di Giovanni Palladino
Oggi ho inviato al nuovo Presidente della Repubblica il nuovo libro di Luigi Sturzo SERVIRE NON SERVIRSI edito da Rubbettino con la seguente dedica:
“A Sergio Mattarella, con l’auspicio che possa passare alla storia come un grande statista italiano e siciliano seguendo l’esempio del Servo di Dio don Luigi Sturzo, che ha sempre servito e non si è mai servito”.
Alle ore 14 di sabato scorso, commentando su Radio Radicale la notizia dell’elezione di Mattarella, Marco Pannella ha detto:
“Penso che l’ispirazione di Luigi Sturzo possa essere rivendicata da questo nuovo Presidente della Repubblica”.
E ieri Ciriaco De Mita, intervistato da La Stampa, alla domanda se fosse sostenibile una somiglianza tra Scalfaro e Mattarella, ha risposto:
“Per amor di Dio! Sergio è un cattolico vero, siciliano, coerente. Scalfaro era un ipocrita, un clericale del nord”.
È lo stesso De Mita, che nel mandare Mattarella in missione a Palermo nel 1989 per ripulire liste e partito dagli uomini di Ciancimino, dichiarava con grande onestà, ma con un certo imbarazzo:
“La Dc ha un grande peccato: il suo retroterra culturale è il popolarismo di don Sturzo, ma la nostra gestione del potere è in contraddizione con questo insegnamento”.
Il 17 febbraio 1989, su La Repubblica, Giampaolo Pansa intervistò Mattarella sullo stesso problema. Ecco la risposta: “I tanti padroni delle tessere in sede locale paralizzano la vita della Dc. I leader nazionali sono prigionieri di questi concessionari del marchio democristiano all’opera nelle correnti e nelle sub-correnti. Dobbiamo rompere questo sistema, altrimenti i partiti moriranno. Non abbia timore di attribuirmi questa previsione nera”.
Ma Sturzo l’aveva già fatta 30 anni prima, rivolgendosi ai democristiani, il 21 luglio 1959 su Il Giornale d’Italia:
“Guardate bene ai pericoli delle correnti organizzate in seno alla Dc: si comincia con le divisioni ideologiche, si passa alle divisioni personali, si finisce con la frantumazione del partito”.
Buon lavoro Presidente!