Ma voi, colleghi, ve le segnate le cose curiose che i bambini dicono il primo giorno di scuola? Non solo il primo giorno di scuola ovviamente. Io le segno, le scrivo un po' ovunque, le dissemino nella rete, spero sempre che la schiettezza, la cristallinità, quella luce pulita negli occhi dei bambini, si risvegli nei tanti adulti che l'hanno sedata come se fosse una brutta emozione.
Oggi, primo giorno di scuola della mia nuova Prima, una bimba mi ha chiamata "Signora Maestra", io le ho detto ridendo che l'avrei chiamata "Signorina alunna", poi mi sono avvicinata e le ho suggerito sottovoce di chiamarmi semplicemente maestra o se vuole maestra Rosalba.
Un'altra mi ha detto: "Ah sì mi ricordo di te, sei quella che l'anno scorso mi amava già" e io: "Ah ma non eri tu quella che mi amava già prima di conoscermi?"
Poi c'è questa cosa dei compiti. Voi lo sapevate che i bambini vengono alla scuola primaria principalmente per fare il compito? La fatidica domanda è arrivata oggi dopo meno di un'ora di scuola: "Maestra ma il compito quando ce lo fai fare?" e io ridendo "Ma siete sicuri che volete un compito da me?"
A parte gli scherzi, il compito che i bambini si aspettano non è scrivere semplicemente il nome, ma copiare qualcosa dalla lavagna, un nome, una frase, qualcosa insomma di formalizzato, di organizzato, che dia l'idea dell'imparare, qualcosa che si fa ex novo che giustifichi il motivo per cui si sta a scuola.
Allora basta aiutarli a scrivere una semplice frase come "Viva la scuola" per suscitare la percezione del "compito". E sapere che gli alunni di prima il compito lo aspettano e lo auspicano non è una brutta cosa, anzi, significa restituirgli quel significato originario, spesso deturpato da lunghe e noiose polemiche sui compiti a casa.
Ed significativo come siano i bambini a restituire significato alle cose, alle azioni, ai "doveri" perché un bambino viene a scuola principalmente per imparare, per costruire il suo futuro di conoscenze e in prima ne è consapevole in modo disarmante. Salvo poi che sono gli adulti, in questo caso insegnanti e genitori, con il loro non giungere a un compromesso, a un accordo su come seguire il bambino a casa che finiscono con il trasformare una parola così bella come "compito" in un angosciante tortura.
E allora viva la scuola e viva il compito. Ma soprattutto, viva gli accordi scuola famiglia che preservano la serenità dei bambini.
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