Il prete perde il pelo ma non il vizio

Creato il 13 maggio 2011 da Dragor

   Sono passati 17 anni dal genocidio in Rwanda che la Chiesa cattolica ha contribuito a provocare  creando e attizzando l’odio etnico. Sono passati 17 anni da quando ha aiutato i  preti assassini a fuggire e a nascondersi, usando tutto il suo apparato e il suo potere per proteggerli. In questi anni la Chiesa cattolica è stata denunciata dai media mondo intero e dal Tribunale Internazionale e da numerose ONG per favoreggiamento, intralcio alla giustizia e per la sua solidarietà con gli assassini che si accompagna a un totale disprezzo per le vittime. Credete che si sia ravveduta? Nemmeno per sogno. Come da secoli continua ossessivamente a ripetere le stesse balle  e a officiare gli stessi riti con le stesse parole e gli stessi gesti, così continua ossessivamente la sua politica criminale di protezione degli assassini con le stesse parole e gli stessi gesti.  Sembra programmata come un robot.

   Due preti cattolici, Thomas Nashimana e Fortunatus Rudakermwa, sono stati denunciati 3 giorni fa nel distretto di Rusizi, Rwanda, per avere predicato l’odio etnico, la divisione e l’apartheid. Qualcuno potrebbe dire: lo hanno fatto di loro iniziativa.  Invece no, perché quando parlano del Rwanda gli organi ufficiali della Chiesa di Roma suonano la stessa musica e i loro articoli brillano per negazionismo, divisionismo e odio etnico. E’ chiaro che le direttive di Roma non sono cambiate e non c’è da stupirsi, perché la Chiesa non ha mai digerito la sconfitta e e tenta in ogni modo possibile per rovesciare il regime attuale. 

   E come un disco rotto, continua a proteggere gli assassini. A Roma protegge da anni uno dei più feroci: Jean-Baptiste Rutihunza, all’epoca del genocidio rappresentante legale del centro dei Fratelli della Carità per handicappati fisici. Il governo rwandese lo ritiene responsabile del massacro di questi ultimi e di migliaia di altre persone a Gatagara. Non per niente il buon Jean-Baptiste è noto come il Boia di Gatagara.  Se volete saperlo, questo mostro ricercato dalla polizia di tutto il mondo ha da 17 anni un posto ben rimunerato (naturalmente a carico dei contribuenti italiani, perché i preti sono dei parassiti che si fanno mantenere dai lavoratori) presso il quartier generale dei Fratelli della Carità, via Giambattista Pagano 35,00167 Roma (Italia), tel. 066604901 . Ho telefonato e si sono rifiutati di passarmelo, così ho informato la polizia e ho scritto al papa Joseph Ratzinger in arte Benedetto XVI per dirgli che lo considero resoponsabile della protezione agli assassini nel passato, nel presente e nel futuro. Ovviamente si infischierà di questa diffida, come s’infischia delle pressioni del TPI e del governo rwandese,  ma  non potrà dire che non sapeva niente. Attenzione: con quest post accuso ufficialmente l’attuale capo del Vaticano Joseph Ratzinger di nascondere gli assassini e intralciare la giustizia. E se il governo italiano non procede al più presto all’estradizione, sarà altrettanto criminale.

  E non basta.Altri preti cattolici si nascondono sotto l’ala protettrice della Chiesa e se la spassano invece di espiare i loro crimini. Fra questi c’e Wencelslas Munyeshyaka, che attualmente si nasconde in una parrocchia francese (difficile dire quale, perché lo spostano in continuazione come nel gioco delle 3 tavolette)  dove officia la messa e dà la comunione ai bambini. Wenceslas è stato giudicato in contumacia dal tribunale rwandese che lo ha riconosciuto colpevole del massacro di migliaia di persone nella chiesa della Santa Famiglia. Credete che per la Chiesa cattolica e per il governo francese questo conti qualcosa? Nemmeno per sogno, gli permettono di spassarsela come se niente fosse. Tanto di tratta di un massacro di negri. In compenso dopo 66 anni si continua ad arrestare i criminali nazisti come  John Demjanjuk, il boia di Sobilor, 91 anni, colpevole di avere spedito all’altro mondo durante l’ultima guerra. Quello era un genocidio con le carte in regola. I morti erano bianchi.

Dragor

(Nella foto il prete assassino Wenceslas Munyeshiaka)


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