Il professore zen

Da Lacrespa @kiarastra

Ad insegnare a volte bisogna essere un po’ zen. Bisognerebbe mettersi sulla cattedra, sedersi, incrociare le gambe e iniziare a respirare cercando il silenzio più profondo del proprio sè. Non pensare più agli alunni tra i banchi, slegare il proprio intelletto dalle catene del raziocinio, smettere di imprigionare il proprio sè nelle categorie del “se io spiego tu studi” del “Se dico che mercoledì portate grammatica al posto di geografia, tu non porti epica” o del “mentre faccio lezione tu non parli”, che sono categorie intellettuali di causa effetto, nelle quali non ha senso far galleggiare la propria vita. Il professore zen attende facendo scivolare addosso ogni cosa, come se fosse roccia liscia da cui scorre una cascata. Il professore zen vede l’acqua scorrere e non cerca di dirigerla e di ingabbiarla attraverso canali e argini, ma lascia che tovi da sola il suo sbocco nel grande mare di non sa cosa. Insegnare senza adirarsi, parlare senza ascoltare il rumore di fondo, mantenendo un tono di voce pacato e tranquillo. Mantenere il proprio ritmo alternando lezione e verifica seguendo il battito del proprio cuore e del proprio respiro. E quando poi l’alunno non ha studiato si becca un quattro zen senza ramanzine e senza incazzature, perchè siamo professori zen, meditativi, introspettivi e consapevoli che l’acqua che scorre va dove vuole e che prima o poi troverà la sua strada.



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