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Ma con il pensionamento, quella tensione che mi teneva in piedi, avvitata e contorta attorno ai milioni di cifre vergate col gesso alla lavagna, si è sciolta d’incanto, in un battibaleno, e mi ha lasciato svuotato, senza un risultato sulla destra da far tornare.
Ed è stato per non morire ingoiato da una poltrona in velluto bordò, davanti a un finto reality, che mi sono dato uno scopo nuovo e ho iniziato a leggere libri. Libri che avessero numeri solo a indicazione della pagina, libri che prendessero le distanze dalla troppa concretezza che mi aveva imprigionato in un quadrato costruito sull’ipotenusa.
E così ho scoperto le fiabe: un mondo meraviglioso dove si addensano i colori, i profumi e i rumori dei tuoi più incredibili sogni. Un mondo dove alla fine il male è sconfitto e dove si vive per sempre felici e contenti.
E l’ho cercato davvero questo mondo deciso a trasferirmi per sempre nell’universo beato delle favole. L’ho cercato fisicamente a Stonehenge e a Petra, l’ho cercato tra i ruderi di Schliemann a Troia e anche sulle pendici alpine; avessi potuto l’avrei cercato anche alle porte di Tannhauser.
Ho cercato un varco fisico, reale, che mi consentisse di lasciare il mondo degli uomini e finire nel mondo delle fiabe tra l’azzurro dei principi, il verde dei fagioli, il rosso dei cappucci e il giallo dell’oro.
Mi sono procurato tutti i film e i cartoni animati che potevo e che parlassero di favole, ho letto libri a ripetizione, spesso gli stessi, fino a notte fonda, fino a impararne a memoria ogni passo, ogni dialogo, e sono sprofondato, piano e inesorabilmente, nelle sabbie mobili della mente, l’unico luogo e l’unico modo per raggiungere davvero la vita per sempre, da felice e da contento.
Pochi giorni fa ho capito che il varco mentale stava aprendosi attorno a me quando all’edicola è stato un orco a vendermi il giornale e poi tornando a casa, tra i bambini al parco giochi ho riconosciuto quella birbantella di Gretel dondolarsi sull’altalena come una forsennata. Oh, se era lei!
Sintomi della pazzia o frutto di duro lavoro? Ormai c’ero dentro e ho tirato dritto. Non sono uscito di casa per una settimana rileggendo migliaia di favole e sottomettendomi a visioni di centinaia di film. Ho dormito con A mille ce n’è sparato dalle cuffiette.
E finalmente posso dire di avercela fatta. Stamani sono uscito e la razza umana era bella che svanita lasciando spazio a folletti, principesse e animali parlanti. Scomparsa anche la città: niente asfalto e auto, ma prati smeraldini e carrozze e alberi che camminano.
Dio che meraviglia, la felicità e la contentezza finalmente sono parte di me, una nuova vita mi aspetta in un mondo senza tempo, senza numeri e senza dolore.
Ballo come riesco a fare e canto, ho una voglia incontenibile di cantare e di mostrare la mia gioia a tutti, anche se vedo laggiù - ohibò - un principino (piccino piccino) che tutto mi pare fuorché allegro, che diamine! Mi avvicino, magari potrò consolarlo un po’.
«Buongiorno» gli urlo, sorridendo a ventimila denti.
«Buongiorno un cazzo! Ma tu chi sei, scusa, cos’è tutta questa verve, questa gioia. Da dove ti viene?»
Devo aver fatto una faccia un po’ svanita.
«Ah ok ok, ho capito, sei il vecchietto di una nuova favola, sei arrivato adesso e ancora non hai capito come gira il fumo».
«Ma veramente, io…»
«Senti me, psss, avvicinati. Sai quello slogan del vissero tutti felici e contenti? È ‘na mmerda!»
«Ma come? Ma non siete sempre felici qui?»
«Ma sì, certo».
«E allora?»
«È proprio quello, non capisci? L’infinita prospettiva di vita e la monotonia di una felicità senza fine t’ammazzano proprio».
«…»
«Io-voglio-morire. Voglio una vita da assaporare ogni singolo giorno perché so che finirà e che non ne avrò un’altra mai più».
«…»
«Ma hai visto come me ne devo andare vestito? Voglio una felpa nera con un cappuccio, voglio un paio di jeans strappati. Ma soprattutto: basta principesse odorose, pettinate e spazzolate, basta cavalli bianchi; voglio innamorarmi di un’infermiera, voglio respirare il sudore di una barista dopo un turno di lavoro e voglio una fottuta Ducati Monster».
«…»
È qui che abbassa la voce, si guarda in giro e assume l’aria del cospiratore.
«Ad ogni modo, nonnetto, resta nei paraggi perché sto studiando un modo infallibile per filarmela e per catapultare la mia trista esistenza nel mondo degli uomini. E se fai il bravo ti porto con me».
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Contributo all'EDS arcobaleno by TuttiNoiSappiamoChi
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TramontiLa grande bolgia
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