È durato circa un'ora e dieci nell'Aula del Senato il discorso programmatico del presidente del Consiglio Matteo Renzi che gli ha fatto incassare la fiducia di 169 senatori. Belle le parole. Buonissime le intenzioni. Pessima e prossima allo zero la credibilità che entrambe riscuotono nella stima, nella fiducia, nella considerazione e soprattutto nella speranza che, seppure ultima a morire, è già defunta nel cuore della stragrande maggioranza degli italiani, sepolta sotto le macerie degli scandali e delle ruberie della malapolitica. Italiani sempre più lontani dagli affari di Palazzo e dai politici, considerati la pesta bubbonica del nuovo millennio, e impegnati nel quotidiano per come riuscire a sbarcare il lunario. Comunque, che il premier sia un grande comunicatore ed un ottimo affabulatore lo si sapeva. Del resto l’Italia è da sempre stata, terra di santi, poeti e… navigatori di Tv e giornali, ma oggi - ad onor del vero e disonore della nazione - più patria di grandi evasori, che di grandi statisti. D’altro canto i cittadini italiani, spettatori passivi dell’ennesimo valzer di poltrone piovuto dal Colle come per il governo Monti prima e quello Letta poi, altro non possono fare che stare a guardare: continuare a lavorare, per chi un posto di lavoro ce l’ha, continuare a cercare un posto di lavoro per chi lo ha perso o non lo ha mai trovato, oltre che continuare a pagare tasse e balzelli che sembrano non bastare mai a sanare un debito pubblico senza fine, alla faccia di qualsiasi tunnel in fondo al quale non si sa ancora bene quale luce li aspetta! Insomma, gli italiani sono prudenti nei confronti del giovanotto di Firenze e non vogliono crearsi delle false illusioni per poi prendere l’ennesima fregatura. Renzi può piacere o non piacere, ma i cittadini non nutrono più alcuna speranza di “cambiamento” neppure nei confronti del nuovo esecutivo e del suo giovane premier-spinter. E’ opinione diffusa e difficile da controbattere, che oggi come oggi chiunque sieda su quelle poltrone lo faccia esclusivamente per il proprio tornaconto personale, non certo per il raggiungimento del bene comune. Sta a Matteo Renzi convincerli del contrario. Se il premier senza macchia - ma col peccato originale di essere stato nominato tale senza il consenso popolare, ma con elezione casalinghe tenute nei gazebo dei dem - riuscirà ad attuare le riforme promesse e con cui oggi riempie a chiacchiere lenzuolate di giornali ed inonda l’etere a flotte di presenze sue e dei suoi accoliti, allora avrà tutta la considerazione dovuta. Se Renzi riuscirà a durare sino alla scadenza che si è data, amici e nemici permettendo, combinando qualcosa di buono per questo Paese, allora sarà il Premier col consenso popolare del poi, allorquando alle prossime elezioni - se, come e quando ‘lorsignori’ lo consentiranno - il popolo sarà chiamato ad esercitare la propria sovranità!
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