Al leone non far sapere, quant’è buono il domatore con le pere!
Inconfondibile blu, fulmine rosso sul fianco, squame di bianco italico. Sul dorso una tripla pinna. Il design nuovo, aerodinamico con la sua caudale candida che definisce e completa il corpo lucente.
Bello, ma non proprio rassicurante.
La macchina dei Carabinieri si butta a destra e frena alla transenna. L’ometto unto che la piantona da quando siamo arrivati non muove un muscolo. Anzi, rimane lì con i gomiti ben piantati a gustarsi la scena fra i denti marci.
Infilata dentro due pesanti cartoni con bretelle, sposto a fatica il pacco di volantini da una mano all’altra e mi indico. I carabinieri annuiscono rassegnati: sì son venuti proprio per me, e per Andrea.
Scendono, chiedono i documenti, sono misurati, sembrano volerci rassicurare, ma nel frattempo seguono ogni dettaglio di ogni nostro minimo movimento. Esco dai cartelloni e uno di loro legge a bassa voce. Gli giro anche l’altro. Mi guarda, gli scappa un “già”.
Vogliono i documenti, l’autorizzazione, uno di loro si infila in macchina e lascia il collega a occuparsi di noi, mentre veniamo divorati tutti, guardie e ladri, dalle zanzare.
L’unico che rimane indenne è l’ometto unto, evidentemente dotato di diffusore antizanzare a dermotraspirazione naturale.
Oramai sono entrati tutti gli spettatori. Oggi, al circo, doppio turno. Spettacolo delle sei, sotto il tendone rovente, e alle nove. Straordinario per tutti. Tre giorni, quattro spettacoli. E fra due giorni si replica altrove.
I cartelloni ora son buttati lì sulla siepe ed aspettiamo che si completino le formalità.
Per il presidio al circo potevo scegliere di infarcirmi dentro due frasi come “Moira non esiste, è un brush di Photoshop”, “Perché al circo non ci lavori tu che hai già la faccia da scimmione?” ma il pomeriggio precedente mi son piazzata in soggiorno con i due pennarelloni e l’unico slogan che son riuscita a concepire è stato un biasimo preparato ad uso esclusivo dei SS.GG.: i signori genitori.
“Non insegnare a tuo figlio a ridere della pena e del disagio se vuoi educare al rispetto.
Non insegnare ad ignorare la sofferenza e gli abusi se vuoi educare all’amore.”
- Troppo lunghi – mi aveva detto Andrea.
- Sì, ma siamo solo in due e mi piacerebbe arrivare subito al punto.
E poi non c’era più tempo per scrivere qualcos’altro.
I carabinieri decidono di fermare l’altra volante che si sta precipitando al parcheggio dove è attendato il circo. Quattro Carabinieri per due manifestanti che messi insieme con tutti i cartelloni fan appena qualcosa di più di cento chili?
Andrea, installato in mezzo al marciapiede con la tigre d’ordinanza, distribuiva brochure e sorrisi agli adulti, io gironzolavo dentro le fette del mio ostico toast regalando disegni ai bimbi.
Tutti hanno letto, qualcuno compitando, non comprendendone il senso: erano quelli che poi mi guardavano in faccia e sorridevano senza tono.
Altri, sopracciglia corrugate, fremiti nei corpi e bocche disgustate, distoglievano poi l’attenzione dei loro pargoli, qualcuno anche minacciandoli a strattoni e sibilando “non prendere niente, vieni via, non prendere niente!”.
Saranno stati loro a chiamare i Carabinieri?
- Ragazzi, la prossima volta mandate anche a noi la comunicazione, così evitiamo di venir giù come fosse un’emergenza.
- Sì, d’accordo, scusate il disturbo.
M’è venuto il sospetto che mi piaccia un po’ essere fastidiosa. Intendiamoci, so già di dar noia: ho tanti e tali difetti da provare i limiti di tolleranza degli altri.
Però ho sempre creduto di impegnarmi ad essere il meno molesta possibile e di saper anche qualche rudimento dell’arte della finzione. E mi son sempre professata non violenta.
Invece ho scoperto d’aver provato sottile piacere nell’aver messo così tanta gente a fare i conti, anche solo per mezzo minuto, con qualcuno dei miei pensieri. Soprattutto perché questi pensieri sono di quelli che vivono in cattività dentro di me e per una volta hanno potuto provare il gusto di rifiutarmi di fare il solito esercizio per il domatore e il pubblico pagante.