Dopo alcuni fatti di violenza che hanno visto come vittime le prostitute che frequentano la zona di via Galileo Ferraris, nella periferia che va da piazza Garibaldi a via Gianturco, Luciana Esposito, del quotidiano online Napolitan, è andata a parlare con le povere donne che ogni notte si accalcano su quei desolati marciapiedi aspettando i clienti. Dopo essere stata allontanata più volte dalle ragazze, spesso anche con minacce, la giornalista ha incontrato Samyra, nigeriana di 23 anni, disposta a raccontare la sua triste storia.
Secondo quanto ha raccontato, la giovane ha iniziato a prostituirsi ben prima di arrivare nel nostro paese, a soli 9 anni, fra le mura domestiche. Proprio per sfuggire a quella vita, 7 anni fa, aveva deciso di trasferirsi nel nostro “bel paese”, attirata, come tutti, da un futuro roseo e lontano da qualunque forma di abuso. Così non è stato e Samyra si è trovata a subire le stesse cose che subiva nel suo paese e a trascorrere ogni lunga notte in Italia sui marciapiedi di Napoli, a cercare di guadagnarsi da vivere.
“All’inizio è difficile, – racconta – però quando sei così piccola non capisci neanche bene cosa stai facendo, cosa ti stanno facendo e guarire da quel dolore diventa impossibile. È un marchio che ti segna per tutta la vita e non puoi più cambiare vita. Solo nei film le prostitute incontrano il principe azzurro che le salva, ma, nella realtà, per gli uomini siamo solo oggetti da usare e gettare. Ti guardano con disprezzo di giorno, quando ti passano accanto con le auto mentre la moglie gli siede accanto, ma poi, la notte, quando la moglie non c’è, tornano per fare con noi quel genere di cose che con le mogli non si possono fare. E posso dire che gli uomini italiani hanno una perversione repressa che è davvero disgustosa, malata, insana. E noi esistiamo per questo: per soddisfare quel genere di trasgressioni che non si possono praticare con una moglie. Del resto, la prostituzione è una malattia dalla quale non si guarisce e la presenza sui marciapiedi anche di donne anziane lo dimostra.”
Una violenza e una bestialità che si scatena sopratutto nei ragazzi napoletani che, su quelle povere donne, sfogano tutta la repressione della loro giovane età: “I giovani, rispetto agli adulti, sono più violenti, meno rispettosi, fanno richieste spinte, in cambio di pochi euro esigono di avere rapporti non protetti e di avere rapporti di gruppo. Una prostituta e due ragazzi, a volte anche tre. A volte anche due prostitute con più ragazzi. È un modo per dimostrare agli altri amici che guardano che si è forti di saperci fare con le donne. Anche se sono piccoli, giovani, fanno paura. La cattiveria, la violenza che esprimono durante il rapporto fisico, spaventa. Non lo so cosa gli passa per la testa, ma è come se si sentissero i padroni del mondo. Prima, quando vedevamo arrivare dei clienti giovani eravamo contente, perché trasmettevano più imbarazzo e tenerezza. Adesso è diverso. Tutto è cambiato. E gli episodi di violenza che spesso subiamo dimostrano che il nostro lavoro diventa sempre più rischioso. Non è mai stato un lavoro sicuro, ma, adesso, i rischi sono raddoppiati. E tutto fa più paura.”