Magazine Maternità
proprio sul latte versato!
Ho ricordi vaghi dei giorni in ospedale subito dopo la nascita di mia figlia, ma uno chiaro e lucido. Dopo
essermi fatta palpare le tette praticamente da tutto il personale del reparto, una sera mi sono ritrovata
attaccata ad una mungitrice, ops, tiralatte elettrico, per liberare il mio seno che rischiava di scoppiare.
Pop pop pop pop
Sono stata lì attaccata mezz’ora e ciò che ne ho cavato sono stati 10 ml di liquido giallo e denso. E i lividi sul
seno perché non bastava quel coso infernale, ci voleva anche l’aiuto dell’ostetrica per far uscire l’amato/
odiato latte.
Al termine dell’infelice seduta, mi hanno rispedito in camera con un biberon minuscolo, dicendo che
dovevo continuare a spremere, altrimenti avrei rischiato la mastite.
Così, all’una di notte, piangevo disperata per il dolore, la paura delle conseguenze e quel latte che non
voleva uscire. E piangevo perché avevo appena avuto una bellissima bambina, ma col cesareo. E piangevo
perché mio marito quel giorno non era venuto a trovarmi. Anzi, era venuto, ma solo 10 minuti e a me non
erano bastati.
Se avessi raccolto lacrime, in quel biberon, si sarebbe riempito molto velocemente.
Passato lo shock iniziale, ero una specie di dea dell’abbondanza che innaffiava di latte qualsiasi cosa
si trovasse a tiro. Giravo per casa con gli asciugamani addosso finchè ho pensato di dare un calcio ai
consigli ricevuti in ospedale e di usare finalmente le coppette assorbi latte, oggetto presentatomi dalle
ostetriche quasi come creatura del demonio. Alla dimissione avevo finito quelle che mi ero portata da
casa (e il marito aveva dimenticato di rifornirmi) e ho osato chiederne un paio al nido. Beh… sono dovuta
uscire dall’ospedale con due assorbenti nel reggiseno, perché “noi le sconsigliamo.. blabla… batteri…
blabla..infezioni… blabla”.
Io avevo smesso di piangere, e la mia bimba cominciava. Le coliche! Ecco! E’ colpa di quello che mangi tu
nutrice! Via i latticini, via l’insalata, via il pomodoro, via i legumi, poca frutta. Era Agosto e praticamente
mangiavo come in pieno inverno, vivevo di pasta in bianco e bistecca, anche perché il marito non è che
avesse delle gran doti di cuoco, e io avevo la piccola sanguisuga attaccata h24. Ho ricominciato a piangere,
fino a che il Mylicon ha asciugato le lacrime mie e della puffetta.
Lei, beata, a 4 mesi dormiva tutta la notte, ignara invece del fatto che io mi alzassi sempre tra le 3 e le 5 per
l’appuntamento notturno con il tiralatte, perché ne avevo talmente tanto che mi era impossibile restare a
letto con due borracce traboccanti sul petto, il dolore era insopportabile. E così pian piano pativo il sonno
ma riempivo il freezer. Ci ho messo quasi due mesi per far capire al mio corpo che di quel passo avrei
dovuto pagare la multa per le quote latte!!
Alla fine non è stata una passeggiata allattare, probabilmente sono stata fortunata, ma garantisco che ho
combattuto con i denti contro chi insinuava il dubbio che il mio latte non fosse nutriente (quando la piccina
piangeva per le coliche e non per fame), o contro il marito che vedendomi stremata mi diceva: se ti pesa
smetti, usiamo il biberon, invece di dirmi una parola tenera di incoraggiamento, che avrei sicuramente
gradito di più. Mi sentivo ferita, accusata di debolezza, io avevo la grazia di avere latte e lui mi proponeva di
smettere per comodo.. non avrei mai potuto.
Così, agguerrita, ho allattato fino agli 11 mesi di mia figlia, e da un giorno all’altro abbiamo smesso. Senza
compromessi, senza quasi che se ne accorgesse. Senza che mai in seguito mi chiedesse un’altra poppata.
In tutta questa storia, forse è la cosa che mi ha più lasciata a bocca aperta.
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