Magazine Cinema
di Matteo Garrone (Italia, 2015)
con Salma Hayek, John C. Reilly, Toby Jones, Bebe Cave, Guillaume Delaunay, Vincent Cassel, Shirley Henderson, Hayley Carmichael, Stacy Martin, Massimo Ceccherini, Alba Rohrwacher
durata: 125 minuti
★★★☆☆
Regola numero uno per un cinefilo : diffidare a prescindere dei trailer e soprattutto degli uffici stampa che, per ovvie ragioni commerciali, cercano molto spesso di far apparire un film per quello che NON è affatto. Traduzione: vi hanno raccontato per settimane che l'ultimo film di Garrone era un tuffo nel fantasy, una scommessa folle per il regista romano, alle prese con un genere "inesplorato" e lontanissimo dal nostro cinema. Poi invece vedi il film e... ti accorgi non solo che Il Racconto dei Racconti col fantasy ha davvero ben poco a che fare (lo è - forse - nella forma, ma non certo nei contenuti), ma è anche che un'opera "garroniana" al 100%, e quindi italianissima, che non dovrebbe deludere gli estimatori del regista.
Tratto, ormai lo sanno anche i muri, da una raccolta di novelle napoletane del '600 (Lo cunto de li cunti, di Giambattista Basile), il film si sofferma su tre episodi particolari, scelti tra i 50 che compongono il testo letterario: nel primo ("La Regina"), la sovrana di Selvascura (Salma Hayek) è disposta a tutto pur di rimanere incinta: ci riuscirà grazie al sacrificio del marito (John C. Reilly), che uccide un drago marino rimanendo ucciso a sua volta, allo scopo di procurarle il cuore del mostro che, una volta cotto, la farà partorire nel giro di una notte. Nel secondo ("La pulce"), un re indolente e deluso dalla vita (Toby Jones, nel ruolo del Signore di Altomonte) accudisce un insetto con più amore che verso sua figlia (Babe Cave), facendolo crescere e diventare gigantesco. Alla sua morte cercherà di sfruttarne la pelle per evitare che la ragazza trovi marito, non immaginando che qualcuno possa indovinare a quale animale sia appartenuta. Ma non ha fatto i conti con un orco dall'olfatto finissimo... Nel terzo ("Le due vecchie") il re di Roccaforte (Vincent Cassel) s'invaghisce del canto di una donna sconosciuta, che lui immagina bella e giovanissima. Invece la voce appartiene a una vecchia brutta e deforme, che vive reclusa in casa con la sorella: insieme cercheranno di ingannare il sovrano, con conseguenze disastrose.
Formalmente, lo dicevo prima, Il Racconto dei Racconti ha la struttura del fantasy: costato ben quindici milioni di euro (un budget notevole per una produzione europea) il lavoro del regista e della troupe appare straordinario dal punto di vista tecnico, con fotografia, scenografie, costumi ed effetti speciali talmente accurati da rasentare la perfezione, restituendo un'opera fascinosa e magniloquente, di grande impatto visivo, capace in apparenza di meravigliare lo spettatore con l'incredibile bellezza delle immagini e dei colori (importantissimi, come in tutti gli altri film di Garrone, e che ne connotano i vari segmenti: bianco l'episodio della Regina, azzurro-notte quello delle "vecchie", verde plumbeo quello della pulce...).
Non ci vuole molto però ad accorgersi che a Garrone importa relativamente poco del tempo e della struttura del suo film: chi ha visto e ricorda i suoi primi lavori, da L'imbalsamatore a Primo amore, conosce bene lo stile "orrorifico" e disturbante del regista, per nulla affabulatorio, fatto di ansie, turbamenti e ossessioni (la mutazione del corpo, la paura della "diversità") e che certo non fatica a ritrovare qui: per questo dico che Il Racconto di Racconti assomiglia più a un horror che un fantasy, e non solo per certe sequenze ai limiti dello splatter disseminate nei 125 minuti (intensi) della pellicola, ma più che altro per la tensione e il disagio che vi si respirano e che inquietano lo spettatore a tal punto, quasi, da non accorgersi della bellezza delle immagini di cui sopra...
E' come se, lentamente, Garrone volesse trascinarci in un incubo volutamente affascinante ma per questo ancora più subdolo e tremendo: il film è una chiara riflessione sui nostro presente e sulle fobìe contemporanee dove, per ammissione dello stesso regista, viene raccontato un mondo a lui familiare in cui realtà e fantasia, comicità e tragedia, eleganza e villània si mescolano: si parla dell'ossessione per la maternità, della chirugia plastica, del conflitto generazionale, dell'incapacità tutta "moderna" di accettarsi come persone a causa di una società dominata dall'apparenza. Il film vuole metterci in guardia dalle tentazioni della vita agiata, fatta di benessere superficiale ma anche da un'intimità gretta e meschina che genera mostri. Per certi versi, Il Racconto dei Racconti è la naturale evoluzione del precedente film di Garrone, il bellissimo e poetico Reality: lì l'orrore era sottinteso, cammuffato dal tono onirico e dal falso lieto fine. Questa invece è una fiaba, e come in tutte le fiabe vi troviamo la paura e l'inquietudine, la voglia disperata di uscire da una condizione opprimente.
Personalmente, ho trovato Il Racconto dei Racconti un film non del tutto riuscito ma coraggioso. Certo, sul giudizio ha pesato molto la mia personalissima, inconscia avversione verso l'horror e le sue sfumature, tuttavia credo che alcuni difetti siano oggettivi: le tre storie sono del tutto scollegate tra loro (fatta eccezione per la prima e l'ultima scena), e il continuo gioco di rimandi ne complica non poco la comprensione. Anche il ritmo della pellicola è diseguale e poco organico alla trama: lentissimo (troppo) nella prima parte, esageratamente descrittiva, innesta poi la quinta e procede per accumulo fino alla catarsi finale, disorientando lo spettatore.
Tuttavia, al netto di queste perplessità, l'ho trovato (ripeto) un progetto coraggioso e importante, capace di inquietarti, farti ragionare, che difficilmente ti esce dalla testa una volta uscito dal cinema. E soprattutto, lasciatemelo dire, un film che, a dispetto delle apparenze è italianissimo al 100%, malgrado sia girato in inglese e con attori internazionali: la "napoletanità" delle storie, infatti, si sente eccome, così come il loro sottofondo guascone, cialtronesco, caciarone, innegabilmente partenopeo...
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