“Il racconto dei racconti” (The tale of tales) del nostro Matteo Garrone sbarca al festival di Cannes 2015. È in programmazione al Massaua Cityplex di Torino.
Photo credit: ozio-bao / Foter / CC BY-SA
Quest’anno Garrone si è cimentato in un’impresa mastodontica e rischiosa. Regalare al mondo un’opera prima e totalmente nuova, con cast internazionale d’eccezione (allo stesso modo di Sorrentino e Moretti, anche loro in corsa per la Palma d’Oro). Ma il più grande rischio è stato quello di aver fatto un fantasy, che non è un fantasy, per l’esattezza. Per questo funziona. Funziona la fotografia, il set, i costumi, la scenografia superba e accesa da pennellate di colore degne di Dante Gabriele Rossetti (come la scena che evoca i preraffaelliti, in cui una fanciulla dai lunghi capelli rossi si mostra nuda al pubblico, fasciata da un sensuale drappo scarlatto). Funziona la colonna sonora del premio Oscar Alexandre Desplat, funzionano gli attori hollywoodiani (Salma Hayek, John C. Reilly, Vincent Cassel, Toby Jones) sradicati dal contesto del box office americano e catapultati in un maniero medievale in provincia di Firenze, circondato da strani incantesimi, da draghi marini ed insoddisfatte regine. È un mondo liberamente tratto dalla raccolta di novelle del ‘600 dell’autore napoletano semisconosciuto Giambattista Basile, “Lo cunto de li cunti”. Garrone ha scelto di omaggiare questo importante precursore della letteratura fiabesca, selezionando tre racconti che hanno come protagoniste le donne, i loro conflitti e desideri.
Nel primo racconto c’è il bisogno ancestrale di essere madre, che porterà una regina a mangiare il cuore di una bestia marina per restare gravida, infine il suo amore morboso e incontrollato per un figlio sfuggente; c’è la brama di abbeverarsi ancora al nettare effimero della giovinezza, che acceca due vecchie sorelle, entrambe ansiose di esaudire i desideri peccaminosi di un perverso re; si racconta infine la ribellione di una fanciulla data in sposa ad un orco per colpa del suo ottuso padre, ossessionato dalla viscerale attrazione per una grassa pulce che si nutre del suo sangue.
Il film intinge il pennello nell’horror – ma lo fa in modo elegante -, nel raccapriccio (ricordando spesso le fameliche gole e il grottesco dei quadri di Goya), nel gotico e nell’avventura, ma mai nella banalità. La differenza sostanziale che però ha con i fantasy è che questi ti fanno evadere del tutto dalla realtà conosciuta, mentre “Il racconto dei racconti” ti ci fa immergere, è pregno di verità e grida sofferenza, raccontandola magistralmente attraverso la magia illusoria delle fiabe. Ogni personaggio si ciba di un desiderio profondo, che scava nella complessità della psiche umana, che rispecchia la solitudine, la violenza, i capricci della modernità.
Un parallelo di due epoche storiche, il medioevo (i secoli bui) e la nostra, due crisi che deteriorano poco a poco la moralità di molti, ma mai l’integrità di pochi. Ne è esempio la memorabile scena (mai vista nelle fiabe) di una principessa emancipata, che si ribella ad un matrimonio terribile, facendosi aiutare da una ludica famiglia di circensi (tra i quali l’italiana Alba Rorhwacher), presentando il conto al padre inorridito e disperato. La testa recisa del brutale orco-marito. Un’eroina che si fa valere, una moderna Salomè con la testa del Battista, o una caravaggesca Giuditta che sgozza Oloferne. Sono tante e complesse le sensazioni evocate da un film che si mostra allo spettatore per quello che è, che racconta delle storie importanti. Un ibrido insomma, che non è affatto per bambini, nè paragonabile all’acclamato “Games of Thrones” (se non per le ambientazioni fantasy), ma che si conferma a pieni voti come un film d’autore e simbolico, barocco ed estetico, giocoso ma struggente. Fa perno sull’immensità di fonti di un patrimonio culturale che non conosce rivali. Questo cinema italiano fa sperare, compete a testa alta con il resto del mondo e comincia a farsi degno dei grandi classici.
Retrò online va al cinema al Massaua Cityplex.
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