Il “rigore” non paga (ma costa)

Creato il 09 novembre 2012 da Keynesblog @keynesblog

di Aldo Barba e Giancarlo de Vivo da Economiaepolitica.it

L’azione del governo Monti è riassunta dall’andamento del tasso di disoccupazione negli ultimi 12 mesi (il grafico a lato e l’analisi successiva si basano su dati Istat).

Il numero dei disoccupati si è accresciuto del 40%, cioè di oltre 750.000 unità. Il 60% sono persone che hanno perso la precedente occupazione. Nel secondo trimestre 2012, gli occupati a tempo pieno sono risultati inferiori di 439.000 unità rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, sostituiti, secondo l’ISTAT, da circa 391.000 occupati a tempo parziale (in grande misura involontariamente).

Nello stesso periodo, il numero degli occupati dell’industria in senso stretto ha registrato un calo di oltre 100.000 unità, concentrato nelle imprese di medio-grande dimensione. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale dal 27,4% (II trimestre 2011) al 33,9%, con un picco del 48% per le giovani donne del Mezzogiorno. Nel II trimestre 2012 il PIL è diminuito del 2,6% rispetto al II trimestre 2011. La spesa delle famiglie (in termini reali) si è ridotta del 3,7%. Gli investimenti fissi lordi si sono ridotti del 9%. Il valore aggiunto dell’industria è caduto del 6% (-5,6% industria in senso stretto, -6,5% le costruzioni). Anche i servizi (commercio, alberghi ecc.) si riducono (-3%), solo credito, attività di intermediazione immobiliare e servizi professionali registrano una (modesta) crescita. Un confronto fra gli stessi trimestri per la spesa pubblica mostra che nel complesso le uscite sono aumentate di 1,3%, ma si sono ridotti (-1,7%) i redditi dei dipendenti pubblici e le uscite in conto capitale  (-11%). Quasi l’intero aumento della spesa pubblica è dovuto ad un aumento (12%) del pagamento per interessi sul debito pubblico. E in effetti il debito pubblico, nonostante l’aumento della pressione fiscale, è aumentato sia in termini assoluti (circa 60 miliardi al luglio 2012 rispetto all’ottobre 2011) che in rapporto al PIL.

Questi sono crudi fatti, gli esiti della scelta di austerità fatta da questo governo, e ci sembra ridicolo consolarsi immaginando che senza quella politica le cose sarebbero andate ancora peggio. Il quadro rappresentato è quello di un vero disastro, che va peggiorando. Il presidente del consiglio sostiene che a partire dalla seconda metà del prossimo anno le cose miglioreranno, ma quale credibilità può avere questa “previsione”, sia per la sua vaghezza, sia per il fatto di venire da un governo che – a decreto “Salva Italia” già approvato – sosteneva che il PIL nel 2012 si sarebbe ridotto dello 0,6% – sottostimando di 4 volte l’effettiva caduta? Quanto ad uso spregiudicato della propaganda, i “tecnici” non hanno nulla da invidiare al precedente governo. Con questo disastro la crisi economica mondiale c’entra relativamente poco: in un quadro di commercio internazionale abbastanza debole le esportazioni italiane sono state l’unica componente della domanda a mostrare un sia pur modesto incremento (+1.2%).

La nuova manovra che il governo sta varando adesso sotto forma di un disegno di “Legge di Stabilità”, prevede (ma il dispositivo continua a cambiare di giorno in giorno) l’aumento di 1 punto dell’aliquota ordinaria dell’IVA a partire dal 1 luglio 2013. Questo aumento dell’IVA (un aggravio di più di 6 miliardi di euro su base annua) viene però presentato dal governo come una riduzione, perché la legislazione varata dallo stesso Monti prevedeva che l’IVA nel luglio 2013 aumentasse di due punti percentuali (uno dei quali per il solo secondo semestre 2013). Con la stessa logica, se il governo avesse in precedenza deciso che l’IVA aumentasse di 10 punti dal luglio 2013 oggi potrebbe venire a raccontarci che la sta riducendo di 9 punti. Considerare l’aumento di un punto di IVA come una riduzione serve a dare un segno (leggermente) espansivo alla manovra della “Legge di stabilità”, ma questo è un inganno: qualunque cosa fosse stata decretata prima, ciò che conta è che dal luglio 2013 ci sarà un aumento permanente dell’IVA ordinaria di 1 punto. Il saldo della manovra è quindi nei fatti negativo, di circa 3 o 4 miliardi per il 2013. E’ solo nella perversa logica dell’austerità “imposta” dagli impegni con l’Unione Europea, che un aumento dell’IVA può essere presentato come una riduzione. Si tratta invece di un ulteriore aggravamento della stretta in cui siamo, e quando ancora gli effetti recessivi del pagamento del saldo IMU non si sono sentiti appieno.

La “Legge di Stabilità” è recessiva non solo nel saldo ma anche nella composizione delle variazioni di entrate e uscite. Ad esempio, per le maggiori entrate, oltre all’aumento dell’IVA, il governo intende rendere permanente l’aumento (per circa 1 miliardo) delle accise decretato per far fronte ai danni del terremoto in Emilia; dal lato delle spese, il governo intende ridurre di circa un miliardo la spesa per sanità ed enti previdenziali e assistenziali. Ammesso si trattasse di spesa “cattiva”, esso è un taglio, non una sostituzione con spesa “buona”. E va ricordato che un ventilato aumento di 3 punti di imposizione sui redditi superiori a 150.000 euro annui è rapidamente scomparso dall’orizzonte, eliminato dal fuoco della Confindustria e del partito di Berlusconi, con l’immediata acquiescenza del Partito Democratico. Hanno detto che era dannoso perché faceva ridurre i consumi: è nata così una nuova categoria di keynesiani, i keynesiani d’accatto. E’ vero invece che quel poco di tassazione sui redditi alti ed i consumi di lusso che il “Salva Italia” aveva introdotto ha avuto risultati quasi nulli, ma questo non dimostra certo che sarebbe impossibile ottenerne, se lo si volesse seriamente.

Nella conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri in cui il governo ha presentato la “Legge di Stabilità” Monti ha dichiarato: “oggi possiamo cominciare a vedere e toccare con mano che la disciplina di bilancio paga, la disciplina di bilancio conviene”. Ma non si vede dove sarebbe questa convenienza. Naturalmente si possono sempre  tirare in ballo le future generazioni: ma qualcuno deve ancora spiegare come potremmo mai arricchire le future generazioni impoverendoci.

Monti sostiene adesso che il suo governo è più popolare dei partiti. Da dove lo ricava? La presidenza del consiglio ha ereditato i sondaggisti del precedente governo? E’ certo vero che la popolarità dei partiti è vicina allo zero, ma è tutto da dimostrare che ciò sia dovuto solo alle ruberie dei vari Fiorito e gli sia invece estraneo l’appoggio dato da quasi tutti i partiti al governo Monti. In effetti lo stesso Monti ha detto anche che il suo è un governo “maledetto” – in altri tempi sarebbe stato chiamato “governo della fame”. Ma certo esso gode dell’appoggio incondizionato dei principali organi di stampa e del presidente della repubblica (che tra l’altro gli consente di moltiplicare ad libitum il ricorso al voto di fiducia).

La situazione politica è ad uno strano frangente. Il governo sembra dettar legge al Parlamento, i partiti (almeno per ora) abbaiano ma non mordono. Guido Carli (uno che di tecnici e di governi se ne intendeva) ebbe a dichiarare: “Un governo di tecnici o è una trovata qualunquista o è una soluzione sovversiva”. Ci sembra che la fase qualunquistica della trovata si sia esaurita.


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