Come al solito la città di Napoli spacca in due l’opinione pubblica. Così se da un lato i giornali hanno preferito lucrare sulle dichiarazioni della “Signorina Mertens”, dall’altro c’è chi ha invece voluto sottolineare il fascino e la bellezza di questa città complessa, troppo difficile da raccontare eppure così maledettamente irresistibile. Perciò se da un lato i napoletani si sono svegliati con il solito clamore suscitato dal più bieco e pilotato giornalismo che vuole a tutti costi raccontare solo la Napoli deficitaria e criminale, dall’altro c’è stato chi ha voluto realizzare un viaggio lungo più di due ore alla scoperta di tutte le bellezze artistiche e culturali della città.
E allora mentre qualcuno spara i soliti titoloni farciti dagli intramontabili “Puzza di Monnezza” e “Camorra” altri provano a raccontare tutta quella Napoli spesso dimenticata e snobbata da chi, trova più semplice e forse più redditizio, giocare al massacro.
Chi non avesse avuto il piacere di guardare la puntata di Voyager andata in onda ieri sera su Rai2 farebbe bene a recuperare. Roberto Giacobbo ha realizzato una straordinaria puntata sulle principali bellezze e sui principali misteri della nostra città, mostrando finalmente al grande pubblico la faccia pulita di Napoli. Quella che, una volta guardata nella sua interezza, è capace di afferrarti e non lasciarti mai più. Quella Napoli sfaccettata e nascosta, da ricercare, da scoprire, da dissotterrare.
Dalla Napoli sotterranea all’Eruzione del Vesuvio. Dai culti esoterici alla personalità misteriosa ed oscura di Raimondo di Sangro. Dalla ricchezza della città al culto di San Gennaro. Insomma quella Napoli che per essere portata in Tv non deve per forza mostrare i suoi lati peggiori.
Esiste anche un giornalismo meno sensazionalisti che vuole dare dignità a Napoli piuttosto che toglierne, che vuole finalmente mettere in luce tutto quello che, solitamente, vuole essere nascosto. Non è un caso allora, potremmo dire, che il sangue di San Gennaro non si sia sciolto per ben tre volte: nel 1861, nel 1870 e nel 1931, ovvero ogni volta che un membro della famiglia Savoia fosse presente al prodigio, perché anche il nostro caro santo protettore sapeva bene che proprio quel Re (mai riconosciuto tale dai napoletani) avrebbe dato il via a quell’operazione di lenta e sottile denigrazione che ha portato, nel corso dei secoli, alla deprimente situazione attuale.
Dall’Unità d’Italia ad oggi la dinastia reale dei Savoia ha rafforzato quella tendenza discriminatoria verso un Regno per certi versi esemplare e all’avanguardia. Così Napoli (come tutto il Sud) da esempio di cultura, ricchezza e civiltà è diventata emblema di arretratezza, miseria e sottosviluppo. Ma c’è ancora chi, per fortuna, non si piega a simili meccanismi svelando “la grande bellezza” di una Napoli spesso sconosciuta perfino ai napoletani!