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Il Professore testatore e la Lega incassatrice. Per un filotto storico manca solo Formigoni.

Creato il 07 marzo 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Il Professore testatore e la Lega incassatrice. Per un filotto storico manca solo Formigoni.
Il governo del Professore a volte sembra una di quelle aziende che prima di tirar fuori un prodotto lo testa, lo ritesta, lo tritesta fino allo sfinimento. Dice (il Governo): “Liberalizziamo i taxi, l’apertura delle farmacie e l’accesso ad alcune professioni”. Lancia la proposta, la scrive nero su bianco ma poi, siccome qualcuno potrebbe incazzarsi e non far vendere il prodotto, lo ritira dal mercato. L’Imu sui beni non confessionali della Chiesa. “Lo applicheremo su tutti gli edifici meno che su quelli destinati al culto”. Lancia la proposta, la scrive nero su bianco e poi iniziano i distinguo e le precisazioni. “Aboliamo l’articolo 18”. Lancia il diktat, lo scrive nero su bianco, convoca le parti sociali, ascolta notte fonda Sergio Marchionne e poi, siccome si tratta di una questione “ideologica”, decide di andare avanti anche senza accordo. “Diecimila nuove assunzioni nella scuola, un po’ di stabilità poffarbacco”. Lo scrive, verifica la copertura e si accorge che c’è (nel frattempo ha aumentato le tasse sugli alcoolici), ma poi fa marcia indietro perché si rende conto che quei soldi è meglio destinarli alle banche, poverine, che dovranno aprire conti correnti gratuiti ai pensionati con meno di 1000 euro al mese. Decide che per combattere l’evasione fiscale “Nessun pagamento in contante oltre i 1000 euro, assegni o carte di credito”. Se non fosse che staccare un assegno dal carnet costa un fottio e che sui pagamenti con le carte di credito ci sono commissioni bancarie come piovesse, la cosa potrebbe anche rispondere a una logica, ma in questo modo l’unica logica è quella bancaria. Dove non ci saranno ripensamenti, mentre la benzina è arrivata a costare più del Dom Perignon, è sull’Iva che da ottobre passerà al 23 per cento dando la legnata definitiva a un paese in piena recessione dove i consumi languono. A fronte di un quadro politico ed economico nazionale che sembra essere uscito da un incubo di Jackson Pollock, c’è una regione in Italia che continua ad apparire come il sequel della saga di Shagri-La, quella ideata da James Hilton in Orizzonte perduto: la Lombardia ovvero il regno di Shambhala. Qualche post fa abbiamo affrontato gli aspetti giudiziari che riguardano soprattutto l’ufficio di presidenza. Su cinque componenti, quattro sono indagati e l’accusa è pesante: corruzione. Per il momento si salva solo Roberto Formigoni, il governatore, che però è tenuto sotto assedio dei radicali che gli contestano le firme delle liste taroccate che presentate alle ultime amministrative. Ultimo in ordine di apparizione, dopo Filippo Penati, Franco Nicoli Cristiani e Massimo Ponzoni, ecco fare il suo esordio sulla scena giudiziaria un esponente di spicco del Carroccio: Davide Boni, maroniano presidente del consiglio regionale. Gli episodi che la magistratura gli contesta sono una decina e sembra, dalle prime voci, che siano avvenuti tutti nel suo ufficio al Pirellone, luogo prescelto per allungare mazzette e concludere affari loschi. E così, dopo un esponente del Pd e due del Pdl, anche la Lega ha il suo bel corrotto, fatto che quel giornale che brilla per indipendenza e correttezza di informazione, La Padania, si è rifiutato ovviamente di pubblicare. Dopo aver investito milioni di euro ricevuti dallo stato in Tanzania, la chiusura del ministeri al Nord, l’istigazione a delinquere di Bossi contro Mario Monti ecco l’ultima polpetta avvelenata, un politico di tutto rispetto e di grosso prestigio colto con le mani nel vasetto della marmellata mentre cercava di raschiarlo. Umberto è disperato. Il suo giocattolo perde ogni giorno pezzi, si sta sfasciando sempre di più fino a diventare un oggetto inservibile. La Lega è arrivata alla frutta (attenzione perché Calderoli si frega pure quella, almeno le banane), al termine del suo percorso politico nella storia d’Italia. Si è imputridita, bacata, disfatta sotto i colpi delle tentazioni romane sempre vituperate e del Ponentino che evidentemente ha affascinato anch’essa. Bossi si è ritrovato a essere potente a sua insaputa e non ha saputo gestire una rendita di posizione che, ormai è chiaro a tutti, gli proveniva direttamente dai voti dei soldatini allineati che metteva a disposizione dell’Imperatore. Il segnale che la Lega è in agonia, e che in questo paese oltre che far pagare allo stato le multe per le quote latte dei suoi aficionados ha fatto solo danni, è venuto direttamente da Renzo Bossi che da trota si è trasformato in delfino, e quindi da pesce a mammifero. Renzino, appena uscito dal set di Rain Man, ha proposto di vietare l’accesso a Facebook e Twitter ai dipendenti della Regione Lombardia con la scusa che si scaricavano illegalmente download, il tutto mentre Boni veniva accusato di aver intascato mazzette per più di un milione di euro. Ma mentre l’intemerata di Renzo la comprendiamo, visto che l’ultima volta che ha provato ad accedere a Facebook si è ritrovato su TvThai, non riusciamo a comprendere l’improvviso amore per i soldi di gente che fino a ieri predicava contro la corruzione della Capitale augurandosi la fine del sistema partitocratico. O forse la comprendiamo. Boh. Chissà.

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