IL PUZZLE POST DEL PRIMO MAGGIO. Gheddafi: “Silvio è un criminale”. E il Trota uno statista
Creato il 01 maggio 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Il Cojonello s’è incazzato di brutto. “Guerra totale all’Italia”, ha tuonato. E questo prima che le bombe intelligenti della Nato gli ammazzassero uno degli otto figli, Saif al-Arab. Famoso in Europa per la sua Ferrari F430 con la quale sfrecciava ubriaco superando tutti i limiti di velocità consentiti, Saif era anche noto per le risse con i buttafuori delle birrerie e per trasportare nelle sue auto con targa diplomatica, pistole di ogni tipo sulla tratta Monaco di Baviera-Parigi. Nel bombardamento, dal quale Gheddafi si è salvato per il rotto della cuffia insieme alla moglie, sono morti tre nipoti, anche se sembra che il Cojonello si sia inferocito soprattutto quando ha visto il televisore 54” pollici andare in frantumi e l’I-pad trasmettere solo la versione televisiva di Radio Maria. Ibrahim, portavoce del governo libico, ha tenuto prontamente a sottolineare che gli attacchi a Gheddafi non sono previsti nella risoluzione 1973 dell’Onu e che quello che è accaduto è un tentato omidio che non può passare sottosilenzio. Gli americani e i francesi hanno fatto spallucce anche perché sanno che Gheddafi non ce l’ha con loro ma con il governo italiano: “Porteremo la guerra in Italia – ha detto il dictator nel suo discorso televisivo modello Fidel Castro -. Il governo italiano oggi attua la stessa politica fascista e coloniale dei tempi dell'occupazione. L'Italia ha ucciso i nostri figli nel 1911, all'epoca della colonizzazione, e ora lo fa di nuovo nel 2011”. Ma è ovvio che l’obiettivo principale è il “mio amico Silvio che ha rotto il patto e adottato un atteggiamento criminale nei miei confronti”. “Ma ci rendiamo conto che l’Italia – ha proseguito Gheddafi fra le lacrime, ricordando con tanta nostalgia le serate con Silvio a lume di candela e bunga-bunga finale – è una nazione che non ha un parlamento né tantomeno la democrazia. Solo il popolo italiano vuole la pace”. Certo che sentirsi dire da un dittatore che questo non è un paese democratico un po’ brucia. Ma se lo afferma uno che di queste cose se ne intende avendole praticate per 36 anni, alla fine bisogna credergli. Ma il passaggio del discorso che più ha preoccupato il presidente del consiglio è stato quello in cui Gheddafi ha detto che il rapporto di amicizia con l’Italia è finito e con lui, anche quelli economici. L’Eni è in fibrillazione, l’Impregilo in stato catatonico e Paolo Berlusconi incazzatissimo con il fratello perché ora non sa più a chi vendere i decoder per la tivvù digitale. L’ultimo sussurro è stato di Piersilvio il quale, toccandosi ancora una volta le palle dopo l’ennesimo giuramento del padre sulla sua testa, sembra abbia detto a Fidel Confalonieri: “Ed ora i pacchetti Mediaset Premium”? Figlio d’arte per figlio d’arte, in queste ora abbiamo assistito stupefatti alla preparazione politica (tutto merito del mentore Calderoli, esperto di "rami" dello scibile scimmiesco) del pargolo di Umberto Bossi, quel Renzo che, ingiustamente definito “Trota”, ha dato prova di aver studiato e anche parecchio. Attorniato dai giornalisti in cerca di uno scoop, il figlio acquatico di Umberto ha detto: “La Libia è la Libia, il governo è il governo”, meravigliando il mondo intero e la succursale americana su Marte per l'acume da statista navigato. Che poi è come se avesse detto: “una bambola è una bambola, Nicole Minetti è Nicole Minetti, un letto è un letto. Cosa ci fa una bambola di nome Nicole su un letto? Si arrabatta!”, e giù a ridere come uno scimpanzè dopo una striscia di white suffle. Però Renzo la sua verità l’ha detta. Insomma, chi credeva che il 3 maggio il governo potesse cadere dovrà aspettare un’occasione più seria. D’altronde se i leghisti hanno votato il cambio dell’albero genealogico di Mubarak non si capisce perché non dovrebbero votare a favore dei bombardamenti dei “negher”, uniche due richieste: “Ammazzatene quanti più potete e quattro sottosegretari leghisti”. Ci rompe scrivere “lo avevamo detto”, però non occorre un politologo per capire che il legame fra Silvio e Umberto si risolve portando al governo quattro nuovi allevatori della Lega travestiti da sottosegretari. Lasciateci chiudere con una nota di amarezza. L’unità sindacale è andata a ramengo. La Cisl bolognese ha festeggiato ieri, 30 aprile, il suo Primo Maggio, e in molte altri parti d’Italia non sono previste le classiche e rituali manifestazioni unitarie. Un sindacato spaccato non serve a nessuno, tanto meno a Bonanni e Angeletti che negli ultimi anni hanno pensato a portare a casa le briciole di una contrattazione sempre in perdita, di tirare la corsa a Silvio e di non intralciare il governo del “fare”. Berlusconi è arrivato dove neppure Andreotti e Romiti sono riusciti: a dividere il mondo del lavoro e i loro rappresentanti, a far tornare la logica del padronato, a distruggere lo Statuto dei lavoratori, a togliere prima il nome e poi la dignità alla classe operaia. In fondo ha ragione Gheddafi, in questo paese la democrazia è morta e tutti sanno chi ne è il killer.
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