Il centralismo liquido renziano non c’entra niente con la Balena Bianca, come la sua forma comunicativa, al contempo raffinata e artigianale, non c’entra niente con quella dopata e ipertrofica di Berlusconi. La naturale propensione al centro di Renzi non deriva da valori che, tra l’altro, oggi non son più condivisi come cinquant’anni fa, ma dalla sua personale forza carismatica. Il monolitismo Dc cercava di attrarre moderati di destra e di sinistra verso il centro; il centralismo renziano è elastico, in grado di allungarsi fino alle ali estreme, di destra e di sinistra. La Dc si faceva forte dell’essere un baluardo contro il pericolo rosso, concetto parzialmente ripreso da Berlusconi; Renzi intende consolidare la sua centralità sulla propria capacità di fiutare e interpretare le aspettative della cittadinanza; a differenza di Berlusconi e Grillo, Renzi è poco interessato a rimestare nel malessere, nella pancia del malcontento, quanto a creare un orizzonte di programma in cui si possa riconoscere la maggioranza degli elettori. La sua non è una ricerca del consenso da mosaicista che ricompone forzatamente frammenti non combacianti tra loro, ma si basa su sentimenti condivisi da una larga parte della cittadinanza, per lungo tempo sommersi dai luoghi comuni della vox populi. Questo è il senso del partito nazione che non ha nulla a che vedere con il nazionalismo.
Se avvenisse la saldatura con l’elettorato, attraverso il raggiungimento di obiettivi concreti e sensibili, per gli altri non rimarrebbero che le briciole. Contrapporsi a Renzi con la demonizzazione, con gli allarmi su una fantomatica svolta autoritaria e sul pericolo per la pluralità democratica, non farebbe che aumentare lo charme esercitato dal giovane premier sull’elettorato italiano. Se Renzi sarà il dominatore incontrastato della scena politica futura, avverrà solo per la sua capacità di lettura delle aspettative degli elettori e di raggiungere obiettivi concreti.