Particolari de La Primavera di Botticelli.
La mitologia ha convertito in eventi straordinari quei fenomeni fisici che in passato hanno determinato la formazione del mondo. Il ratto di Proserpina è un mito tra i più celebri della tradizione pagana siciliana: è una vicenda tramandata oralmente dal popolo, ripresa negli inni orfici, trascritta da molti autori della letteratura latina e ritratta in diverse e pregevoli opere d’arte come il gruppo scultoreo del Bernini. Racconta la leggenda che nelle vicinanze di Enna, venne Cerere a fecondare le terre, a portare la vita con la giocondità dei suoi doni.
Cerere, sorella di Giove, era venerata come la dea che aveva insegnato agli uomini a coltivare i campi e a renderli rigogliosi. Aveva una figlia incantevole di nome Proserpina, una fanciulla spensierata ed allegra, che soleva giocare con le compagne nei verdi prati alle falde dell’Etna. In quel tempo, biondeggiavano esuberanti le messi dei campi e tutti gli Dei discendevano dall’Olimpo per assistere alla festa della natura creata da Cerere.Un giorno Proserpina, in compagnia delle Oceanine e sotto lo sguardo materno, era intenta a cogliere i fiori del prato. Inavvertitamente si discostò dal gruppo, per prendere un bel narciso. Ecco all’improvviso davanti a lei aprirsi la terra e sbucare dal profondo Plutone sulla sua carrozza trainata da cavalli prorompenti.“Plutone, dio degli inferi, stanco delle tenebre del suo regno, decise un giorno di affiorare alla luce e vedere un po’ di questo mondo….Dopo un lungo e faticoso cammino emerse infine su una pianura bellissima, posta a mezza costa del monte Enna. Era Pergusa, dal lago ceruleo, alimentato da ruscelli armoniosi e illeggiadriti da fiori di tante varietà che mischiando i profumi creavano soavi odori e così intensi da inebriare….Ad un tratto, volgendo lo sguardo, scorse in un prato un gruppo di fanciulle che coglievano fiori con movenze leggere, fiori tra i fiori“
Dal racconto del celebre poeta Claudiano, Plutone, re degli inferi, deciso a visitare la terra, emerse nei pressi di Enna, sui Monti Erei nel centro della Sicilia, e scorse Proserpina tra le tante fanciulle intente a cogliere fiori sulle rive del lago di Pergusa.
“[Plutone] si precipitò verso di lei [Proserpina], che, scortolo, così nero e gigantesco, con quegli occhi di fuoco e le mani protese ad artigliarla, fu colta dal terrore e fuggì leggera assieme alle compagne….Il dio dell’Ade, in due falcate le fu addosso e l’abbracciò voracemente e via col dolce peso; la pose sul cocchio, invano ostacolato da una giovinetta, Ciane, compagna di Proserpina, che tentò di fermare i cavalli, ché il dio infuriato la trasformò in fonte. Ancora oggi Ciane, con i suoi papiri, porta le sue limpide acque a Siracusa”
Cerere fu disperata alla notizia della scomparsa della figlia.
“Dopo nove giorni e nove notti insonni di dolore, decise di rivolgersi a Giove per impetrarlo di farle riavere la figlia; ma Giove nicchiava (come poteva tradire suo fratello Plutone?). Allora Cerere, folle di dolore, decise di provocare una grande siccità in tutta l’isola. E dopo la siccità venne la carestia e gli uomini e le bestie morivano in grande quantità. Non valevano invocazioni e scongiuri alla dea, che era irremovibile. Giove inviò Mercurio da Plutone per imporgli di restituire Proserpina alla madre. A Plutone non restò che obbedire. Però, prima di farla partire, fece mangiare alla sua amata dei chicchi di melograno “
La verità le fu palesata da Elios, il dio Sole, che tutto vede e tutto ascolta, rivelo’ a Cerere lo svolgimento dei fatti e il consenso di Giove. Distrutta dal dolore e dal tradimento del fratello, decise di ritirarsi, appartandosi dall’Olimpo, immersa nel tormento dell’animo e risentita contro tutti gli Dei: senza le cure della Madre terra, cessò dunque la fertilità dei campi e vennero i tempi della carestia e della morte. Giove vedendo la fame sterminare intere popolazioni, mandò in più riprese messi ad ammansire Cerere, la quale rispondeva che sarebbe tornata alle cure della terra, solo dopo avere riottenuto in vita Proserpina. Così intervenne Giove: inviò Mercurio da Plutone per chiedere che Proserpina fosse liberata. Il re degli inferi accettò solo a condizione che la fanciulla non avesse mai toccato cibo in tutto il periodo della sua permanenza. Proserpina affermò che, sapendo che il cibo offertole ogni giorno era quello dei morti, dall’amaro sapore di cenere, lo aveva sempre rifiutato: così Mercurio la portò via da lì e la ricondusse alla madre .
Non appena Cerere poté riabbracciare la figlia, il mondo rinacque: l’inverno scomparve e lasciò posto alla primavera. Ma Proserpina aveva ormai perso la sua verginità, gustando sei chicci di melograno, simbolo d’amore, che Plutone le aveva donato. Era dunque a tutti gli effetti sua sposa, e, pertanto, Plutone ne pretese il ritorno. Avendo Cerere minacciato che, se la figlia le fosse stata di nuovo tolta, avrebbe reso la terra sterile, Giove giunse ad un compromesso: Proserpina per sei mesi sarebbe stata con la madre e per gli altri sei al fianco del suo sposo.Cerere non si arrese del tutto: quando la figlia scendeva agli inferi, gli alberi si spogliavano e tutta la terra diveniva brulla e fredda; al suo ritorno sulla terra era di nuovo tutto un germogliare e un tripudio di colori .
La leggenda quindi vuole che Proserpina risalga alla superficie della terra, per ricoprire di fiori tutta l’Isola e portarvi il soffio creatore dell’abbondanza (il famoso profumo di primavera). Poi scompare all’apparire dei freddi invernali, per rinascere, insieme alla vegetazione, con la primavera successiva.
Curiosità.
Proserpina è la versione romana della dea greca Persefone o Kore. Il nome potrebbe derivare dalla parola latina proserpere (“emergere”) a significare la crescita del grano.
E, se volete leggere un’interessante interpretazione del gruppo del Bernini attraverso gli haiku, seguite il link qui.
http://it.wikipedia.org/wiki/Proserpina
http://www.entasis.it/grandtour/cerere_1.htm