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Il richiamo del lettore nelle Notti Bianche di Dostoewskij

Creato il 31 maggio 2013 da Pamelaserafino

“Era una notte incantevole, una di quelle notti come ci possono capitare solo quando siamo giovani, caro lettore. Il cielo era un cielo così stellato, così luminoso che, guardandolo, non si poteva fare a meno di chiedersi: è mai possibile che esistano sotto un simile cielo persone irritate e capricciose? Questa pure è una domanda giovane, caro lettore, molto giovane, ma che il Signore la mandi più spesso alla vostra anima!” ( tratto da Le notti bianche di F. Dostoevskij ed. Newton e Compton).
L’idea di chiamare direttamente in causa il lettore nella narrazione, crea maggiore coinvolgimento in colui che legge, questo richiamo inatteso, genera, infatti, una specie di stato di allerta, che ridesta quasi, da quel momento di isolamento in cui si immerge chi legge. Il personaggio in questione, il sognatore delle Notti bianche, presenta poi una caratteristica che amplia l’effetto dell’espediente usato, egli è una persona estremamente sola, che non comunica con nessuno, la sola forma di comunicazione che sembra stabilire è con i palazzi e le strade di Pietroburgo. Per quale ragione quest’uomo che non ha amici e neppure conoscenze sente il bisogno di raccontare la sua storia e di farlo in maniera così diretta? Come se cercasse di mantenere un contatto costante con l’interlocutore?
La sua natura stessa sembra richiederlo, il sogno inteso come stato di apparente esistenza, pretende da qualcun altro la conferma di esistere. Quando anche l’unica creatura, Nasten’ka , con cui riesce a stabilire un rapporto umano autentico, lo abbandona al sognatore non resta altro che la narrazione come l’unico modo di rendere ancora una volta qualcun altro partecipe della sua misera vita.


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