Magazine Cinema
Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Cyril (Thomas Doret) ha dodici anni, fino a qualche mese prima aveva anche una bicicletta e un padre.
Affidato agli operatori di un centro di accoglienza per l'infanzia da un padre insensibile e immaturo che non vuole più saperne di lui, il giovanissimo Cyril ingaggia una guerra personale contro il mondo, ferito da un genitore che lo rifiuta totalmente.
Dopo l'ennesimo tentativo di fuga, incontra Samantha (Cécile De France), una parrucchiera che accetta di occuparsi di lui nel fine settimana.
I pluripremiati maestri belgi, tranne per quanto riguarda i protagonisti, un meraviglioso Thomas Doret e una convincente Cécile De France (Hereafter), si affidano alla solita e solida pattuglia di attori spesso presenti nell' imperdibile filmografia dei Dardenne.
Con Il ragazzo con la bicicletta (Gran premio della giuria a Cannes 2011) i fratelli Dardenne si confermano ai vertici del cinema europeo.
Come pochi, sanno dare ritmo e tensione a storie "normali" e descrivere la realtà attraverso il cinema.
Probabilmente per la prima volta, il viaggio dei Dardenne nel dolore e nella disperazione termina la sua corsa nei paraggi di una timida speranza, che si nota anche nella descrizione dei luoghi, non più plumbei e ovattati ma vocianti e leggermente assolati come può essere un'estate di Liegi.
Come al solito la mdp tallona il giovane protagonista, ne cattura il respiro (i primi dieci minuti sono girati - magnificamente - ad altezza bambino e i volti degli adulti sono fuori dallo schermo), lo imprigiona nel suo rannicchiarsi, asseconda lo sforzo della corsa e l'ansia del colpo di pedale, fa esplodere la disperazione di una realtà inaccetabile e la rabbia della manifesta verità.
Essenzialità della trama, intensità delle situazioni, ennesima variazione sul tema della giovinezza, sembrerebbe che non ci sia nulla di nuovo per chi conosce la storia cinematografica dei maestri di Vallonia, che ancora una volta feriscono con il loro stile gelido e conquistano l'anima dello spettatore grazie ad una descrizione sempre corposa e mai patetica di una realtà avversa nei confronti dei più deboli, che con lo scorrere della pellicola diventa poesia amara, ma anche sublime speranza quando lo sguardo teso e i muscoli contratti del bravissimo protagonista lasciano il posto ad un volto che brilla di un commovente sorriso, il sorriso dell'innocente gioventù.
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