realtà esiste in quanto cantata. Tutto ciò che esiste è trasformato in canzone e le Vie dei Canti(1) non sono altro che il percorso geografico-culturale della realtà e della storia Aborigena. Esiste solo ciò che è cantato, ciò che è ricordato ha una ragione nell’Universo: un sasso, un animale, una duna di sabbia, un fiume. Anche in eXistenZ la realtà è all’interno del gioco, null’altro di una fantasia per immagini dei protagonisti. E se la fantasia è realtà, la realtà esiste solo perché è filmata da Cronenberg, fuori dallo schermo il vuoto.

Fin dalla prima inquadratura ci troviamo in un luogo fisico circoscritto, una chiesa sconsacrata, dove avviene un rituale preciso: la comunione delle esperienze mentali attraverso un gioco virtuale che si alimenta delle fantasie dei partecipanti.

Allegra Geller, la game designer di eXistenZ, svolge il ruolo di sacerdotessa di un rituale antico quanto l’uomo: la materializzazione dei sogni e delle metamorfosi delle fantasie dell’essere umano. Il controllo del mondo onirico porta al controllo della realtà fisica, arrivando a non discernere i due mondi in modo cosciente. Cronenberg non effettua nessuno scarto narrativo né filmico, non usa dissolvenze né altri artifici linguistici per tranquillizzare lo spettatore e far individuare in modo inequivocabile i due mondi, quello reale dello spettatore e quello virtuale di eXistenZ. Anzi, gli stacchi delle scene sono netti e puliti a un grado zero del montaggio, in un raccordo delle immagini una all’altra in una consequenzialità circolare.

Dopo l’attentato ad Allegra Geller nella chiesa e la relativa fuga, la rappresentazione dei luoghi successivi – l’auto, la stazione di benzina, lo chalet, il negozio, la trout farm e il ristorante cinese – sono varianti iconico-spaziali del luogo iniziale. Alla fine, lo spettatore vede che non ci si è mossi dalla chiesa e assistiamo al ribaltamento segnico dei ruoli e dei personaggi. Nella sequenza finale, che si collega alla prima in un chiusura dello sguardo circolare, aumenta lo straniamento dello spettatore e la perdita delle coordinate psico-spaziali. Cosa resta? La stabilità della messa in scena e la potenza immaginifica, uno spostarsi senza muoversi che Cronenberg aveva già filmato ne La Mosca.

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Il corpo come territorio di lotta per il controllo del  sogno

Individuata la frattura visiva spazio-temporale, si affaccia un altro elemento esplosivo nella sguardo dello spettatore: la fobia del corpo e il potere della sessualità. Il corpo diventa “un luogo di intermediazione fra interno ed esterno: sia come connettore fra gli stimoli ricevuti dall’interno con quelli ricevuti dall’esterno, sia come superficie di iscrizione che conserva la traccia degli eventi esterni e interni”(2).

eXistenZ continua nell’esplorazione dei temi che il regista di Toronto ha affrontato in tutta la sua filmografia. Dai primi mediometraggi (Stereo e Crimes of the future), passando a Il demone sotto la pelle e Rabid, via negli anni con Videodrome, Inseparabili, M. Butterfly, fino ad arrivare al sovversivo Crash, Cronenberg mette in scena lo strapotere della libido come forza creatrice/distruttrice (alle pratiche sessuali in qualche modo è legata la metamorfosi del corpo) e dove lo spettatore assiste sempre prima all’ascesa e poi alla caduta dei personaggi, in una costante rappresentazione della trasformazione etico-morale e fisico-spaziale dei protagonisti del processo mutante in un continua pulsione segnico-scopica.

Cronenberg è da sempre affascinato dalla sessualità e dalla sua espressività. In eXistenZ, per collegarsi al gioco bisogna inserire uno spinotto del biopod (una sorta di consolle biomeccanica) in una bioporta installata alla base della spina dorsale, così somigliante all’orifizio anale. Del resto, in modo esplicito, Gas, uno dei personaggi del film, dice a Pikul (compagno di avventure di Allegra Geller) che gli “farà un altro buco di culo” prima di installargli la bioporta. E anche visivamente assistiamo a scene di forte tensione erotica che arrivano all’apice quando Ted Pikul e Allegra Geller s’introdurranno dei piccoli bipod all’interno delle rispettive bioporte, preliminare al loro rapporto sessuale. Questi orifizi sono i fratelli minori di quelli dei giganteschi scarafaggi/macchine da scrivere di Il pasto nudo. Ma se lì la carne si era fatta parola, in eXistenZ, riprendendo temi sulla rappresentazione della creatività artistica, la fantasia si è fatta carne e le bioporte non sono che il loro ingresso.

Assistiamo ad attività orali e tattili con/dentro le bioporte, a continue penetrazioni di esse, stilizzazione visiva di rapporti anali omo(etero)sessuali. Ed è strano come tutto l’atteggiamento di Pikul, che non ha la bioporta fin dall’inizio del film, sia recalcitrante a farsela installare e ha fobie nei confronti della penetrazione.

Il continuo scambio di ruoli, porta a identificare come “maschile” il personaggio di Allegra, mentre Pikul ha atteggiamenti “femminili”: la paura della perdita della verginità, l’orrore della sessualità come portatrice di malattie, il terrore del dolore per la profanazione del corpo. Il desiderio di penetrazione di Allegra è invece continuo e il suo atteggiamento nei confronti di Pikul è quello di un dongiovanni che concupisce l’inesperta giovinetta.

Ci sono due sequenze indicative e rivelatrici. La prima è quando assistiamo al primo viaggio di entrambi con l’arrivo nel negozio di giochi. Ted Pikul rimane estasiato, non immaginava “che fosse così reale e così bello”. La seconda, nel retrobottega dello stesso negozio, quando si lanciano nell’amplessoconvulso, Pikul dirà che non è lui a fare quello che sta facendo e Allegra gli risponderà che è il suo personaggio e deve “lasciarsi andare”.

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Queste stesse battute sono ripetute anche durante la “degustazione” del piatto speciale ne ristorante cinese, dove Pikul, mangiando animali mutanti, costruirà una pistola di ossa con cui uccidere il cameriere. Il confronto stabilisce un collegamento tra sesso e cibo, tra bocca e ano, come stesso aspetto di un’unica espressione libidica di forza creatrice. Lo stesso aspetto era stato sviscerato da Cronenberg in modo esplicito ne La Mosca, dove l’atto di cibarsi di Seth Brundle prima e di Brundlemosca poi era il modo di mostrare lo stretto legame tra sesso e nutrizione come espressione della metamorfosi fisica e psicologica.

Anche in eXistenZ il perseguimento della soddisfazione della propria libido porta alla distruzione del corpo inteso secondo “i limitati canoni della carne” (Seth Brundle). Ma se la morte di Seth Brundle è “un tuffo nella polla del plasma”, e si assiste al tuffo, nell’attimo prima di vederlo, nel mare plasmatico della dissoluzione corporea e morale, in eXistenZ vediamo la profondità della “polla del plasma” o meglio come Seth si sia trasformato in Ted Pikul e dove Pikul, dopo la sua morte nel prefinale, ricadrà in una resurrezione teoricamente senza limiti in una pulsione scopica della geografia dell’immaginario nei confini dell’inquadratura della macchina da presa, in una continua lotta con la realtà.

Antonio Pettierre

Note.

(1)  Bruce Chatwin, Le Vie dei Canti, Adelphi Edizioni,1988.

(2)  Francesca De Ruggieri, Matrix and the City, Edizioni ETS, 2006, pag. 10.


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