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Il Riformista a un passo dal baratro. Ma spunta il “giallo Angelucci”: scrittura privata mai onorata

Da Kobayashi @K0bayashi

Quello che era ormai nell’aria da tempo si è trasformato quasi in realtà. Al netto di improbabili (ma non impossibili, naturalmente) novità dell’ultima ora, infatti, Il Riformista diretto da Emanuele Macaluso annuncerà domani la sua messa in liquidazione nel corso dell’assemblea dei soci della cooperativa editoriale convocata proprio per discutere dell’avvio della procedura.

I nuovi fondi per l’editoria (al di là delle incertezze sui tempi effettivi di erogazione dei contributi, che dovrebbero essere dissipate in uno dei prossimi consigli dei ministri) non sarebbero sufficienti a garantire la sopravvivenza del giornale, tanto che il direttore avrebbe escluso anche la possibilità di far proseguire l’attività del quotidiano soltanto online.

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Mistero anche sul patto di solidarietà sottoscritto lo scorso dicembre e che, in teoria, avrebbe dovuto consentire al giornale di andare avanti per altri 12 mesi grazie a scrupolose verifiche trimestrali dei conti della testata. Invece, dopo soli 3 mesi, la situazione sembra già definitivamente compromessa.

Il comitato di redazione della testata bianco-arancione, fondata nell’autunno del 2002 su iniziativa dell’allora consigliere politico di Massimo D’Alema Claudio Velardi, non ha però intenzione di gettare la spugna proprio a dieci anni dalla fondazione. “Questa chiusura si configura come un blitz padronale che neanche Marchionne – ha denunciato il membro del cdr Alessandro De Angelis – chiediamo che venga rinviata l’assemblea dei soci, che si riapra il tavolo e si cerchi ogni strada percorribile. Intanto si faccia chiarezza, perché occorre evitare una prassi che se fosse stata portata avanti da un padrone di centrodestra avremmo chiamato serrata. Fatta da chi viene dal Pci getta un’ombra inquietante su questa storia”.

Nella vicenda, nelle ultime ore, è comparso anche un piccolo “giallo”: secondo il comitato di redazione, infatti, in una delle ultime assemblee lo stesso Macaluso avrebbe informato i giornalisti sull’esistenza di una scrittura privata con la famiglia Angelucci (fino a un paio d’anni fa proprietaria della testata) in base alla quale questi ultimi si sarebbero impegnati – ma finora, evidentemente, soltanto a parole – a colmare l’eventuale divario tra la raccolta pubblicitaria presunta e quella realmente portata a casa.

Stante la situazione, molto vicina al baratro, a questo punto vale tutto. Per questo l’appello dei lavoratori del Riformista è davvero a 360°. La prima a essere chiamata in causa, però, è la politica: i giornalisti si sono infatti rivolti “a tutti i leader della sinistra”, da Bersani a Veltroni, da Di Pietro a Vendola, ma anche ai sindacati, ai presidenti della Camere (al presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini è stato già chiesto un incontro), al capo dello Stato Giorgio Napolitano – che aveva già fatto pressioni sul governo per ripristinare il fondo per l’editoria.

Solidarietà al quotidiano è stata espressa dall’Associazione stampa romana, dal segretario della Federazione nazionale della stampa italiana Franco Siddi, da tanti parlamentari (Enrico Letta, Marco Follini, Beppe Giulietti, Flavia Perina, Roberto Rao, Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Pina Picerno, Anna Grazia Calabria, Francesco Boccia, Giorgio Stracquadanio, Anna Maria Bernini, Ignazio La Russa).


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