Miguel Angel Martin (Leon, Spagna, 1960). Definito dal Time “uno dei migliori disegnatori europei” e incluso dalla rivista “The Face” tra i “50 disegnatori del secolo”, è uno dei più importanti autori del fumetto contemporaneo. Le sue opere sono caratterizzate dal contrasto tra il disegno, freddo e distaccato, e le forti tematiche affrontate. Pedofilia, esperimenti genetici, psicosi, violenze, perversioni, nichilismo estremo: Martin esplora il lato più inquietante dell’animo umano da attento osservatore, rappresentandolo in tutta la sua shockante evidenza.
In Italia una sua opera, “Psico Pathia Sexualis”, edita allora dalla Topolin Edizioni di Jorge Vacca, è stata oggetto di uno dei peggiori esempi di censura degli ultimi anni in Europa. Un fumetto forte, che parla di abusi sui bambini, di violenze, un atto di denuncia senza appello che dalla giustizia italiana fu marchiato di istigazione al delitto, al suicidio, alla pedofilia, oscenità e immagini raccapriccianti, e messo sotto sequestro. Il processo, iniziato nel 1995, si è concluso solo nel 2001 scagionando completamente l’editore “perché il fatto non sussiste”.
L’opera più famosa di Martin è la saga di Brian The Brain, un ragazzino senza calotta cranica, con il cervello scoperto, un personaggio attraverso cui l’autore porta il lettore a riflettere sulla scienza, sulla società e sulla natura umana attraverso lo sguardo disincantato di un bambino (e, con il nuovo fumetto presto in Italia, di un adolescente privato della sua fanciullezza). Tra le altre sue opere, citiamo Bug, Neuro Habitat – cronache dell’isolazionismo, Playlove.
Le tue opere nascono da un disagio sociale, da un’attenta osservazione del reale e da un approccio spesso laterale ai problemi, capace di porre i mali della società sotto una luce diversa e personale. Penso che sia in Spagna come in Italia gli spunti non manchino, ma credi che il tuo modo di rapportarti al reale, e di traslarlo nelle tue opere, sia cambiato e in che modo?
È cambiato nella misura in cui io sono cambiato, o meglio, evoluto come persona. Sono già più di venticinque anni che faccio fumetti. In ogni modo, questa evoluzione non è cosciente ma spontanea, naturale.
Negli anni il tuo tratto è diventato sempre più tagliente, preciso e sottile. Una linea sicura e pulita. Tavole dominate dal bianco con colpi di nero. Come lavori alle tue opere? Procedi con una sceneggiatura e una bozza o in maniera più diretta?
Inizio dall’idea di base della storia; se è lunga, come nel caso di una graphic novel, allora la scrivo prima come sceneggiatura cinematografica, così per me è più semplice gestirla. Se la storia è corta, meno di venti pagine, allora faccio direttamente la matita,
Brian the Brain è una delle tue opere simbolo e una delle più poetiche e delicate, pur trattando temi forti e drammatici, e forse quella in cui si respira una sorta di ottimismo, rappresentata da Brian stesso. Il ritorno del personaggio vuole essere un modo per cercare una via positiva per reagire ai problemi di oggi?
Il ritorno di Brian è solo un modo per continuare la sua evoluzione come personaggio, allo stesso modo, come dicevo prima, di come sono maturato io. In Motorlab Monqi (titolo originale del volume – ndr) presento un Brian adolescente che ha una visione del mondo diversa rispetto a quando era bambino. Avevo notato che il personaggio ormai non pensava più come un bambino, ma che aveva ancora qualcosa da dire. Ora sto scrivendo la terza e ultima parte della trilogia, con un Brian adulto, il cui titolo provvisorio è Out of my Brian.
Bambino, adolescente e infine adulto: Brian è quindi un personaggio che cresce ed evolve. La crescita significherà anche maggiore consapevolezza di sé e del suo ruolo nel mondo?
E’ un altro modo di guardarlo. Brian rifletterà sul mondo e sulla natura umana come uomo adulto.
Il confronto con la scimmia che dà il titolo nasconde anche una riflessione sulla natura stessa di Brian. Due cavie allo stesso modo. La tua è una visione pessimistica o credi possa esserci una scienza più a misura d’uomo?
Generalmente sono un ottimista. Non disegnerei fumetti di professione altrimenti, e men che mai questi fumetti, eh eh! Penso che la scienza sia sempre stata fatta a misura d’uomo. Tutto quello che gli essere umani compiono è, appunto, tipicamente umano: la scienza, la tecnologia, religioni, ideologie, arte… Siamo tutti umani. Così come Adolf Hitler, Charlie Manson o Ted Bundy, così come Michael Jackson, Teresa di Calcutta, Miguel Angel Martin o tu stesso, eh eh.
Brian rappresenta, tra gli altri, un messaggio contro le discriminazioni del “diverso”, dell’emarginato. Dagli anni ’90, quando nacque il personaggio, a oggi, con lo sviluppo della società, apparentemente allargata, globale e multietnica, come vedi cambiato l’approccio al tuo personaggio?
La società si sviluppa e cambia continuamente, ma lo stesso non si può dire per la natura umana. I problemi di Brian sono problemi universali, per i quali gli essere umani di ogni cultura hanno sempre sofferto in una forma o nell’altra.
Mi è piaciuta molto la profondità che trasmetti nei sentimenti tra i personaggi, in particolare tra Brian e Sindn. Affetto e amicizia, amore forse. Il tuo mi sembra un lavoro di sottrazione più che di accumulo, per rendere incisivi questi aspetti.
È corretto, sposo la filosofia “Bauhaus”: “meno è più“. Il lavoro di costruzione dei personaggi è soprattutto intuitivo. Ho sempre molta empatia nei confronti dei miei personaggi, siano essi psicopatici o brave persone; io non li giudico mai.
Esperimenti genetici, malattie, mutilazioni, sesso: affronti con una disinvolta leggerezza temi forti e cupi. Che funzione ha in tutto questo quindi l’elemento “fantastico”, come la deformazione e i poteri di Brian?
Ho amato sempre le invenzioni di fantasia e ho amato il surrealismo, secondo me il genere artistico più libero. Uso questi due elementi per introdurre sfumature soprannaturali e inquietanti: qualcosa di inspiegabile. Alcune volte questi elementi sono presenti nei dialoghi, altre volte in situazioni, ambientazioni oppure oggetti, come le macchine senza ruote, o particolari tipi di cibo. La gastronomia è un elemento molto importante nei miei fumetti. A questo proposito, in Italia c’è una cultura gastronomica molto sofisticata che mi piace tantissimo. Non sto parlando della pasta, che è l’esempio più popolare a livello internazionale, ma del cibo più “estremo”,
Brian è una voce innocente che rivela cose crudelissime quasi con rassegnata noncuranza, che accetta il suo ruolo di cavia con passività nella speranza di un futuro “normale”. Vedremo Brian reagire a tutto questo?
Brian non è il tipico personaggio del fumetto “underground”, che passa tutto il giorno ragliando “il mondo è una merda”, “tutti sono idioti”, “nessuno mi capisce”, “io sono così sensibile”. Quella non è ribellione, è vittimismo, uno degli strumenti del dispotismo. Brian invece non esterna e non disturba gli altri con i suoi problemi e le sue preoccupazioni; è un bravissimo ragazzo, eh eh!
In senso allargato, pensi che sia possibile una reazione alle ingiustizie dello stato sociale?
Ti rigiro la domanda: la natura umana è giusta? Per esempio, è un fatto che ci siano persone intelligenti e persone sciocche, persone belle e persone brutte. Questo è giusto o ingiusto? Eh eh!
Provocare, allarmare il lettore per il gusto di farlo è relativamente semplice. Molto più difficile farlo per veicolare un messaggio, che è quello che porti avanti con le tue opere; compito arduo, soprattutto per il pericolo che ci si fermi alla superficie. Senza ritirare fuori le tristi vicende di Psicho Patya Sexualis, da autore quanto temi che le tue opere non siano comprese?
Lo hai detto tu, “relativamente semplice”! Ha ha!
La verità è che fare provocazione, anche quella gratuita per il solo gusto di farla, non è così facile come qualcuno può pensare. Non sono mai sicuro che le mie opere siano comprese fino in fondo, anche perché mi sono reso conto che possono avere diverse letture. Per esempio, proprio Psycho Pathia Sexualis, per qualcuno è una denuncia contro la violenza, altri hanno detto che ne era un’apologia (come la Procura di Cremona che lo ha sequestrato). Per me è un fumetto umoristico, senza nessun’altra intenzione.
Sempre riferito a quanto sopra, hai riscontri con i tuoi lettori? E questo influisce sulle tue opere?
Il responso dei lettori è gratificante e arricchisce, però non influisce sul mio lavoro.
Vivi in maniera attiva la politica? Quale pensi debba essere il ruolo dell’artista in un momento sociale e politico come quello attuale?
Non vivo in maniera attiva la politica. Sono interessato alla natura umana e ho un approccio sociologico, da “osservatore della realtà”. Sono solo un artista, quindi non ho responsabilità sociale, né simpatie etiche. Il momento attuale non è un momento così speciale nella storia dell’umanità da non essere paragonabile ad altri, quindi non credo che il ruolo dell’artista debba essere diverso oggi rispetto a ieri. Non sono interessato all’arte come veicolo di propaganda ideologica. Non sono un predicatore, non voglio dire alla gente che cosa, dove pensare o fare. Sono solo interessato all’arte in quanto tale, esteticamente.
A dispetto del tuo non vivere attivamente la politica, la tua arte in quanto tale è certamente un “atto politico” nonché espressione di un tuo modo di vedere le cose. Dal tuo punto di osservazione, cosa pensi della situazione in Spagna?
La situazione in Spagna, come in tutta Europa, Italia inclusa, è confusa. La preoccupazione principale e immediata è la crisi economica, naturalmente. Penso che il problema principale, in Spagna come in Italia, è la mediocre e screditata classe politica. Sembra che in Italia ci sia una grande crisi, ma nonostante questo la vita continua senza i politici,
Al di là di questa profonda crisi, secondo me siamo in un periodo di transizione verso un mondo nuovo, una transizione cominciata già quarant’anni fa. Io sono ancora ottimista. La rivoluzione agricola e industriale hanno cambiato il corso della storia dell’umanità e hanno migliorato le condizioni di vita. Sono sicuro che questa “rivoluzione” tecnologica o di globalizzazione cambierà e migliorerà la vita in generale: lo sta già facendo.
I cinesi dicono: “che tu possa vivere in tempi interessanti“. Questi sono tempi interessanti: di più, affascinanti.
A due anni di distanza, come hai vissuto la nascita del Movimento 15-M, i cosiddetti indignados, e cosa credi abbiano lasciato?
Questo movimento mi è sembrato molto interessante nei suoi primi giorni di vita (parlo della Spagna) perché era spontaneo e senza ideologia. Un’esibizione emozionale collettiva: rabbia + frustrazione + impotenza = “indignazione”. Dopo è diventato un movimento ideologico tipicamente di sinistra, senza nuove idee. Sembra che oggi abbia perso forza e presenza nei mass media spagnoli, dove il crisis trending topic attuale sono gli sfratti e la situazione di Cipro. Come osservatore della realtà sono curioso di tutto, però non guardo solo all’Occidente o all’Europa, perché oggi il mondo è molto grande, fortunatamente.
Nel 2007 esprimevi la tua preoccupazione per una società “neofascista orwelliana”.
Dopo sei anni quali delle tue paure si sono avverate e cosa invece ti permette di essere ancora ottimista per il futuro?
Orwelliana e Huxleyana, direi. Dico ciò per l’onda di politically correct che ci devasta: una sofisticata e meschina forma di fascismo. E anche per l’asfissiante intromissione dello Stato nella vita dei cittadini, vietando, controllando e regolando tutto: il “Big Brother” di Orwell chiamato “stato del benessere” per una questione di politically correct, eh eh!
Nonostante tutto, sono ottimista perché un mondo globale è difficilissimo di controllare, eh eh!
Ringraziamo Miguel Angel Martin per la disponibilità e simpatia.
Abbiamo parlato di:
Brian The Brain – Brian da adolescente
Miguel Ángel Martín
Nicola Pesce Editore, 2013
176 pagine, brossurato, bianco e nero – 12,50€
Riferimenti:
Il sito ufficiale di Miguel Angel Martin: www.martincomic.com
Intervista precedentenente pubblicata in forma ridotta sul numero 21 di Comic-Soon: issuu.com/comicsoon/docs/cs21web