Il processo “tribale” a Saif Al Islam Gheddafi

Creato il 18 gennaio 2013 da Maria Carla Canta @mcc43_

All’inizio di gennaio la ICC, Corte Penale Internazionale, con la consueta indulgenza verso la Libia, si limitò ad una  blanda richiesta  di spiegazioni link   delle  voci ricorrenti  circa un imminente avvio del processo (che la Libia non è ufficialmente autorizzata a fare, meno che mai senza l’ausilio della Corte stessa) a SAIF GHEDDAFI  (da oltre un anno  in detenzione  “privata” presso la tribù Zentan link agli articoli)  e all’ex-capo dei Servizi Segreti  ABDULLHAH AL SENUSSI (link estradato  dalla Mauritania attraverso una  “compravendita” del valore di 200 milioni di $,  link   ).

Il 15 gennaio  nel  breve volgere di 17 ore le autorità della Libia  hanno dato per certo e poi smentito  l’inizio del processo.

La comunicazione libica non è delle migliori, si sa, ma questa volta potrebbe  esser intervenuto anche un equivoco poiché, si scopre ora, sul figlio di Gheddafi  esistono due processi pendenti.

Il 17 gennaio  in You Tube compare un video che mostra Saif in un’aula di tribunale, il 18 l’autorevole BBC  tratta la questione nel modo più superficiale, dando per scontato che si tratti del tanto atteso processo, debolmente contestato dalla Corte Penale Internazionale. 

In realtà il giorno stesso, 17 gennaio,  il  DailyMail   e  in lingua italiana Ticino online avevano correttamente riportato la questione.

“ Il figlio dell’ex dittatore libico Colonnello Gheddafi è comparso in tribunale  accusato di tentativo di fuga dalla prigione, pericoli per la sicurezza dello stato e vilipendio della bandiera nel nuovo regime”

 

E’ possibile che questo processo sia un’autonoma mossa della tribù, all’insaputa del Governo? Può il  Governo aver accondisceso alla commedia per ragioni di politica interna? Può essere stato un concordato ulteriore sberleffo alla Corte Penale Internazionale?

I crimini contestati a Saif  risalgono allo scorso giugno. Sostengono le autorità che durante una visita della delegazione della Corte Penale Internazionale, abbia cercato di passare segretamente dei documenti ponendo a grave rischio la “sicurezza dello stato”. Si ricorderà che in quella circostanza l’avvocato australiano Melinda Taylor della ICC venne fermata e tenuta in prigione per tre settimane con l’accusa di complicità nello scambio di documenti.

Che le basi per il procedimento fossero raffazzonate è confermato dal fatto che l’udienza è stata solo formale e aggiornata alla seconda fissata per il 2 maggio. Motivazione:  “l’accusato non è rappresentato da un avvocato difensore”. Una carenza  che corrisponde, perlomeno, ad una nullità del processo, ma che sembra non destare molta preoccupazione sul piano internazionale.

Non  comprendo se sia per imbarazzo che la comunità degli stati della “Coalizione dei volonterosi”, di cui fu parte anche l’Italia, sorvoli sulla condizione attuale della Libia che, “liberata” da Gheddafi,  è piombata in un cruento disordine.

E’ di oggi la scoperta di un’autobomba all’aeroporto di Bengasi, recenti l’attentato alla Chiesa Copta di Misurata, l’agguato al  console italiano, per fortuna peggio organizzato di quello in cui hanno trovato la morte l’ambasciatore americano Chris Stevens e il personale della  US Special Mission Benghazi ; persistenti gli scontri tribali e etnici, quotidiani i rapimenti; sulla zona sud del paese è stata imposta la legge marziale e Bani Walid ha subito un mese di assedio,  costato vittime, profughi e distruzione, per catturare il sospettato dell’uccisione … dell’uccisore di Gheddafi. Niente altro che un’operazione di polizia,  condotta, invece, con dispiegamento dell’esercito e della milizia di Misurata in cerca di una vendetta secolare (vedere  Libia 2012: torna al 1920 )

O se la condiscendenza silenziosa dei governi occidentali significhi la conoscenza di una situazione ancora peggiore di quanto risulti dall’evidenza. Ma potrebbe anche trattarsi di uno standby in attesa dell’evoluzione nei paesi vicini, stante l’avvio di destabilizzazione dell’Algeria conseguente alle vicende, pilotate dalla Francia, nel Mali.

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L’ambiguità verso la Libia fa il paio con l’ambiguità delle sue istituzioni democratiche. Manca tuttora la figura del capo dello stato, tale viene considerato Mohammed Al Magarief   che  è, sì, Presidente ma solo del Congresso Nazionale, un organismo transitorio.
Maggior voce in capitolo sulle vicende interne ed estere dovrebbe avere il Capo del Governo  Ali Zidane,  il quale, invece,  ben poco compare sulla scena internazionale.
Due personaggi a lungo vissuti all’estero ed entrambi impegnati nel Fronte di liberazione della Libia, NFSL, organismo d’opposizione attraverso l’organizzazione di attentati in Libia contro la persona di Gheddafi e creazione congiunta della CIA e del Mossad  [ved. The National Front for the Salvation of Libya and its faux-revolutionary poster child  e  Mohamed Al Magarief & NFSL, gli attentati contro Gheddafi].


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