di Giovanni Palladino
Angelino Alfano: “Il voto a Forza Italia è inutile”.
Giovanni Toti: “Ncd? Tutti politici di professione e stampella della sinistra. Dunque né nuovo né destra. Solo un centrino.”
Sono le più recenti “cattiverie” dette da alleati di ieri, ma oggi divisi. Queste “battute” elettorali mi hanno richiamato alla memoria un opuscolo scritto da mio padre* negli anni 80 dal titolo “LA STRATEGIA SPIRITUALE DI DON LUIGI STURZO”, che iniziava così:
“Don Luigi Sturzo considerava la politica una attività laica. Eppure vi dedicò l’intera sua esistenza di sacerdote, ma senza minimamente offuscare la sua vocazione, che fu totale e assoluta, senza nulla cedere. Alla politica egli non giunse per sua scelta e vi si trovò a operare certamente per un disegno provvidenziale. Avvertito dal suo grande realismo, quando fondò il Partito Popolare Italiano lo volle aconfessionale e senza attributo di etichetta religiosa. Il suo partito doveva essere di massa e non era facile avere tutti i dirigenti spiritualmente maturi per intendere e praticare la politica come servizio e non come potere. Pertanto, quasi per rigore pedagogico, egli pose l’enfasi su due aggettivi: POPOLARE e ITALIANO.
Ma ciò facendo, Don Sturzo segretamente mirava a dare gloria a Gesù Cristo e alla Chiesa con i frutti spirituali dell’azione politica del suo partito, assumendo su di sé e sul PPI il rischio di coloro che avrebbero fatto politica per sete di potere e non per servizio. Tuttavia per contenere e possibilmente eliminare tale rischio, egli aveva in mente una chiara strategia, che impose innanzitutto a se stesso per farla poi praticare agli altri, a cominciare dai dirigenti del suo partito.
Si trattava di una strategia spirituale, che per Don Sturzo era prioritaria sia rispetto alla ideologia (patrimonio proprio e distintivo di ogni partito) sia rispetto alle stesse tecniche dell’operare politico. Egli la considerava come una specie di “architettura” di condizionamenti delle attività e delle relazioni sociali per finalizzarle appunto a un più facile perfezionamento spirituale delle persone impegnate in politica.”
E più avanti mio padre precisava:
“Senza mai dimenticare la ‘scarsità’ come oggetto di studio dell’Economia, Don
Sturzo poneva una quasi puntigliosa cura alle relazioni sociali, cioè a quel particolare sistema di rapporti tra gli uomini in presenza di risorse scarse. Egli lo fece ponendo lo Stato come arbitro e regolatore di diritto dei rapporti economici al fine di non inquinare moralmente la vita politica e le relazioni sociali con le funzioni improprie dello Stato ‘giocatore’. Ciò anche con l’altro preciso proposito di preservare la politica come ‘attività di servizio’ per non farla degenerare come ‘attività di potere’ di parte o, peggio, per sete di ricchezza personale.
E Don Sturzo sapeva bene che il servizio unisce e instaura il contesto di solidarietà, mentre il potere divide e degenera sempre in contesti conflittuali.
Da qui le fondamentali ragioni del suo antistatalismo e il suo impegno per le autonomie locali NON CLIENTELARI, bensì volte a cercare nei comuni, nelle province e nelle regioni i diversi campi migliori di attività produttive, come altrettante palestre in cui esercitare e moltiplicare – con il sussidio di buone scuole ai diversi livelli di istruzione – validi imprenditori, dirigenti e lavoratori.”
Come è noto, il sacerdote di Caltagirone dovette prima combattere (sconfitto ed esiliato fisicamente) la dittatura di Mussolini e poi (altra sconfitta ed esilio solo intellettuale) il progetto della DC di aprire a sinistra. In entrambi i casi con lo Stato sia arbitro che giocatore.
Il centro-destra di Berlusconi non è poi riuscito a ristabilire l’ordine suggerito dal pensiero sturziano, con la sinistra, il centro e la destra dominati per lo più dalla sete di potere e di ricchezza personale anziché dal desiderio di servire il bene comune.
Ora il Card. Bagnasco teme “quei poteri occulti che puntano a una società più debole”, il Card. Parolin ammonisce “a non abbassare mai la guardia contro la corruzione” e Papa Francesco propone di “promuovere una mobilitazione etica mondiale”. Ma se gran parte dei soldati e dei generali sono affetti dal virus delle tre “malebestie” denunciate da Don Sturzo nei lontani anni 50, prevarrà sempre il potere che divide sul servizio che unisce.
Il LESSICO STURZIANO, che verrà presentato oggi a Palermo in prima nazionale, rappresenta una miniera d’oro di buon senso politico, economico e anche spirituale, come mio padre giustamente sottolineava nel giudicare la strategia operativa di Don Sturzo. Se non si parte dalla cultura dello spirito, la materia resterà sempre vuota di vero contenuto e piena di amarezze. Il “disegno provvidenziale” dell’impegno politico del sacerdote di Caltagirone non deve restare come un sogno o un’utopia irrealizzabile. È nell’interesse di tutti che il suo insegnamento faccia scuola.
* Nel 1956 Don Sturzo nominò il Prof. Giuseppe Palladino alla direzione scientifica dell’Istituto Luigi Sturzo e nel 1959 lo scelse come suo esecutore testamentario.