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Il raggio traente è realtà

Creato il 09 marzo 2011 da Stukhtra

Però funziona solo alla scala del nanometro

di Andrea Signori

ResearchBlogging.org
L’umanità si divide in due categorie, entrambe in accordo con il Principio dell’Azione Stazionaria (guida sintetica ed essenziale a tutte le leggi dell’universo): quelli che scelgono l’azione minima (i pigri) e quelli che optano per l’azione massima (gli stakanovisti). La fisica ammette entrambi, mentre confina alla sola virtualità i semicazzeggiatori o i finti lavoratori. Ora, se tu fai parte dei pigri, rallegrati, mio lettore. Un gruppo di scienziati cinesi ha da poco sfornato un’idea che farebbe proprio al caso tuo: sfruttare la luce come un raggio traente.

Il raggio traente è realtà

Avevamo già parlato in un precedente articolo di come la luce imprima una spinta agli oggetti che colpisce. Ogni fotone trasferisce alla superficie illuminata un impulso inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica. Sfruttando questa spinta, è possibile muovere oggetti delle dimensioni del decimo di millimetro.

Adesso Jun Chen e Zhifang Lin, della Fudan University di Shanghai, e Jack Ng e C. T. Chan, della Hong Kong University of Science and Technology, in un articolo già disponibile come preprint su arXiv mostrano come sia possibile sfruttare l’interazione fra luce e materia per attirare gli oggetti illuminati. Un vero e proprio raggio traente, insomma. I pigri dovranno comunque attendere ancora prima di realizzare i propri sogni: l’effetto è verificato solo alla dimensione del millesimo di millimetro (cioè un nanometro).

Come funziona? Il trucco questa volta non sta nel carattere corpuscolare della luce, bensì in quello ondulatorio. Come onda elettromagnetica, nel bersaglio illuminato la luce induce correnti elettriche. Queste a propria volta si traducono in emissione di fotoni “secondari” da parte del materiale. Studiando forma del bersaglio, direzione e intensità dell’illuminazione, è possibile ottenere emissione di luce “secondaria” dall’oggetto nel verso opposto al raggio primario. Nel caso in cui le correnti indotte siano abbastanza intense, la spinta dei fotoni secondari vince quella della luce primaria e l’oggetto illuminato viene attratto.

Funziona, ed è il primo vero raggio attrattore. Infatti i suoi predecessori sono solo “trappole ottiche” mobili: combinazioni di fasci laser intrappolano particelle nel punto di intersezione. Spostando poi i fasci si riesce a muovere l’oggetto nella direzione voluta.

Come è facile immaginare, la realizzazione di questo dispositivo alla scala del metro avrebbe ricadute pratiche enormi: una dimostrazione convincente (come moltissime altre), per chi non l’avesse ancora capito, delle potenzialità della fotonica e dello studio dei nanomateriali.

Jun Chen, Jack Ng, Zhifang Lin, & C. T. Chan (2011). Backward Pulling Force from a Forward Propagating Beam arXiv arXiv: 1102.4905v1


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