Il rap futuristico e il pisello polifonico

Creato il 19 giugno 2014 da Signorponza @signorponza

Inverno mille novecento novanta e qualcosa, la radio passava incessantemente da mesi Californication dei Red Hot Chili Peppers, era passato orami più di un anno dalla mia prima grande delusione amorosa. Nei mesi successivi non ebbi nessun altra relazione, eccezion fatta per qualche pervertito trentacinquenne, rigorosamente sposato con figli, che cercava di tanto in tanto di benedirmi nei parcheggi sempre riuscendoci perché io da adolescente ero un po’ una ragazza facile.

La seconda liceo fu molto meno complicata del previsto, ormai il mio ego si stava vistosamente espandendo senza misura ed ero arrivato a ricoprire la carica di rappresentante di classe. Questo mi portò direttamente alla mia seconda grande e rovinosa storia d’amore: durante una riunione con tutti i rappresentanti di classe ci fu uno scontro diretto tra me e Claudio, uno dei rappresentanti d’istituto. Capivo metà di quello che diceva perché si mangiava le parole, “faceva” il rapper e le ragazze della mia scuola si trasformavano in lumache ogni volta che passava. Non era bello, ma forse quel fascino del lercione che si lava poco conquistava il gentil sesso. Lo odiavo e, ovviamente, avrei voluto mi facesse qualsiasi cosa. Litigavamo di continuo sul programma delle attività da inserire nell’autogestione perché io continuavo a dire che i corsi di cucina erano il futuro mentre lui si ostinava a voler portare a scuola barboni perché la strada è la vera maestra della vita. Poco prima di Natale, mentre cercavo di battere il mio personale record a Snake, mi arriva un SMS proprio da lui.

“Vieni alla festa hip-hop dell’ITIS, ti faccio vedere cosa significa veramente il nostro mondo. Risp.”

Non rimasi tanto sbalordito dal messaggio, me ne aveva mandati altri nei giorni precedenti per questioni scolastiche, ma ci fu un dettaglio che mi mise in ginocchio. RISP, lo mettevi solo quando esigevi una risposta, quando volevi far capire a qualcuno che era importante quello che gli stavi scrivendo, quando ci tenevi particolarmente a far sapere al destinatario che stavi parlando seriamente. Con tutta la menata del visualizza e non risponde che c’è ora con WhatsApp questa poesia andrebbe persa, perché l’SMS era sinonimo di garanzia, dovevi rispondere per forza. Mi venne subito il panico, io ad una festa piena di adolescenti omofobi ad ascoltare roba che mi faceva altamente ribrezzo? Perché chiedeva a me di andarci? Con il coraggio a due mani composi il messaggio che diede inizio alla nostra storia d’amore: OK.

La festa arrivò e con lei tutte le mie angosce del caso, grazie a Dio non eravamo soli ma l’ambiente era veramente una cosa fuori dalla mia portata: ragazzi con le facce piene di brufoli che si muovevano come scimmie ubriache mentre cercavano di mettere in rima anche i rutti. Capelli lunghi e sporchi in ogni dove, pantaloni larghi e e cavalli bassi a perdita d’occhio. Mi sembrava di stare all’inferno ma il coprifuoco mi avrebbe salvato perché alle undici devi essere a casa, tuonò mia madre prima di uscire. Io quella sera il suo mondo non lo compresi molto, ma il bello doveva ancora venire. Lo raccattai in una classe dove si faceva una dimostrazione di verso libero e gli dissi che me ne dovevo andare anche se ero arrivato da solo un’ora.

- “Ti accompagno fuori che mi fumo una paglia.”

Uscimmo a riveder le stelle e lui tirò fuori della roba da una delle mille tasche e comincio a fare su una canna. Io e la mia vaga innocenza eravamo completamente basiti, per me non esisteva che uno si mettesse a fare certe robe con me presente. Lui, che aveva già capito il genere di finocchio con il quale avesse a che fare, mi impose di spostarci sul lungo fiume anche se avremmo allungato un po’ la strada.

- “Ma è completamente fuori strada”

- “Ma andiamo a brasare, non ti va?”

- “No!”

- “Ho detto che andiamo.”

- “Va bene.”

Con un livello di donnamerdismo illegale lo seguii verso la boscaglia vicino al fiume. Comodamente appartati finii di comporre la sua sigaretta magica offrendomene un po’ circa quaranta volte e all’ennesimo declino si tirò fuori di colpo il pene accompagnandolo dalla romantica frase “fumati questo”. Non ricordo esattamente cosa mi porto istintivamente ad abbassarmi a meno dieci gradi in pieno inverno per fare un pompino ad uno che non mi stava neanche simpatico, fu forse il mio animo gentile o il preludio di remissività totale che ha poi contraddistinto tutta la mia vita sentimentale successiva, ma non feci storie. Trovai però una sorpresa, una cosa strana che non avevo mai visto: il suo pisello era già, come dire, sgusciato e io che avevo comunque pochissime esperienze non sapevo proprio come affrontare questa novità. Alzai la testa e chiesi spiegazioni con lo sguardo ma in quel momento mia madre e il suo tempismo perfetto stavano facendo suonare il mio Nokia 3310. Non risposi perché non mi sembrava il momento opportuno e mentre nella tasca continuava a suonare il cellulare mi interrogavo su dove fosse il pezzo che mancava a quel pisello. E siccome nella vita non bisogna dare per scontato niente glielo chiesi:

- “Ma perché è già fuori?”

- “Ho il pisello polifonico, come il tuo telefono.”


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