«Appare subito evidente, del resto, che il razionalismo è la morte del privilegio. La riflessione autenticamente nobile si rassegna a questa morte, così come il guerriero autenticamente nobile si rassegna a morire sul campo di battaglia. La nobiltà non può pensarsi e restare nobile senza distruggersi in quanto casta. E siccome la rivoluzione costringe la nobiltà a pensarsi, l'unica scelta che le rimane è quella del suo decesso. La nobiltà può morire nobilmente, compiendo l'unico gesto politico degno di lei, quello che pone fine alla sua esistenza privilegiata»¹.Ecco, se Monti, dopo quei tristi addendi della sommatoria, riuscirà a porre fine all'esistenza privilegiata (non all'esistenza in quanto tale, non desidero ghigliottine) dei cosiddetti e da lui elogiati nobili d'Italia², allora avrà il mio plauso (non solo il mio) fugando tutti i sospetti che accompagnano la sua azione di governo. La vera nobiltà è quella che si autodistrugge nel momento in cui s'accorge di parassitare la ragione. Che gli italiani, presi nel loro complesso, abbiano er core poco nobile è cosa risaputa; singolarmente qualche nobile eccezione nei secoli si verifica. Che fosse anche Monti un'eccezione? Ci credo poco, tutto qui (sono quasi convinto che Olympe abbia ragione su tutta la linea), ma spero di ricredermi.
¹René Girard, Menzogna romantica e verità romanzesca, Bompiani, Milano 1965 (l'Autore sta parlando qui de Le Rouge et le Noir di Stendhal. Spero sia evidente la mia arbitraria estrapolazione dal testo).²Ma Monti non sa (non vuole o non può?) citarne uno per nome per portare come esempio di merito, dato che quasi tutti, in Italia, sono ricchi per censo o per ladrocinio.
P.S.Questo post è una quasi-risposta a questo post.