Nell’era di internet il primo appuntamento è spesso il seguito di una primigenia conoscenza virtuale. È un po’ come un colloquio di lavoro: superata la prima preselezione fotografica, con scatti dell’estate a Scauri dell’’85, col ritocco fotografico in stile Vogue, o il filtrino instagram di turno con cui i bruchi diventano farfalle, ha inizio questo primo colloquio virtuale. Spesso via Skype, con tanto di webcam HD attiva, le luci giuste da far concorrenza a Barbara D’Urso a Pomeriggio Cinque e le inquadrature da notiziario televisivo per nascondere quella massa adiposa che non riusciamo a smaltire dal Natale del ’95 dalla nonna, e via. Una scheda del browser su Google e l’altra sul traduttore, per arricchire conoscenze e cultura in realtà inesistenti, fingendo di sapere chi sia un Lannister, che la squillo in Pretty Woman era Julia Roberts e non Lory Del Santo, o persino come salutare in swahili per fare bella figura. Insomma per inserire esperienze fittizie in un curriculum altrimenti vuoto.
E subito si parte con una sequela di domande che è sempre la stessa: “Che lavoro fai?”, “Da dove?”, “Che cerchi?”, “Che fai nel tempo libero?” al punto da non sapere se ti sei iscritto ad un sito di incontri o all’Istituto Nazionale di Statistica.
Dopo qualche ora di conversazione, ci si convince che l’interlocutore virtuale dall’altra parte dello schermo sia quell’anima gemella che la vita reale ci ha invece negato, così lanciamo il numero di telefono, tendando la fortuna come il giocatore ai dadi in un Casino di Las Vegas.
La preselezione è riuscita, abbiamo un appuntamento che ha strappato il nostro sabato sera all’ennesima puntata di C’è Posta per Te.
Mentre sei in bagno ad estirpare anche l’ultimo bulbo pilifero da zone non consone, come Anna Tatangelo con le sopracciglia nel 2008, pregusti già l’attesa per questo nuovo volto D&G col corpo da intimo di Calvin Klein che ti parla dallo schermo.
È solo quando scendi in macchina che ti accorgi che il Gabriel Garko sembra più Gabriele Cirilli, che la Jessica Rizzo sembra in realtà Jessica Fletcher, che aveva, accidentalmente ovvio, dimenticato di dirti di avere dieci anni di più (che nella realtà sembrano almeno dodici e di fatto sono quindici), e tu maledici i loro amici fotografi che non perdono il vizio di fare esperimenti con la reflex.
La serata prosegue stancamente, ripercorrendo le ultime quindici uscite, mentre entrambi vi chiedete come mai siano tutte finite più in fretta della carriera di Alberto Tomba nel cinema, quando scopri che crede che Colazione da Tiffany sia l’ultimo libro di Benedetta Parodi e che quelle citazioni virtuali arrivavano da aforismi.it, tra gerghi dialettali che giustificano quelle K su WhatsApp cui fingevi di non badare, e tu capisci che la tua era soltanto una proiezione mentale, e che chi ti sta parlando ha il quoziente intellettivo di Sara Tommasi.
Una serata tutto sommato come tante. Tu sei lì a fissare il volto del tuo interlocutore, e proprio mentre ti convinci che anche Barbra Streisand ha un suo fascino nonostante il nasone, e che persino la Bellucci c’ha un po’ di pancia, e sei disposto a soprassedere persino su quei crateri, che eufemisticamente chiami rughe, che il filtro “amaro” di instagram aveva nascosto come tasse non pagate all’Agenzia delle Entrate, arriva già la sentenza di Mister Braccino corto dell’83, che, con la stessa voglia di pagare di un portoghese a Genova, ti chiede di dividere il conto un attimo prima di dirti (onestamente, s’intende) “non sei il mio tipo”.
Sì, ‘sta divinità di instagram e ‘sto bidet (ignorante) coi capelli, ti ha appena liquidato, e adesso pare sia pure seccato di ritornare a casa con te, mentre tu ti maledici, giurando a te stesso che è la prima volta che ti lasci abbindolare on-line da un foto che sembra uno scatto del calendario Maxim.