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Il Requiem di Mozart

Da Paolo Statuti
Wolfgang Amadeus Mozart (ritratto eseguito da Paolo Statuti)

Wolfgang Amadeus Mozart (ritratto eseguito da Paolo Statuti)

   Dal volume „Feuilleton musicali” del pubblicista e critico musicale polacco Karol Stromenger (1885-1972) ho tradotto questo testo per i miei amici melomani.

 

Il Requiem di Mozart

   E’ il 1791, anno della morte di Mozart, l’inizio della leggenda della sua ultima composizione – il Requiem. In quello stesso anno erano nate molte altre straordinarie creazioni: due opere liriche, l’ultimo concerto per pianoforte, il Concerto per clarinetto, numerose composizioni di circostanza, come: canti, cori massonici, danze scritte d’ufficio per i balli di corte, e perfino pezzi per una specie di organetto chiamato orgelwalze – segno che il compositore era sempre a corto di contanti. Tuttavia nella sua situazione finanziaria, anche se disastrosa, si prospettava ora un miglioramento. Continuava il grande successo dell’ultima opera Il flauto magico – forse finalmente egli avrebbe smesso di dibattersi nei debiti e nelle scadenze dei pagamenti. Le sue facoltà mentali non vengono meno neanche per un attimo, e saranno attive fino all’istante della morte.

   Fino a quel momento le difficoltà esistenziali non avevano influito direttamente sulla creazione di Mozart. Nei periodi di maggiore inquietudine e di disastro finanziario, erano nate opere classicamente equilibrate, come le ultime tre sinfonie, sorprendenti per ricchezza artistica e perfezione formale. Vita e opere sembravano seguire binari diversi, che si incontrano ora al cospetto della morte – il Requiem è appunto la summa vitae del moribondo.

   L’organismo di Mozart, strapazzato per molti anni, non regge più. Davanti al compositore spaventato dall’approssimarsi della morte, si apre il vuoto, ma egli lo colmerà con la sua passione infusa nel Requiem. Di nuovo il lavoro assorbe le forze del morente, e la sua ultima creazione – “il più bel canto funebre”, resterà l’incompiuto poema della morte. Dove finisce la parte autentica, e dove iniziano le aggiunte effettuate da una mano diversa? Qui si apre un terreno di appassionate discussioni: quali parti del Requiem sono di Mozart, e quali sono completate da F. X. Süssmayer? La leggenda accompagna le dispute. Non si sa quanto ci sia di vero in alcuni particolari relativi alla nascita dell’opera, ma non si possono ignorare nemmeno gli incerti dati biografici, bisogna prenderli in considerazione, anche se a volte ci siano dubbi sulla loro veridicità.

   Nell’estate del 1791, quando Mozart era impegnato nella composizione del Flauto magico, riceve la visita di un misterioso personaggio. Vestito di grigio, magro – consegna una lettera nella quale gli si chiede se accetta di scrivere una messa funebre, e in quanto tempo potrebbe terminarla. Si chiede anche di precisare il suo onorario. Mozart stabilisce un compenso di 50 ducati, senza fissare una precisa data di consegna. Alcuni giorni dopo il misterioso messaggero appare di nuovo, paga la somma richiesta dal compositore e promette anche di versare una somma uguale al momento della consegna del lavoro. Al tempo stesso prega Mozart di non cercare di scoprire il nome del committente. Il sensibile compositore doveva essere affascinato dalla misteriosità della commissione, doveva considerare il “grigio messaggero” come un inviato della morte, e dirà poco dopo – di scrivere il Requiem “per se stesso”. Questa affermazione poteva significare che scriveva l’opera per un proprio impulso creativo, e non soltanto perché gli era stata richiesta.

   Già da alcuni anni non aveva composto grandi opere sacre. Adesso provava un “vago desiderio”. Poco tempo prima aveva scritto un breve poetico canto-preghiera: l’Ave verum. Non era un ritorno alla religiosità, perché il rapporto di Mozart con la religione, alla quale peraltro era stato diligentemente educato, col tempo era divenuto piuttosto una questione di estetica, e la sua fede “si era smarrita nella vita e nel mondo” – come egli stesso ebbe a dire. Mozart avverte gli stati d’animo religiosi più come artista, che come credente. Conosce lo stile sacro meglio di Haydn – cattolico praticante, che tuttavia nelle composizioni sacre non si esprime al massimo della sua creatività.

   Mozart infonde nella messa funebre la sacralità e il misticismo del testo. Sulla sua drammatica immaginazione agisce la medioevale poesia del “dies irae”, il testo liturgico si intreccia con la sua personale paura della morte, la tradizione religiosa – con la sua propria esperienza di vita. E’ possibile che non sapesse e che non cercasse di sapere da dove fosse arrivata la commissione del Requiem, ma essa giungeva così a proposito, in quel particolare momento della sua vita! Mai nessun teatro, nessuna corte gli avevano affidato un compito di tanta attualità.

   La vita fugge. Nell’estate non c’è tempo di scrivere il Requiem. Gli stati cechi hanno ordinato a Mozart un’opera lirica per celebrare l’incoronazione dell’imperatore Leopoldo a Praga. Questa ordinazione, malignamente ritardata dalla cancelleria della corte viennese, arrivò all’ultimo momento e l’opera La clemenza di Tito dovette essere scritta in appena diciotto giorni. In essa sono evidenti i segni della fretta, malgrado l’aiuto dell’allievo di Mozart, F. Süssmayer. Al ritorno da Praga Mozart si dedicò subito al Requiem. Lavorava con passione, ma era depresso. Era tormentato dalla creazione e completamente immerso in essa, finché non perse le forze e bisognò metterlo a letto. Nella seconda metà di novembre le sue condizioni di salute peggiorarono al punto di dire a Costanza: “…devo morire proprio adesso, che potrei cominciare a vivere tranquillamente”. Le persone che assistono Mozart vedono che il lavoro sul Requiem lo sfinisce e quindi gli tolgono la partitura, ma ciò non fa che accrescere la sua inquietudine. Fornisce indicazioni a Süssmayer su come e cosa terminare nel Requiem, dove manca qualcosa, dove l’abbozzo richiede una elaborazione.

   Intanto di giorno in giorno si consolida il successo del Flauto magico, il teatro incassa una somma cospicua, ma il compositore non riceve niente, non può reclamare il suo compenso. Già da alcuni giorni è inchiodato a letto. Il 4 dicembre chiede di portargli la partitura del Requiem, per continuare a scrivere. Erano presenti  amici e musicisti – cantarono le parti già pronte dell’opera. Cantarono fino a Lacrimosa dies illa – parole in quel momento terribilmente simboliche. Il giorno seguente Mozart muore.

   In breve si chiarisce l’enigma della commissione del Requiem. Il “messaggero della morte” vestito di grigio era l’economo del conte Welsegg. Nella sua corte nei pressi di Vienna egli disponeva di una piccola orchestra e, per onorare la memoria della defunta moglie, voleva eseguire una messa funebre. Amava passare per musicista. Non di rado chiedeva ai suoi conoscenti compositori di dargli una copia dei manoscritti e a volte aggiungeva ad essa la scritta: “composizione del conte Welsegg”.  Praticava questi plagi soltanto in forma privata, per una sciocca vanità, del resto abbastanza innocua. Non volendo, ebbe il merito imperituro di aver commissionato il Requiem a Mozart. Non fu il geniale ispiratore, ma piuttosto lo strumento del caso, un po’ come la mela che, cadendo dall’albero, suggerì a Newton l’idea della gravitazione universale.

   Costanza voleva portare a termine la composizione. Dopo lunghe esitazioni e tentativi affidò il lavoro a Süssmayer, il quale svolse abilmente il difficile incarico, con tatto e con il dovuto rispetto per il maestro, secondo le sue indicazioni scritte e orali. Il conte ricevette la partitura, nella quale erano scritti da Mozart l’Introitus (“Requiem aeternam”) e il Kyrie eleison. A cominciare dal Dies irae la partitura era scritta da Süssmayer, la cui calligrafia era così straordinariamente simile a quella di Mozart, che l’intero manoscritto consegnato poteva sembrare l’opera autentica di quest’ultimo.

   Süssmayer affermò che le parti finali: Sanctus, Benedictus e Agnus Dei – erano state composte interamente da lui – ciò che oggi si ritiene conforme al vero. Ma le parti precedenti, cioè il Dies irae e l’ Hostias furono una elaborazione di un abbozzo di Mozart, in cui erano indicate le voci dei cantanti, gli interludi orchestrali, ed era sempre segnato il sostegno armonico (basso cifrato). Le parti di questo abbozzo nascevano non secondo l’ordine prescritto per la messa funebre, con ciò si spiega il fatto che Lacrimosa è l’ultima parte tracciata da Mozart – il suo manoscritto si interrompe proprio a metà di questa parte.

   La controversia sulla autenticità del Requiem non sarà mai del tutto risolta, perché oltre al rammentato abbozzo della partitura, esistevano anche appunti con la note, che – a detta di Costanza – Mozart consegnava a Süssmayer. Naturalmente esistevano importanti indicazioni orali. Né la grafologia, né la “critica dello stile” risolveranno l’enigma della paternità. Süssmayer era un compositore ottimamente istruito dal suo maestro, e i tratti mozartiani nel Benedictus e nell’Agnus Dei si possono spiegare o prosaicamente: in quanto l’allievo accolse le indicazioni scritte da Mozart, o misticamente: in quanto inserito nella particolare atmosfera di un’opera non sua. Solo la parte finale è una ripetizione delle iniziali Introitus e Kyrie, con parole diverse.

   Il Requiem di Mozart fu eseguito per la prima volta a Vienna nel 1792, con la partitura ancora una volta redatta da Süssmayer, come “autentica” opera di Mozart. Il promotore, il conte Walsegg, da quel momento scompare nell’ombra della storia, e l’opera quale “testamento musicale di Mozart”, ammirata come la sua ultima grande composizione, resta a documentare l’ispirazione e l’arte del geniale musicista.

   L’arte qui si rifà alla tradizione, a volte arcaizzando, ad esempio nel Rex tremendae majestatis, dove l’influenza di Haendel è evidente. Al tempo stesso tende al futuro – anticipando l’armonizzazione del romanticismo. Grazia raffaellesca – ma con profonde ombre! Fascino della scuola napoletana, e accanto ad essi il contrappunto protestante  nella sublimazione cattolica. Un mosaico di stili, una varietà di afflussi della tradizione – eppure il Requiem è un’opera di una omogeneità assoluta, è il commovente dialogo di Mozart con la morte.

 

(C) by Paolo Statuti

 



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