Ho ascoltato il giornalista Arrigo Petacco parlare di Risorgimento in un incontro al Ridotto del teatro "Pasolini" di Casarsa, ieri pomeriggio. Petacco è un divulgatore, non uno storico di professione. E infatti ha affrontato il tema con uno stile proprio di chi voglia far arrivare ad un largo pubblico una tematica complessa, come quella, appunto, degli avvenimenti che portarono, intorno alla metà dell'800, alla nascita dello Stato italiano. Questo approccio porta con sé il pericolo di una eccessiva semplificazione, ma questo non è stato il caso di Petacco, il quale, però, secondo me, è incorso in un altro "peccato": quello di aver presentato la nascita dello Stato unitario come il prodotto di una tattica politica - in primo luogo quella di Cavour, portata avanti con tutti i mezzi, compreso l'utilizzo delle armi della seduzione femminile (leggi: contessa di Castiglione) - per passare alla manipolazione dei plebisciti popolari che decretarono l'unione al Regno di Sardegna e poi d'Italia, al fatto che senza il benestare (ricercato con tutti i mezzi) delle potenze europee del tempo l'Italia non sarebbe mai sorta: tutte cose vere, non c'è alcun dubbio. Al termine del discorso di Petacco, si poteva, però, ricavare l'impressione che la proclamazione del Regno d'Italia, il 17 marzo 1861, fosse stato il frutto di una concomitanza di avvenimenti fortunosi e tra di loro slegati. Non sono uno storico e nemmeno un divulgatore, da parte mia penso però che il non aver messo sufficientemente in evidenza il ruolo giocato da un movimento culturale e politico, seppur di una èlite (ma la storia le fanno le élites, lo ha detto lo stesso Petacco), nel Risorgimento italiano, significa fornire una visione riduttiva di quel periodo storico.
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Ho ascoltato il giornalista Arrigo Petacco parlare di Risorgimento in un incontro al Ridotto del teatro "Pasolini" di Casarsa, ieri pomeriggio. Petacco è un divulgatore, non uno storico di professione. E infatti ha affrontato il tema con uno stile proprio di chi voglia far arrivare ad un largo pubblico una tematica complessa, come quella, appunto, degli avvenimenti che portarono, intorno alla metà dell'800, alla nascita dello Stato italiano. Questo approccio porta con sé il pericolo di una eccessiva semplificazione, ma questo non è stato il caso di Petacco, il quale, però, secondo me, è incorso in un altro "peccato": quello di aver presentato la nascita dello Stato unitario come il prodotto di una tattica politica - in primo luogo quella di Cavour, portata avanti con tutti i mezzi, compreso l'utilizzo delle armi della seduzione femminile (leggi: contessa di Castiglione) - per passare alla manipolazione dei plebisciti popolari che decretarono l'unione al Regno di Sardegna e poi d'Italia, al fatto che senza il benestare (ricercato con tutti i mezzi) delle potenze europee del tempo l'Italia non sarebbe mai sorta: tutte cose vere, non c'è alcun dubbio. Al termine del discorso di Petacco, si poteva, però, ricavare l'impressione che la proclamazione del Regno d'Italia, il 17 marzo 1861, fosse stato il frutto di una concomitanza di avvenimenti fortunosi e tra di loro slegati. Non sono uno storico e nemmeno un divulgatore, da parte mia penso però che il non aver messo sufficientemente in evidenza il ruolo giocato da un movimento culturale e politico, seppur di una èlite (ma la storia le fanno le élites, lo ha detto lo stesso Petacco), nel Risorgimento italiano, significa fornire una visione riduttiva di quel periodo storico.
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