Magazine Diario personale

Il Risorto

Creato il 06 agosto 2014 da Big @matteoaiello

Come avrete sicuramente notato, gli ultimi due post non iniziano con “Matte vi odia tutti”.
Come mai?
Semplice.
Una serie di eventi alquanto positivi mi hanno portato una ventata di assoluta freschezza (aaaaaaah, che freschezza!) e buonumore. Inoltre, dato che è estate e dovrei essere incazzato più di sempre, piove e non fa caldo.
La classica ciliegina sulla torta.

Ieri su Facebook i fratelli Paradisi, entrambi miei compagni di squadra (per di più Fabio è stato l’unico Capitano che ho sempre riconosciuto insieme a Steven Gerrard), hanno postato due video nostalgia. Abbiamo giocato insieme per anni, ma entrambi i filmati sono della stagione 2007/08 quando non indossavo il “mio” biancorosso ma il giallonero di Calenzano (tra l’altro quello di Jack è proprio contro di noi).
Fu un’annata che mi porterò sempre nel cuore per tanti, troppi, motivi ed uno di questi è in assoluto l’episodio più incredibile, sconvolgente, assurdo, surreale e apocalittico che mi sia mai accaduto su un campo da basket:
eravamo in trasferta a Venturina nel mezzo ad una stagione che definirla travagliata mi sembra riduttivo: tre allenatori cambiati e, nonostante le aspettative altissime, navigavamo nella parte bassa della classifica, invischiati nella lotta per non retrocedere (flash forward: ci salvammo a Grosseto all’ultima giornata dei playout senza allenatore, autogestendoci). La partita è tiratissima e a più o meno 12 secondi dalla fine siamo pari. Rimessa dal fondo per loro con soli 5 secondi allo scadere dei 24. Me lo ricordo perché giocai pochissimo. Nelle ultime partite il coach mi aveva azzerato il minutaggio, sostituendomi con un ragazzo che fino a due mesi prima faceva atletica leggera e non aveva la minima idea di cosa fosse un pallone da pallacanestro. In lui vedeva un super talento grezzo mentre in me soltanto un vagabondo che ciondolava da una parte all’altra del campo. Lo stesso fece, per altri motivi, con il Nardo che, a differenza mia, lo mandava ripetutamente a cagare.
Venturina fa la rimessa. Il playmaker di loro comincia a palleggiare e l’orologio dei 24 non parte. Palleggia, palleggia, palleggia per più dei cinque secondi mancanti fino a quando scocca un arresto e tiro da dentro l’area. Canestro. Più due Venturina. Il palazzetto esplode. Il mio coach, “leggenda” della pallacanestro fiorentina con svariate primavere sulle spalle, si scaglia contro il tavolo degli ufficiali di campo dando le spalle al campo.
“=)(/%&$%”!=)/%($£&%£”.
Mentre li sta insultando in perfetto dialetto labronico, non si accorge che mancano ancora 5 secondi, che abbiamo già fatto la rimessa e che Checco Cangioli è partito in contropiede. E’ solo, perché anche i giocatori di Venturina non si sono accorti di niente dato che stanno festeggiando a metà campo. Uno di loro rinsavisce e lo rincorre, facendogli fallo a circa un secondo dalla fine della partita. Due tiri liberi per noi. In caso di due su due si va ai supplementari. In tutta quella bolgia, finalmente il mio allenatore, mentre sta continuando ad offendere gli ufficiali di campo, si rende conto che abbiamo l’occasione per pareggiare. Ma al momento in cui vede l’arbitro avvicinarsi per comunicare al tavolo il numero del giocatore di Venturina che ha fatto fallo, si irrigidisce e crolla a terra come un sacco di patate. La nostra (meno due…) e la loro panchina si alzano di scatto e corrono a sincerarsi delle condizioni del coach che sta rantolando sul parquet.
“Il cuore!! Aaaargh, il cuore!”.
E’ una scena drammatica. Sembra di vedere la folla di giornalisti intorno al capezzale di Apollo Creed in Rocky 4.
“Aria!! Aria!!! Lasciatelo respirare!!” chiede a gran voce l’allenatore di Venturina.
Addirittura il loro giocatore più rappresentativo, un argentino che detiene il record di canestri da 3 punti fatti in una singola partita, prende la lavagnetta degli schemi e comincia a sventolargliela sul viso per dargli refrigerio.
Sulle tribune regna il silenzio. Sono minuti e momenti paurosi di una scena che dagli spalti appare tragica. Invece, piano piano, il mio coach dice di sentirsi bene e, passettino dopo passettino, riesce ad alzarsi. La paura è passata.
Chiunque (sempre meno due….) applaude.
C’è addirittura chi è commosso.
Lui gonfia il petto orgoglioso ed alza il pollice al cielo per tranquillizzare tutti. Ha appena visto in faccia la morte e l’ha sconfitta. Un uomo vero dalla scorza dura come l’acciaio.

Rientra in panchina e si siede. Ci dice che sta bene e di non preoccuparsi. Checco Cangioli fa due su due. Loro fanno la rimessa dal fondo e provano il tiro della disperazione che non arriva neppure al ferro. Si va i supplementari.
I cinque in campo tornano in panchina dove il rinvigorito coach li sta aspettando. Ci mettiamo tutti in cerchio intorno a lui in attesa delle sue parole. Solitamente un allenatore, in un momento così delicato della partita, da delle indicazioni tecnico/tattiche e invece…
“Ragazzi, scusate ma avevo paura mi dessero tecnico”.
Per chi non conoscesse la pallacanestro, il fallo tecnico al coach prevede (non so se ancora dato che sono un po’ fuori dal giro) due tiri liberi e palla in mano agli avversari. Ovvero, in questo caso, perdere la partita. Tutto questo perché il genio si era fatto un super film dove l’arbitro stava andando al tavolo per punirlo e non per segnalare un semplice fallo di gioco.
Io ed Andre ci guardiamo ed iniziamo a ridere. Così tanto che ci tocca alzarci la sovrammaglia per coprirci la bocca. Ne avevamo viste tante durante quell’anno ma sapevamo entrambi che quel momento valeva quanto tutte le nostre carriere.
I cinque rientrano in campo mentre noi due ci riaccomodiamo in panchina con ancora gli occhi lucidi e i crampi alla pancia. Di solito quando una squadra rimonta in quel modo a pochi secondi dalla fine, l’inerzia della partita cambia. Invece, nonostante un finto infarto per non lasciare due punti a Venturina, perdiamo e anche in malo modo.
Il coach fu esonerato dopo qualche giornata perché entrammo in una spirale di sconfitte da non tirarne fuori le gambe e, dato che era il quarto allenatore cambiato in meno di cinque mesi, la società decise di non prendere più nessun allenatore e di lasciare il comando ai due Senatori della squadra.

Ancora oggi mi capita spesso di raccontare questa storia e, come ho scritto prima, è stata in assoluto la mia più grande fortuna da cestista: vedere il secondo uomo nella storia dell’umanità che muore e poi risorge è una fortuna che in pochi hanno avuto.
Sono episodi come questi che mi danno la forza di ricominciare a giocare.

Sì, a settembre si ricomincia.. Se la voglia regge…..

ps. il tipo che faceva atletica leggera e che giocava più di me sparì quando il Risorto fu esonerato perché era l’unico in grado di vederne il talento.

pps. ma se sia il primo che il secondo sono morti e poi sono tornati in vita, sono zombie?


Archiviato in:I Hate This Game Tagged: alleluia, basket, calenzano, gesù, pallacanestro, religione, resurrezione

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