Esistono scritti che tradiscono inequivocabilmente lo spirito del tempo in cui sono stati composti ed altri, oscillanti tra l’insignificanza e il valore più eccelso, che rappresentano istanze talmente universali da apparire attuali sia riferendoli al passato più remoto che al futuro più lontano.
Se concepiamo la politica non soltanto come arida tecnica amministrativa, ma come risposta alle sollecitazioni che muovono dalla società, è allora chiaro che preferiremmo avere a che fare con testi del primo tipo. In caso contrario, se cioè il testo in questione non rivela il tempo in cui (e per il quale) è stato composto, significa che ci troviamo già in prossimità di un discorso fatuo e inservibile.
Un esempio può servire a capire meglio di cosa sto parlando. “La commissione ha esaminato i problemi dell’Alto Adige come attualmente esistono e si presentano. (…) Esiste però una continua evoluzione degli istituti e delle istituzioni politiche, dell’economia e della vita sociale che nessuno può ignorare, e che porta necessariamente alla ribalta nuovi problemi e nuove necessità che oggi non si possono né prevedere né conoscere. Nella vita umana e nelle relazioni umane nulla è definitivo e questo continuo evolversi, superando la staticità dei paragrafi, genera nuovi bisogni e problemi che dovranno essere affrontati e risolti in uno spirito di comprensione”.
Queste righe potrebbero trovare posto ovunque, e sfido il lettore a riconoscere il contesto dal quale le ho prelevate. È sufficiente infatti sostituire la parola “commissione” con “convenzione” (quel che in tedesco chiamiamo oggi “Konvent”) per anticipare il probabile preambolo dei lavori – annunciati a partire da gennaio – chiamati a spingere la nostra autonomia in direzione del cosiddetto “terzo statuto”. In realtà la citazione è tolta da un foglio firmato da Silvius Magnago, Roland Riz e Anton Ebner, e rappresenta la loro dichiarazione di voto all’atto della relazione finale della commissione di studio sulla situazione altoatesina che risale all’anno 1964.
La sensazione è che il linguaggio e i contenuti della politica non abbiano compiuto soverchi passi in avanti, rispetto a quel tempo. Le ambizioni della prossima commissione (pardon, convenzione) annegheranno dunque nella retorica delle buone intenzioni, buone cioè per assolvere un compitino di mero “restyling”? Il rischio Gattopardo è dietro l’angolo. Solo, qui non ci sarà neppure bisogno di far finta di cambiare tutto (affinché nulla cambi). Basta ed avanza rassegnarsi a constatare, on connaît la chanson, che i tempi non sono ancora maturi e la “staticità dei paragrafi” non lascia comunque spazio a troppo dinamismo.
Corriere dell’Alto Adige, 5 dicembre 2015