Questo articolo rappresenta l’inizio di una ricerca ,che si protrarrà nelle prossime settimane, riguardo il radicamento delle organizzazione mafiose nei territori emiliani-romagnoli. Verrà descritta la presenza delle mafie, italiane e non, nelle varie Province della Regione, che è una delle più ricche della penisola italiana con le oltre 400mila imprese attive. Questo aspetto economico ha reso questa terra, dagli anni ’70 in poi, “appetibile per il suo dinamismo economico, per le capacità imprenditoriali della sua gente, per la ricchezza che produce, alla quale vogliono partecipare(le organizzazioni mafiose, ndr) con l’impiego, in arrività economiche o finanziare, degli ingenti profitti provenienti, soprattutto dal traffico di stupefacenti” come ha dichiarato il procuratore generale della Corte d’Appello di Bologna Emilio Ledonne nel 2011.
E’ stata la ricchezza a richiamare i mafiosi, a rappresentare “un fattore di attrazione per attività speculative illecite” come dichiarò nel 2010 in Commissione antimafia il prefetto di Reggio Emilia, Antonella De Miro. Le organizzazioni criminali si stanno infiltrando e radicando sempre più nel tessuto economico, specialmente nei settori dell’edilizia e della ristorazione (senza dimenticarsi dei traffici di droga e comparto del divertimento sulla riviera romagnola, ndr), grazie soprattutto alla “zona grigia”, costituita da molti professionisti e imprenditori (non soltanto di origine meridionale,ndr) che ne hanno favorito l’accesso nei meandri della finanza e dell’economia regionale. Ci sono delle note positive che lasciano ben sperare.
La prima riguarda la politica regionale, in quanto l’Assemblea regionale ha approvato il 9 maggio 2011 la legge per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose e la diffusione della cultura della legalità, dopo che l’anno precedente aveva approvato le “Disposizioni per la promozione della legalità e della semplificazione nel settore edile e delle costruzioni a committenza pubblica e privata”. Due leggi importanti e significative in contesti economici di grande vulnerabilità e infiltrazione mafiosa, con attenzione alla prevenzione e sostegno della società civile e degli enti locali. La seconda riguarda l’apertura,a Bologna nel 2012, di una sede operativa della Dia (Direzione investigativa antimafia, ndr) che avrà competenza su tutta l’Emilia Romagna, sarà diretta dal maggiore dei carabinieri Giuseppe Vecchia e dipendera’ dal centro Dia di Firenze, ma con una struttura autonoma. E’ un tassello fondamentale per la lotta alla criminalità organizzata in Emilia Romagna. La sezione, oltre ad avere una certa importanza investigativa, ha anche il significato simbolico di riconoscere ufficialmente la presenza di infiltrazioni mafiose in regione ed evidenzia la necessità di contrastarle con tutti i mezzi possibili.
Rappresenta un tassello fondamentale per la lotta alla criminalità organizzata in Emilia Romagna. La sezione, oltre ad avere una certa importanza investigativa, ha anche il significato simbolico di riconoscere ufficialmente la presenza di infiltrazioni mafiose in regione ed evidenzia la necessità di contrastarle con tutti i mezzi possibili. A Bologna è già presente la Dda, la Direzione Distrettuale Antimafia, composta da magistrati. Un gruppo di pubblici ministeri specializzati, che lavora su notizie di reato nell’ambito di reati di mafia. Ma ora, con l’introduzione della Dia, il vero volto investigativo della Dda, sarà possibile fare ricerche sui reati che spesso vengono scoperti da Direzioni Investigative antimafia del Sud.
LE CAUSE DELL’INFILTRAZIONE MAFIOSA
La prima causa sarebbe La legge del 27 dicembre 1956, n. 1423 (pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale 31 dicembre 1956 n. 327) recante “Misure di prevenzione nei confronti delle
persone pericolose per la sicurezza e la pubblica incolumità”, prevedeva che il soggiorno obbligato venisse disposto in un comune con popolazione non superiore ai cinquemila abitanti, lontano da grandi aree
metropolitane. Nel ‘ 65 le disposizioni furono estese «agli indiziati di appartenere ad associazioni
mafiose»: da quel momento molti di loro furono dunque trasferiti al Nord.
Il provvedimento di soggiorno obbligato doveva essere disposto dall’Autorità giudiziaria in esito ad un procedimento specifico di verifica dei presupposti.Un documento della Dia, riportato nella ricerca “Quaderni di città sicure” di Enzo Ciconte, in collaborazione con la regione Emilia-Romagna, ha calcolato che dal 1965 al 1993 sono arrivati circa 2305 soggiornanti. Provenivano dalla Sicilia(39%), dalla Campania(29%), dalla Calabria( 27%), dalla Puglia (5%). Alcuni dei più noti boss mafiosi hanno soggiornato in questo territorio, come Gaetano Badalamenti(uno dei vertici di Cosa Nostra, ndr),a Sassuolo dal 1974 al 1976, oppure come Luciano Liggio che andò ad abitare a Budrio(Bologna) insieme allo zio di Totò Riina, Giacomo Riina. La seconda causa sarebbe l’emigrazione dal sud, un afflusso straordinario di decine di migliaia di meridionali in cerca di un lavoro nelle grandi fabbriche, che gli potesse offrire una vita migliore .
Al seguito di chi cercava onestamente lavoro, vi fu anche pensò di mimetizzarsi e trovare rifugio, per mettere meglio a frutto le proprie capacità criminali in territori maggiormente carichi di opportunità rispetto a quelli di provenienza. Ma questi due fattori – il soggiorno obbligato e il processo migratorio – non furono determinanti ma ci furono, ed esistono tuttora, sponde negli abitanti delle province emiliane e romagnole, e appoggi interessati degli attori sociali, economici, politici. “La disponibilità della popolazione autoctona a recepire la scelta criminale come opzione valida per avviare una scalata sociale, per conseguire un successo a buon mercato” poichè ”Senza l’appoggio di persone del luogo, senza la loro disponibilità a collaborare nelle imprese criminali, i clan difficilmente avrebbero potuto svilupparsi in maniera così rapida e condizionare interi settori economici” come ci ricorda il dossier di Libera.
Da parte dei governi italiani ci fu, sicuramente, una grande responsabilità nei confronti delle popolazioni settentrionali per il blando controllo di traffici e azioni illecite compiute dai sospettati, oltre a una sottovalutazione locale del fenomeno, una “difficoltà a riconoscere i fenomeni criminali, perchè non appartengono alla storia locale”, come la definì nel 2010 il presidente della Camera di Commergio di Reggio Emilia, Enrico Bini ,quindi un contesto culturale estraneo, ma che rappresenta “un punto di debolezza”, un fattore determinante ai fini del mancato ostacolo all’infiltrazione mafiosa che in Emilia, come ha scritto efficacemente il giornalista Bonini sul Resto del Carlino di Reggio Emilia nel gennaio 2010, “indossa l’abito del fantasma”.
NUMERI SULLE MAFIE IN EMILIA-ROMAGNA
L’ultimo dossier di Libera, realizzato in collaborazione con l’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna, rielaborando i dati del Ministero dell’Interno, offre un quadro inquietante dell’Emilia-Romagna e la indica ai primi posti in Italia per operazioni antidroga, segnalazioni sospette in campo finanziario, beni e aziende confiscate, illegalità ambientali.
SEQUESTRO STUPEFACENTI
Sono state 1.859 le operazioni antidroga registrate nel 2012 in Emilia-Romagna, in leggera flessione, come del resto a livello nazionale, rispetto al 2011. La regione si conferma, come un importante mercato della droga, posizionandosi, per numero di operazioni effettuate dalle forze dell’ordine, al quarto posto della “classifica” nazionale, dopo la Lombardia (3.545 operazioni), il Lazio (2.956) e la Campania (2.341), e pesando, sul dato complessivo con l’8,2% operazioni. La prima provincia si conferma quella del capoluogo, Bologna, con un importante incremento rispetto al 2011, ed è arrivata a 706 operazioni, pari al 38% del totale regionale. Le sostanza stupefacenti “più sequestrate” sono state l’hashish e la marijuana per un ammontare di 952,58 kg, seguite dall’eroina (116,77 kg) ,dalla cocaina(101,95 kg), droghe sintetiche(1579 dosi).
La provincia con più sequestri si conferma Bologna con 355,84 chilogrammi, pari al 29,8% del totale su base regionale. Bologna è, inoltre, la provincia dove è stata sequestrata più cocaina (40,93 chilogrammi), marijuana (176,13 kg) e altre droghe (114 dosi). Per quel che riguarda l’eroina, è la provincia di Ravenna ad avere l’incidenza maggiore a livello regionale. Con 38,89 chilogrammi sequestrati, pari al 33,3%, apre la “classifica” regionale, seguita dalla provincia di Forlì-Cesena (35,12 kg). Il maggiore quantitativo di hashish è stato sequestrato nella provincia di Rimini (152,51 kg), seguita dalla provincia di Ferrara (132,56 kg). Infine, la quasi totalità delle dosi di droghe sintetiche sequestrate in regione sono localizzabili in provincia di Forlì-Cesena (63,4%). Sono state segnalate 2547 persone per traffico illecito e 110 per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti(di cui 77 a Bologna).
ESTORSIONI E USURA
Nel 2012 si registra un incremento, in linea con il dato nazionale, del numero di fatti estorsivi segnalati in Emilia-Romagna. Il 5,4% del 2012 , pari a 277 denunce pervenute alle forze dell’ordine, è un dato in aumento rispetto ai due anni precedenti, nei quali si attestava al 4,4% e al 4,7% rispettivamente agli anni 2010 e 2011, ma in ribasso rispetto al 6,4% del 2009. Questo quadro si riferisce a dati certi, a fatti di reato, non alla situazione reale che vede spesso le persone estorte o minacciate non denunciare. Riguardo all’usura, il 2012 indica un decremento delle denunce per questo reato, in controtendenza con l’aumento del dato nazionale. Le segnalazioni si attestano a 14, pari al 5,4% del totale nazionale, rispetto alle 12 dell’anno precedente e alle 19 del 2011.
Si conferma la bassa propensione degli imprenditori e professionisti minacciati di denunciare l’estorsore, per paura delle conseguenze che potrebbero riversarsi sulle loro famiglia(spesso sono minacciate persone con origini meridionali e di più facile intimidazione, ndr). Negli ultimi anni si sta verificando un’inversione di tendenza nel campo dell’estorsione(soprattutto nel comparto commerciale): si sta tralasciando l’antica e brutale richiesta di pizzo per una nuova decisione di offrire merci, prodotti, generi alimentari in via generale. Riguardo al metodo usuraio , rispetto al passato, esso viene usato(spesso ma non sempre,ndr) dalle varie organizzazioni mafiose, in particolare ‘ndrangheta e camorra, per impadronirsi di società in temporanea difficoltà economica, c’è una trasformazione di quell’azienda e la falsificazione del mercato.
RICICLAGGIO
E’ lo strumento usato dalle mafie per ripulire i proventi illeciti ed insinuarsi nell’economia legale, con l’aiuto complice di professionisti collusi e colletti bianchi a libro paga. Le vie utilizzate per “lavare” il denaro sono le più svariate e difficili da individuare, come ,ultimamente, nel caso dei“compro oro”. Le segnalazioni di operazioni sospette(Sos, ndr) provengono da intermediari finanziari(enti creditizi in testa) e non(notai, commercialisti,contabili, gestori di sale scommesse), vengono inoltrate all’ Uif(ufficio di informazione finanziaria ,ndr), la quale a sua volta trasmette alla Dia quelle reputate sospette, dopo un’attenta analisi.
Nel 2012 ci sono state 5.192 segnalazioni di operazioni sospette(SOS,ndr) provenienti dagli intermediari
finanziari, e l’Emilia-Romagna si attesta, in questa particolare classifica, come quarta regione in Italia dopo Lombardia(12.171), Lazio (7.877) e Campania (7.594). Durante l’arco temporale 2008-2012 si può notare un notevole incremento delle Sos, si passa dalle 986 del 2008, alle 1422 del 2009, alle 3151 del 2010, alle 4343 del 2011, alle 5192 del 2012. Andando a vedere i risultati provinciali si può vedere come Bologna, con 1169 segnalazioni nel 2012, occupa la “prima posizione”, rappresentando più del 20% del totale regionale, con a seguire Modena(879) e Reggio Emilia(822), mentre la provincia con maggior aumento è stata Ravenna( + 83%,pari a 411, rispetto al 2011,quando erano 225).
Rispetto alle segnalazioni provenienti da operatori non finanziari, nel periodo 2009-2012, la cifra è di 2370, con l’apporto maggiore derivante dalla categoria dei notai con 1876, con un sostanziale aumento annuale nel corso dell’arco temporale. A livello provinciale è Reggio Emilia il territorio nel quale ci sono state più segnalazioni da questa tipologia di operatori, in particolare 21 nel 2012 rispetto alle 8 dell’anno precedente. Poi ci sono le Sos trasmesse dall’Uif alla Dia, che ammontano a 8 segnalazioni “trattenute”(su 1429 trasmesse) per approfondimenti investigativi. Infine si può dire che nel 2012 in Emilia-Romagna , riguardo al riciclaggio, ci sono state 56 accertamenti di fatti reato, 128 persone denunciate e 34 persone arrestate.
ECOMAFIE
Smaltimento illecito di rifiuti, abusivismo edilizio e infiltrazioni mafiose nel ciclo del
cemento, gli appetiti dei boss e le complicità di imprenditori disposti ad avvelenare il
territorio pur di risparmiare risorse. Sono 23 i procedimenti iscritti nel Registro delle notizie di reato ai sensi
dell’articolo 260 del codice dell’ambiente, relativo al traffico organizzato di rifiuti, da parte della Dda Bolognese nel periodo gennaio 2010- giugno 2012. E’ un record nazionale della Dda bolognese, un primato che supera i 20 della Dda di Napoli e i 19 di quella palermitana. Negli anni 2011-2012 sono state accertate più di duemila infrazioni, sono stati realizzati 657 sequestri e denunciate più di duemila persone. E’ Rimini ad aprire la classifica dei reati nel ciclo dei rifiuti in Emilia-Romagna, con 38 infrazioni accertate nel 2012, 36 persone denunciate e 28 sequestri effettuati. Subito dopo Bologna, che nel 2011 era “prima” nella classifica di Legambiente, e Reggio-Emilia, che ha raddoppiato il numero di infrazioni accertate. Anche riguardo ai reati legati al ciclo del cemento, Rimini è in testa alla classifica nel 2012, passando dalle 42 infrazioni del 2011, alle 67 del 2012. A seguire la provincia di Forlì-Cesena, e, seppur distanziata, quella di Modena.
BENI CONFISCATI
Fino al gennaio 2013, ammontavano ad un totale di 112 nel territorio regionale, circa l’1% del dato nazionale. In particolare ci sono 26 aziende e 86 immobili confiscati, 14 sono ancora gestiti dall’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, 55 sono stati destinati e consegnati, 3 sono stati destinati ma non consegnati, mentre 14 sono usciti dalla gestione. E’ Forlì-Cesena la provincia con più beni immobili confiscati alle mafie
(28), seguita da Bologna (21) e Ferrara (14). E’ sempre la provincia di Forlì- Cesena quella dove si registra il maggior numero di beni immobili destinati e consegnati (20), seguita da Bologna, Ferrara e Ravenna con 8 immobili ciascuna.
Nessun bene immobile, infine, risulta confiscato nelle province di
Modena e Reggio-Emilia, in controtendenza con l’assodato dato del radicamento, rispettivamente, di camorra(casalesi in particolari) e ‘ndrangheta(cutresi in particolare) in queste zone. Riguardo le aziende confiscate, Bologna è la provincia dove si registra il maggior numero di aziende confiscate (19), il maggior numero di aziende in gestione (12) e di aziende uscite dalla gestione (7).
APPALTI PUBBLICI
E’ il settore dove c’è il maggior investimento economiche delle organizzazioni mafiose. La loro attenzione è rivolta, prevalentemente, al settore dell’edilizia, al mondo dei sub appalti e alla presenza fisica sui cantieri edili, sia di piccole dimensioni sia di quelli del TAV, come è avvenuto a Reggio Emilia nel 2007 dove furono danneggiati e rubati alcuni escavatori dal cantiere dell’alta velocità. E’ stata riscontrata la presenza di uomini di ‘ndrangheta provenienti da Gioiosa Jonica e facenti parte dei Mazzaferro, molto forti anche in Lombardia. In questo settore economico è stato possibile l’inserimento silenzioso delle mafie grazie alla mancanza di difesa sociale, in quanto risulta difficile accorgersi della presenza di mafiosi nei cantieri o subappalti.
L’edilizia è stato ” il cavallo di Troia”, come lo ha definito Enzo Ciconte, per penetrare in modo silenzioso in moltissimi comuni emiliano-romagnoli, una presenza silenziosa che non ha creato eccessivo allarme sociale. Il settore edile offre molti vantaggi: manodopera d’origine dei mafiosi, con conseguente consenso nelle terre d’origine e controllo di esso, rapporti con l’apparato burocratico comunale dove si realizza il lavoro, con le ditte di trasporto, tecnici, geometri, ingegneri, imprenditori vincitori di appalti, trasportatori. Questo enorme radicamento mafioso in questo ambito produttivo crea delle storture del mercato, è stato avvantaggiato anche dalla legge, dal cosiddetto “massimo ribasso” nelle gare d’appalto, che un imprenditore onesto e corretto non può rispettare, altrimenti dovrebbe usare materiali scadenti, manodopera sottopagata e senza diritti.