A trentacinque anni dal cult ‘Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino‘, la ‘seconda vita’ di Christiane F. trionfa alla fiera del libro di Francoforte
Il best-seller di Christiane F. ’Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino‘ (Wir, Kinder vom Bahnhof Zoo) fu pubblicato in Germania, come allegato alla rivista Stern, dopo una serie di interviste che l’adolescente Christiane Vera Felscherinow rilasciò a due giornalisti, Kai Hermann e Horst Rieck, quando era testimone e imputata di un processo (per detenzione di droga e ricettazione) che si concluse nel 1979. Christiane F. iniziava il suo libro con la descrizione del quartiere berlinese in cui era giunta all’età di sei anni, un avvilente e degradato sobborgo di nome Gropiusstadt, caratterizzato da maleodoranti casermoni popolari e ristretti spazi aperti su cui vigevano ovunque proibizioni per i bambini.
Solo che ora, quando ci mettevamo a scavare le nostre piccole buche per le biglie, non solo avevamo addosso i portieri, ma anche i giardinieri. Venivamo continuamente cacciati con le più orribili minacce. Un giorno questi che ci cacciavano ebbero purtroppo una buona idea. Non pareggiavano più la terra dell’aiuola con il rastrello, ma la lasciavano tutta rivoltata.E così si chiuse con il gioco delle biglie. (Christiane F., Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, Ed. Rizzoli, 1981, p. 19)
Christiane F. parlava anche di un padre alcolista e violento, con il quale la sorella Annette decise di andare a vivere, lasciandola sola con la madre e con il giovane compagno di quest’ultima, un certo Klaus, che la ragazzina non accettò mai come secondo padre. A soli dodici anni Christiane F. inizia ad avere le sue prime esperienze con le droghe nel centro giovanile della chiesa luterana. Al ginnasio unificato conosce invece la sua amica Kessi, con la quale frequenterà la discoteca Sound, che viene pubblicizzata come ‘la più moderna discoteca d’Europa‘, ma che in realtà si presenta soltanto come un deludente sottoscala posto nel malfamato quartiere Tiergarten.
Christiane F. inizierà quindi una doppia vita, andando a scuola la mattina, e procurandosi i soldi per la droga il pomeriggio, ovvero gironzolando nella Bahnhof Zoo, una stazione ferroviaria berlinese che si trova nel quartiere di Charlottenburg, e che prende il nome dal vicino giardino zoologico. Christiane F. entrerà nel tunnel della droga, lentamente e impercettibilmente, passando attraverso vari stadi: dalle droghe leggere a quelle più pesanti, dall’inalazione all’ iniezione, dal vagabondaggio alla prostituzione. Anche Detlef, il fidanzato di Christiane F., é un ragazzino che, sempre per procurarsi la droga, si offre a degli automobilisti di passaggio. Intorno a loro ruotano altri personaggi, come le amiche Stella e Babette (la morte per overdose di quest’ultima sarà pubblicata nelle prime pagine dei rotocalchi, poiché avverrà a soli quattordici anni). Nel 1977 Christiane F. viene mandata da sua nonna vicino ad Amburgo, dove frequenterà la scuola professionale, poiché esclusa, a causa dei suoi precedenti, dalle scuole ginnasiali e dall’ istituto tecnico. Il primo libro si concludeva evocando quello spazio incontaminato, nonché vanamente ricercato, durante l’infanzia a Gropiusstadt:
Noi ci immaginavamo di comprarci la cava di calce quando non verrà più sfruttata. E lì sotto ci vogliamo costruire delle case di legno con un enorme giardino pieno di animali e con tutto quello di cui uno ha bisogno per vivere. L’unica strada che c’é per arrivare alla cava la vogliamo chiudere. Non avremmo comunque più alcuna voglia di ritornare su. (Christiane F., ed.cit., p.255)
La ‘seconda‘ Christiane F. riparte proprio da dove l’avevamo lasciata, da quella benefica immersione nella natura dello Schleswig-Holstein, che ha presto rinnegato assieme a una vita di provincia per lei troppo stretta. Christiane F. è anche alquanto risentita, poiché le sue affermazioni sono state spesso ritenute frutto di una mente malata, anche se gli stessi atti dei tribunali, nonché i reportage di giornalisti mimetizzati nell’ambiente a cui fa riferimento, attesterebbero l’assoluta attendibilità dei suoi racconti.
In ogni caso, tra il 1978 ed il 1984 Christiane F. divenne un vero e proprio mito, prendendo parte a due film (in uno dei quali intepretava se stessa) e tentando anche la carriera musicale, grazie al suo nuovo fidanzato Alexandre Hacke, componente del complesso musicale ‘Einstuzende Neubauten‘. Con Alexander, Christiane F. torna a Berlino, e tenta anche la carriera da solista, incidendo un disco negli Stati Uniti. Nel 1983 andrà a vivere in Svizzera, presso la pittrice Anna Keel, che tentò di introdurla nel mondo del teatro e nell’arte. In questo fortunato periodo, Christiane F. conosce anche Fellini e lo scrittore elvetico Durrenmatt, autore del famoso romanzo poliziesco La promessa.Nel nuovo libro, Christiane F. descrive i suoi contatti con le celebrità con il solito spirito critico e anti-conformista. Non a caso si sofferma, senza una minima punta di snobismo, soprattutto su fenomeni assolutamente locali, che però hanno per lei una componente affettiva, come ad esempio il ricordo di una piccola Cosma Shiva Hagen (doppiatrice del film Mulan della Disney) nonché figlia della cantante tedesca Nina Hagen, con la quale Christiane F. instaurò una sincera amicizia.
Dopo la parentesi svizzera, l’irrequieta Christiane F. torna a Berlino, ricadendo nel tunnel della droga, dal quale, del resto, non era mai uscita veramente. Nel 1985 viene arrestata per detenzione di stupefacenti, e preferisce trascorrere un periodo in carcere piuttosto che venire affidata ai servizi sociali. Dal 1987 al 1993 la troviamo invece in Grecia, col suo nuovo fidanzato Panadiotis, che viene a sua volta arrestato per spaccio. A questo punto Christiane F. torna nella sua Berlino, dove darà alla luce suo figlio Jan Niklas, un bambino da lei voluto, anche se il padre non si assumerà alcuna responsabilità. Nella sua apparizione televisiva del maggio 2007, Christiane F. afferma di seguire un piano di disintossicazione, anche se ciò verrebbe smentito dal fatto che le verrà tolta la custodia del figlio, che sarà affidato ad una casa famiglia del Brandeburgo, dove Christiane F. avrà comunque il permesso di andarlo a trovare.
Il secondo libro di Christiane F., ‘La mia seconda vita‘ (Mein sweites Leben), é uscito nel 2013, sempre per iniziativa di una giornalista, di nome Sonja Vukovic, che descrive Christiane come ‘bellissima‘, ovvero non diversamente da come appariva del film del 1981 (con la regia di Uli Edel, la colonna sonora di David Bowie, e interpretato dalla giovanissima studentessa Natja Brunckhorst). Il film offriva una prospettiva diversa rispetto al libro, poiché le opinioni e la visione del mondo della protagonista non potevano essere così facilmente riprodotte. Purtuttavia, a molti è rimasta ben impressa la scena in cui la filiforme ragazzina si aggirava con i capelli lunghi e ramati, i jeans, i tacchi alti e la lisa giacchetta, nonché con una busta bianca di plastica in mano, fra i gironi infernali della stazione berlinese, diventando così simbolo di una nuova gioventù bruciata, incarnazione di un nuovo e diffuso disagio giovanile. Il film riesce a ben delineare anche la dinamica psicologica di Christiane F., nonché le sue sfavorevoli circostanze familiari. Se la madre della ragazza interveniva spesso nel libro, delineando con chiarezza il suo punto di vista, nella versione cinematografica ella compare come una donna oltremodo distratta, che non coglie i segnali di disagio della figlia, e che rimane, anche dinanzi all’evidenza, la tipica mamma permissiva nord-europea. La sua figura contrasta con quella dell’ austera madre di Kessi, che riuscirà a incidere positivamente, e fin dall’inizio, sul destino della figlia. Cruciale diventa poi il desiderio di Christiane F. di appartenere a un determinato gruppo, e di venirne accettata. La ragazzina vuole emulare i suoi amici per non sentirsi diversa da loro, per essere ‘alla loro altezza‘, per diventare ‘degna‘ di loro. Christiane F. scambia per forza quella che è invece debolezza, per invincibilità quella che è la più assoluta stupidità, per accattivante mistero quello che è totale perdita di dignità. Vede bellezza laddove è bruttezza, vede ‘superiorità‘ in cio’ che è affondamento in un baratro. Christiane F. si basa sulla falsa convinzione, spesso ribadita anche nel libro, di potersi controllare, di poter ‘smettere quando vuole‘, di poter facilmente far fronte alla sua dipendenza.
L’amore fra Christiane F. e l’ abusato Detlef (interpretato dal visetto angelico di Thomas Haustein), è ancora oggetto di curiose domande da parte del pubblico. La Christiane F. del secondo libro afferma di non saperne nulla, e ne parla come se fosse stato un primo amore qualsiasi, perso di vista molti anni addietro. Nel 1995 Detlef rilasciò un’ intervista alla rivista Spiegel, in base alla quale l’ex ragazzo della Bahnhof Zoo risulta vivere a Berlino con una nuova compagna, lavorando come tranviere e svolgendo attività di volontariato. A quanto pare, non sarebbe più caduto nella trappola della droga dopo essere stato arrestato e aver eseguito un trattamento in Svezia nel 1980. Nel film l’amore fra Christiane F. e Detlef si esprime in un lettino lindo, amorevolmente preparato dal loro disfatto coinquilino Axel (morto per overdose a soli diciassette anni) in una stanza piena di disordine, con la gabbietta di un canarino affamato vicino alla finestra, e con le pareti scarabocchiate e scrostate. Christiane F., come una mogliettina devota, porta al suo fidanzatino un panino mentre staziona in attesa di clienti, proprio come se si trattasse di una qualsiasi pausa pranzo. Il film, similmente al libro, si conclude con la fortunata sopravvivenza di Christiane F., e con il suo allontanamento dalla città tentacolare.Inutile aggiungere che questa storia rimane di una straordinaria attualità, perché anche se le mode sono cambiate, e anche se gli ‘agganci‘ nelle metropolitane sono stati rimpiazzati da annunci su internet, il dramma di Christiane F. resta. Perfino l’attuale indagine sulle baby-prostitute, seppur legata al facoltoso quartiere romano dei Parioli, ha solo apparentemente presupposti diversi, poiché si fonda sempre su una mancanza di riferimenti valoriali, e poco conta se la droga in questione si chiama eroina oppure cocaina. Lo psichiatra Domenico Mazzullo afferma che se il fenomeno dell’alcolismo può originarsi da uno stato di depressione, o dal non voler affrontare determinati problemi, quello della droga scaturisce ancora oggi, nella maggioranza dei casi, dalla semplice curiosità, dalla voglia di provare, e facendo quindi leva su quella ricerca di nuove emozioni che è intrinseca alla natura di ogni giovane generazione. Di conseguenza, solo una costante azione di sensibilizzazione, di presa di coscienza e di auto-consapevolezza può contrastare il desiderio di intraprendere percorsi sbagliati.
In una recente intervista, Christiane F. ammette che il suo successo non fu una vera fortuna, e non solo perché le offrì le possibilità economiche per persistere nella sua tossicodipendenza. Christiane F. sottolinea come, in ultima analisi, sia sempre stata considerata dalla gente come qualcuna da tenere a una sana distanza, ovvero come una persona fondamentalmente inaffidabile. Identifica le persone che la fermano per strada con quei genitori che, allo stesso tempo, non la vorrebbero mai vedere in compagnia dei loro figli. Si sente quindi nulla più che una fonte di pura curiosità, un po’ come ‘una cosa strana da esporre al museo‘.
Christiane F. ammette di non avere mai avuto speciali abilità, e ribadisce che ogni sua minima conquista, ivi incluso un primo impiego in libreria, è stato dovuto soltanto ad un’immeritata popolarità, a un’intelligenza mai messa veramente a frutto. Christiane F. riconosce che, nonostante il suo film e il suo libro siano stati anche utilizzati nelle scuole come monito e a fini educativi, i ragazzi non abbiano mai smesso, inspiegabilmente, di trovare in lei un qualcosa di ‘romantico e affascinante‘. Christiane F. non nega che il suo esempio possa avere una funzione ‘preventiva‘, però teme lo stesso che questo ostinato meccanismo di identificazione, che prevale perfino sugli aspetti più crudi e repellenti delle esperienze che ha vissuto, rimanga comunque assai tendenzioso. Di conseguenza, si augura che questo nuovo libro sia ancora più efficace come deterrente, poiché mostrerà tutte le conseguenze delle scelte sbagliate compiute in gioventù, ivi incluso il profilarsi di una morte precoce, a causa degli strascichi e delle complicanze di un’epatite C contratta negli anni Ottanta.
Stilisticamente parlando, Christiane F. non ha certo perso la sua schiettezza di adolescente, poiché insiste, senza particolari remore, ad entrare nei dettagli, descrivendo con teutonica precisione ogni minimo particolare della sua vita, anche la più intima, e ammettendo umilmente ogni sua minima umana debolezza. Anche se qualcuno potrebbe vedere in questo secondo libro (il più venduto lo scorso ottobre alla Fiera del libro di Francoforte) un’abile operazione commerciale, un tentativo di riscattarsi da un patrimonio ormai dilapidato, Christiane F. rimane senza dubbio coerente e sincera nel suo voler porsi come ‘un caso a parte‘, come una sopravvissuta per miracolo, come un fenomeno del passato che non ha più alcuna ragione di sussistere, come una persona marchiata da uno stigma che non ha alcuna speranza di affrancamento o di evoluzione. Non a caso, la frase che meglio riassume la sua ‘seconda vita‘ diventa la seguente: ‘Io sono e sempre resterò una star del buco. Un animale da fiera, una bestia rara, una ragazza dello zoo di Berlino‘. Ancora caratterialmente tosta, Christiane F. affronta la malattia a testa alta, e forte della convizione che, essendo arrivata a cinquantun anni, ha già vinto la sua scommessa con la vita.