Mi sia consentito uno sfogo. Perché io oggi sono proprio arrabbiata. Di una rabbia che non vuole passare. Qualche giorno fa ho letto la notizia di una coppia che ha ottenuto il risarcimento di 400.ooo euro dal ginecologo che ha fatto nascere il loro figlio affetto da spina bifida senza aver informato, o senza essersi accorto, della patologia del nascituro. In sostanza, il risarcimento è stato dato perché se fossero stati avvertiti avrebbero interrotto la gravidanza in tempo. Un risarcimento per aver avuto un figlio che non vogliono. Questo è il prezzo che un giudice ha quantificato per una vita che non si vuole accettare. O con parole più chiare: questo è il prezzo che “meritano” una mamma e un papà per sopportare un figlio non voluto in quanto non perfetto. Oggi sono dura, cattiva. Ma quando ci vuole ci vuole. Proprio ieri noi, insieme ad altre 16 famiglie, qui a Coblenza, abbiamo piantato un albero per ogni bambino che ci è volato in cielo ammalato di cancro, per ogni vita prematuramente interrotta, per ogni bambino voluto ma che il Padre ha trasformato in Angelo. Eravamo diciassette famiglie, diciassette coppie di genitori che i nostri figli abbiamo visti ammalarsi e piano piano spegnersi e poi morire. Diciassette famiglie che il loro figlio se lo sarebbero tenuto stretto, anche se gravemente ammalato.
Ripensavo, ieri, davanti a quel ciliegio selvatico che abbiamo scelto per la nostra Virginia, che io Virgi la vorrei qui. Sarei disposta a pagare qualsiasi prezzo per averla, molti più di quei 400.000 euro che, tra l’altro, non possiedo neppure. L’ abbiamo assistita durante una malattia che a poco a poco l’ha resa dapprima disabile e poi l’ ha uccisa. Mia figlia è nata sana, o apparentemente sana. Mia figlia era bellissima, simpatica e buona. Poi dopo un anno l’ ho vista perdere l’uso delle gambe e poi delle braccia. Di fronte ai nostri amici che ci chiedevano se avrebbe potuto in futuro recuperare l’uso degli arti, non sapevamo cosa rispondere. Era una preoccupazione presente anche nel mio cuore. All’inizio l’idea che potesse rimanere su una sedia a rotelle per la vita mi aveva spaventato. Molto. Poi ho accettato l’idea. Una figlia in carrozzella. Mi dispiaceva, ma mi sentivo di poterla amare ancora di più. Poi ha perso l’uso delle braccia e non riusciva più a mangiare da sola. La imboccavo e guardavo quel bel visetto prendere dalle mie mani il cibo, incurante delle proprie difficoltà, ma sorrideva, sorrideva sempre. Mi sorrideva fiduciosa, fiduciosa che la sua mamma era là, là per lei. La sua mamma c’era sempre. Questo basta ad un figlio: sapere che dai genitori arriva solo amore. Che i genitori sono capaci solo di gesti d’amore, sono incapaci di far del male. La guardavo immobile sul letto, incapace di giocare, incapace di tutto. E allora chiedevo al Signore: “Lasciamela, anche così. Anche se non è più come prima, come quando è venuta al mondo. Non importa. L’amerò anche di più così. Ma lasciamela.” E quando leggo queste notizie, atroci, di genitori che rifiutano la nascita di un figlio solo perché non sarà perfetto e competitivo, mi viene una tale rabbia che allora mi viene da mandare a fan culo tutto ciò che ci propinano come politicamente ed eticamente corretto. Che tutto è relativo, che tutto è accettabile, che ogni scelta va rispettata. Sono tutte stronzate. E chi ha il coraggio di diventare genitore deve avere il coraggio di guardare in faccia la vita. Io vorrei chiedere a queste persone che hanno il coraggio di abortire un feto malformato o di chiedere il risarcimento per un figlio non voluto, cosa farebbero se il figlio diventasse disabile dopo, dopo la nascita, quando magari è già grande. Lo butterebbero via? Lo ucciderebbero con le loro stesse mani? Come se ci fosse una differenza fra il figlio che dorme nella tua pancia e quello che dorme nella stanzatta che gli hai preparato accanto alla tua camera da letto. Sono tutte stronzate quelle che ci vengono dette e ripetute dai media. Le giustificazioni assurde che si leggono. I giri di parole per spiegare e giustificare ciò che nega l’essenza intrinseca della genitorialità. Io lo so e so esattamente quello che dico e ho il diritto di dirlo. Perché io so quanto vale ogni vita umana, io ho visto quello che una creatura, anche la più indifesa e malata e “non perfetta” può dare e ricevere. Ho visto i sorrisi che Virginia faceva anche in quello che sarebbe stato il suo ultimo giorno qui su questa terra. Ho visto come mi amava, nonostante tutto. I bimbi speciali danno molto più di quello che ricevono. I bimbi speciali rendono speciali tutte le persone che vivono attorno a loro e rendono questo mondo migliore, umano, nel senso nobile della parola, ricco d’amore. Questo è quello che ho visto, questo è quello che posso testimoniare, tutto il resto sono falsità che ci raccontiamo per farci sentir bene nell’egoismo in cui affoghiamo. Di fronte ad un figlio, non ci sono eccezioni, non ci sono deroghe o casi limite. I figli non si scelgono, non si progettano a tavolino chimicamente e soprattutto non si posso rifiutare. Le bestie forse lo possono fare, l’Uomo no. Ho un rispetto infinito degli animali ma loro lasciano morire il cucciolo debole e che non ce la fa, ma non chiedono un risarcimento. Il figlio non è una nostra creazione o proprietà. E’ un dono. Chiedetelo a quelli che sono sterili e questo dono non lo posso avere, chiedete a loro chi è un bambino. Loro spesso sanno apprezzare il valore di una vita molto più di certi genitori. E non mi si venga a dire che sto giudicando e che giudicare non è bene, che “il mio Gesù” ha detto di non giudicare. Chi dice questo è chi più ha da temere dal giudizio degli altri. E’ chi non vive bene con le proprie scelte. Io me ne sono sempre sbattuta delle opinioni degli altri, perchè non mi rimprovero fino ad oggi nessuna scelta, perchè non mi vergogno di quello che ho fatto. Sono stanca del perbenismo ipocrita di chi dice di non giudicare. Paghiamo fior fiori di soldi per mantenere giudici e tribunali che giudicano in continuazione quello che facciamo. Impariamo a dire che ci sono cose giuste e cose sbagliate. Impariamo che una vita non voluta non è quantificabile in euro bensì un dono prezioso.