Particolare dell'altare
Continua il viaggio nel regno della bellezza, trovate tutti i post dedicati a questo argomento seguendo l'etichetta #arte greca antica. Vi parlo oggi di una svolta molto importante per tutta l'arte occidentale.L'arte greca subì un grande mutamento nel periodo ellenistico: di tale mutamento troviamo tracce nelle opere più famose dell'epoca. Una di queste è un altare della città di Pergamo, eretto intorno al 160 a. C. L'altare fu realizzato in marmo asiatico su un'area di m 36,44 × 34,20; su cinque gradini si eleva uno zoccolo potente dove, fra un'alta base sagomata e un cornicione fortemente sporgente sta la fascia ad alto rilievo con scene della gigantomachia. Lo zoccolo forma due spalle racchiudenti una scalinata di 20 m di fronte la quale conduce ad un cortile pavimentato. Sopra lo zoccolo e davanti alla scalinata sta un colonnato ionico con un muro di fondo ornato da un fregio continuo in cui sono raffigurate le scene della vita di Telefo, l'eroe fondatore di Pergamo.Il fregio fu costruito dopo lo zoccolo perché fu lavorato sul posto e probabilmente anche dopo il podio. La costruzione dell'altare non fu ultimata secondo il progetto originario perché non fu innalzato il colonnato interno del cortile, del quale si erano già preparati alcuni elementi architettonici, poi reimpiegati nel palazzo di Attalo II.
La scultura-architettura rappresenta la lotta tra gli dei e i titani. E' un'opera magnifica, ma vi cercheremo invano l'armonia e la raffinatezza della scultura greca precedente di cui già vi ho detto. E' qui evidente che l'artista si proponeva di raggiungere effetti fortemente drammatici. La battaglia infuria terribile e violenta. I goffi titani vengono sopraffatti dagli dei trionfanti, e il loro sguardo esprime tutto il tormento dell'agonia. La scena è movimentatissima e svolazzante di drappeggi. E perchè l'effetto fosse più intenso non si tratta più di un bassorilievo di scarso aggetto sulla parete, ma di un altorilievo con figure cioè quasi a tutto tondo che nella loro lotta sembrano invadere i gradini dell'altare, quasi incuranti del luogo che le ospita.
La decorazione marmorea dell'altare fu rinvenuta frammentaria, murata in gran parte nelle fortificazioni bizantine. La ricomposizione del fregio della gigantomachia si deve a O. Puchstein e a R. Bohn che furono aiutati dagli scultori italiani Freres e Possenti. Essa fu resa possibile dal fatto che le lastre del fregio della gigantomachia erano numerate con cifre accoppiate, di cui una d'indice e l'altra di catena. Al di sotto del fregio sulla base erano iscritti i nomi dei giganti e quelli degli artisti; sulla cornice al di sopra del fregio i nomi degli dèi. Anche questi elementi resero possibile la ricostruzione che nel complesso è ben riuscita.
L'altare di Pergamo è ricordato da Ampellio (c. 14) e forse è da riconoscerlo nel "Trono di Satana" dell'Apocalisse di S. Giovanni (2, 113).
L'arte ellenistica amava opere veementi e violente: voleva impressionare e ci riusciva in pieno!
Fonti: La storia dell'arte, E.H. Gombrich, Phaidon, 2008
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