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Il richiamo della Chioma: diario privato su Berenice.

Creato il 17 ottobre 2014 da Lilianaadamo
Il richiamo della Chioma: diario privato su Berenice.

Non c'è nulla a Berenice che possa attrarre il turismo di massa, quello che, warning o no, si riversa sulla costa occidentale del Mar Rosso o lungo la meravigliosa penisola del Sinai. Non ci sono grandi catene alberghiere (soltanto tre - piccoli - resort con annessi diving, qualche residenza di lusso, un eco-lodge), né locali e bazar, tanto meno ristoranti e discoteche. Non c'è un aeroporto internazionale. Lasciando Marsa Alam t'imbarchi su un pulmino malconcio, sprovvisto anche d'acqua per i viaggiatori e nei duecento chilometri di strada, i militari del check point segnalano il tuo arrivo a quelli che sono avanti, finché non giungi a destinazione.

"...Sede di una base militare e navale egiziana, con un piccolo aeroporto, solo fino a pochi anni fa era interdetta ai turisti. Le due ore di strada da Marsa Alam sono un viaggio nel tempo, come se la sabbia e non l'uomo di fosse ripresa tutto. Non c'è traccia della Berenice di Belzoni, del tempio di Serapide e delle necropoli che aveva scoperto. Solo spiagge cristalline, mangrovie, fondali vergini, baie incontaminate. Deserto e mare. L'Egitto di Sharm el-Sheik, Hurgada e della stessa Marsa Alam è davvero lontano...Il passato glorioso è solo nei testi antichi, dove un'inconsueta vitalità la fa comparire con innumerevoli nomi. Infine non Pancrisia, la città d'oro in Sudan, o Cirenaica in Libia, ma, una e unica, Berenice Trogloditica: fondata sulla più antica Hemtithit intorno al 275 a.c. da Tolomeo Filadelfo che regnò in Egitto tra il 285 e il 247 a.C., col nome della madre, Berenice I. Alle spalle c'è il deserto orientale fatto di rilievi montuosi spesso impervi ma frequentati, come testimoniano migliaia d'iscrizioni semitiche preislamiche, in epoca faraonica e romana perché ricchi di oro, smeraldi e minerali rari...".

Non c'è nulla, ripeto, al di fuori del deserto e mare, ma è proprio da questo "vuoto" che si cela tanta bellezza. Se considero il pieno oberato della nostra sconnessa esistenza, oppressi da gadget tecnologici e tivù, d'assilli e ansie quotidiane, disorientati da un surplus d'informazioni e disgrazie globali, in ultima analisi, dal caos postmoderno, il vuoto quieto che regna incontrastato in quest'oasi strappata al mondo civilizzato, la rende ai miei sensi una sorta di " Thule " nordafricana. Al posto del caos sbraitato che lasci alle spalle, via via che recuperi i check point, sembra ricomporsi, intorno a te, un ordine intimo e gioioso.

Se, nel mito di Thule, l'iconografia indica un mostro degli abissi, una balena e un'orca, così Berenice è dominata dai suoi straordinari fondali, fauna marina e delfini. Come Thule, l'isola di fuoco e ghiaccio, collocata dall'esploratore greco Pitea in un punto indefinito nell'Atlantico, Berenice, che precede la linea intangibile del tropico del Cancro, si presenta ai miei occhi come una landa bruciata dal sole, di palme, acacie, mangrovie, sabbia e rocce, tra le ultime (incontaminate) spiagge del Mar Rosso e il deserto sterminato che si spinge fino al Sudan (annunciando la savana) e a Shalateen, ultimo avamposto dell'Egitto, cruento mercato di cammelli, che ostinatamente mi rifiuto di visitare.

Nel tempo scandito da maree e fasi lunari, attraverso la luce abbagliante e i suoi colori, Berenice sembra sprigionare un magnetismo onirico, ma sono i suoni che s'imprimono dentro. Quando la risacca è regolare, ti accompagna fino all'alba cogliendo il ritmo delle onde nella tua camera, se hai la fortuna d'averne una (molto vintage) a ridosso della spiaggia. Invece, se t'imbatti in giornate di burrasca, le raffiche diventano assordanti, gonfiano le tende, le onde si alzano e sembrano vogliano strapparti dal letto. Lo stridio dei gabbiani diventa irreale come in una vecchia marineria (mentre i nostri gabbiani sono ormai soggetti a mutazione genetica, costretti a nutrirsi d'immondizie nelle discariche cittadine), confondendosi con la voce dolente del muezzin, nel momento in cui, concluso il tramonto, ti sei persa in una lunga, solitaria passeggiata sulla battigia, fra dune e mangrovie, in compagnia di una ridondante quanto inutile macchina fotografica. Nel villaggio di Hamata, da una scuola istituita sei anni fa, i piccoli, per lo più beduini, fanno schiamazzo mentre escono a frotte su un cortile bianco e assolato. Su tutto, il suono del vento, incessante.

E poi c'è questo libro, " La Chioma di Berenice", che ho voluto mettere in valigia. Per un motivo ben preciso: a casa, in Italia, non riuscivo a leggerlo. Opera dello scrittore/matematico algerino Denis Guedj, l'ambientazione è nell'Alessandria dei Tolomei, dove comincia fra le più ardite avventure scientifiche della storia, realizzata da Eratostene, astronomo, matematico e geografo, la misurazione della circonferenza terrestre..., ma senza riuscire a decifrarne il discorso e l'azione, il testo mi appariva sfuggente e, nonostante tutto, andavo avanti in una lettura scollegata, coartando l'esercizio tra noia e frustrazione.

Niente di più semplice di uno gnomone! Una semplice asta verticale piantata nel terreno; un uomo in piedi, una torre, un obelisco e il Faro sono altrettanti gnomoni. Riferendosi al luogo in cui si ergeva la costruzione, il capomastro, incuriosito, chiese se si trattasse di una statua in onore di una Musa. "Non di una Musa, ma del Sole", rispose Eratostene. "O piuttosto del suo contrario." "Della notte?" chiesero i muratori stupiti, con un cenno del capo Eratostene li disilluse. "Che cosa genera il Sole?" domandò enigmatico. "Luce", rispose uno "Calore", fece un altro "Sudore", rispose un terzo, sollevando le braccia perché tutti constatassero quanto gocciolassero le sue ascelle. "No, no, non ci siamo. Il sole genera ombra!"... ...Si fermò, sentendo che non sarebbe stato capace di spiegar loro cosa fossero i tropici e i solstizi...

Complici il silenzio e la tranquillità o quelle costellazioni portatrici di storie e miti tramandati da secoli, finalmente "La Chioma di Berenice" di Guedj mi appare in tutta la sua chiarezza e senza mai mancare all'incontro serale con il mio libro ho cercato con lo sguardo quell'insieme di stelle introdotto dal mitografo greco Conone in onore di Berenice II d'Egitto, moglie di Tolomeo III, nel cielo del sud, vicino l'Orsa Maggiore, non senza difficoltà.

Una stella, "Comae Berenices", o "Diadema" è più luminosa del sole. Ma ci sono ventisette anni luce di distanza che mi separano dalla "Chioma", mentre il nostro sole è qui, dietro l'angolo! Tra le curiosità galattiche c'è da annotare che ancora più lontano, ma sempre in direzione delle tre stelle della Chioma, splende Black Eye, un potente cumulo cosmico, frutto di uno scontro tra due galassie, che forma un'incredibile, evanescente spirale di luce. [...] Chi scrutò nell'immenso firmamento e apprese delle stelle, delle albi, dei tramonti e come il fiammeggiante lume del sole si scuri e in tempi fissi le costellazioni vengano meno quel Conone nel chiarore celeste vide me una ciocca recisa dalla chioma di Berenice [...].

Astronomia e biologia marina: fra i misteri di Berenice (il cui vero nome è Port Berenice), distante dalla costa quasi quanto la galassia del Black Eye, c'è Zabargard, l'Isola Rossa, ultimo lembo di roccia in territorio egiziano. Protetta dal governo per la sua straordinaria biodiversità, selvaggia e disabitata, Zabargard è per me una leggenda. Non so come e quando riuscirò a vederla, ma ho appreso che qualcuno nel resort dove sono alloggiata, l'ha raggiunta dopo ore, ore e ore di navigazione con un mare solitamente mosso, affermando di barriere coralline in ogni caso, sbalorditive, di una fauna marina singolare.

Sono più di quarantasette i punti d'immersione a Berenice: facile incrociare delfini, tartarughe, squali martello, squali di barriera, murene, pesci pagliaccio, pesci napoleone, pesci palla, enormi barracuda (oh, ma l'elenco sarebbe lungo); tutti i segreti del mare sono qui, a portata anche di un semplice snorkeling!

A sud, nel Saint John's Reef si trova il corallo nero, altri siti di grande interesse sono Blumen, Maksour, Abu Galawa. A quaranta miglia dalla costa, ti troverai nel solitario Dedalus Reef ma puoi continuare nell'esteso sistema corallino di Fury Shoal con decine di reef d'ogni grandezza, mentre l'area di Zabargard - il nostro House Reef - è proprio davanti alla mia prediletta "caserma", eufemisticamente, il mio resort! A Ras Banas la conformazione morfologica dei fondali crea piscine naturali, ricche di pesci che le utilizzano come nursery e coralli. T'invito a guardare le foto, qui, i colori del mare diventano iridescenti e screziati, le trasparenze assolute, nuotarvi è un'esperienza sublime! Ma sii gentile a muoverti con le pinne, per favore. Non toccare nulla, non disturbare i loro abitanti.

Intrepida prova, se sei un abile nuotatore e non vai in panico per le correnti, è quello di tuffarsi dal pontile, spostandoti a destra e snorkelando nei punti d'immersione più belli - veri e propri labirinti di coralli ciclopici, coloratissimi e intatti. Spingersi fino alle mangrovie (dove dimorano il falco pellegrino e l'aquila di mare) e raggiungere il resort...a piedi, percorrendo la lunga spiaggia (se il sole non ti uccide prima, ma, una volta arrivati, il chiosco degli abbeveraggi è a sinistra, verso il diving...).

Se invece decidi d'abbandonarti alla solitudine infinita del deserto orientale, sappi che, in un'altra vita dovevo essere una beduina, perché se c'è un luogo al mondo (oltre alle profondità marine), dove arrivo a sentirmi completamente a mio agio, è in questa distesa di rocce policrome e canyon, laddove si avvistano gazzelle e dromedari ancora allo stato brado.

Lasciati il litorale e le dune del Gebel Elma, la riserva naturale del Wadi Gimal è un intreccio di habitat diversi, ecosistema terrestre unico e caratteristico sulla costa del Mar Rosso, percorsa dai pastori nomadi Ababd, uno sparuto gruppo dei Beja (Maria e Issam, siete Ababd?).

Partendo dall'antica Coptos (attuale Quena, nei pressi di Luxor), a Berenice si completava la via carovaniera dei dodici giorni, attraversando il deserto in diagonale per portare merci e cammelli ad Alessandria, alla costa araba, fino alle antiche Indie. Ora, seppur per un breve tratto, questa via l'abbiamo solcata in tre, su quod nuovissimi, maneggevoli e veloci. Oh, il divertimento! Da soli, nel vento e nella sabbia, fra alberi d'acacie, canyon formati da coralli preistorici (" qui arrivava il mare, fin qui", dice Omar...) e pietre preziose che non ci sono più. "Guarda!". E su e giù per dune scolpite dall'aria, turbinando su se stesso come una trottola, flettendo il mezzo su due ruote, una ruota...fermo Omar, sei matto? Devi riportarmi indietro mentre cala il sole e comincia l'imbrunire. "Oh, adesso attenti, prego, non avere paura...Loro mi conoscono". Loro chi? E mi aspetto da lì a poco a poco, trovarmi dinanzi un gruppuscolo di jihadisti armati, invece sono i dingo, insomma, forse i dingo in Egitto non esistono, ma a me sembrano tali, i dingo che sbucano da non so dove e cominciano a rincorrerlo e lui accelera all'impazzata, eclissandosi in una nuvola di polvere, fra risate generali.


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