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Il ritratto di Caroto in Piazza delle Erbe

Creato il 16 marzo 2016 da Dismappa

Ieri sera in Piazza delle Erbe era esposta la gigantografia del "Ritratto di giovane con disegno infantile" di Giovanni Caroto, oggi la notizia degli arresti per il furto di 17 capolavori al Museo di Castelvecchio il 19 novembre 2015.

Il ritratto di Caroto in Piazza delle Erbe

L RETROSCENA. Esposti anche in piazza Erbe

"Ho collaborato alle indagini E ho saputo dell'operazione"

mercoledì 16 marzo 2016 CRONACA, pagina 12

Delle gigantografie con l'immagine del "Ritratto di giovane con disegno infantile" di Giovanni Caroto sono stati srotolati l'altra notte. Una scelta tempistica non casuale.A volere quegli enormi striscioni, vere opere d'arte realizzate da un coreografo dell'Arena, l'avvocato Michele Croce, leader di Verona Pulita.Lo stesso striscione è stato spostato in due spazi della città, dalle mura di Castelvecchio fino a piazza Erbe, sopra il Mazzanti. Un tempismo sospetto. "Non è causale in effetti", ammette Croce, "ero in contatto con qualcuno degli inquirenti visto che avevo segnalato e riportato alcune lettere che mi erano arrivate e che fornivano alcune piste. Io non ho fatto altro che farle avere alla Procura. Non ho alcun merito. Ma questa mia collaborazione mi ha permesso di sapere che ci sarebbero stati gli arresti e quindi di mettere a segno il blitz evocativo", conclude l'avvocato Croce.

SVOLTA DOPO QUATTRO MESI. .Squadra mobile e carabinieri, con un'operazione iniziata all'alba, sono andati nella Repubblica di Moldavia per catturare alcuni indagati

Alessandra Vaccari

La guardia giurata Silvestri è ritenuto il basista La notte del colpo era stato legato e picchiato Recuperata parte della refurtiva nascosta all'estero

mercoledì 16 marzo 2016 CRONACA, pagina 10

La notizia è destinata a fare il giro del mondo: arrestata la banda che aveva messo a segno il colpo del secolo, rubando le 17 opere d'arte di inestimabile valore che erano custodite al museo di Castelvecchio il 19 novembre scorso: sono due italiani, la guardia giurata (ritenuta il basista)e suo fratello e dieci moldavi.Le opere sono state recuperate soltanto in parte in un nascondiglio all'estero, e si attende il rientro dell'intero patrimonio. Alle volte basta una battuta per capire quando un'indagine è vicina alla svolta. E meno di un mese fa, c'era stata. "A breve mi dovrai pagare una pizza", aveva detto uno degli inquirenti, sollecitato con una domanda provocatoria sulle indagini di Castelvecchio. Era da Natale che si avevano delle certezze, ma inizialmente si ipotizzava che una parte delle opere potesse essere in un magazzino nella periferia veronese. Per questo si temporeggiava con i fermi, per vedere se accadeva qualcosa. Niente da fare, le opere non c'erano e probabilmente mai c'erano state.Ieri mattina sono scattati gli arresti per fermo: cinque persone sono state fermate in Italia, sette nella Repubblica di Moldavia. E tra loro una conferma. Uno degli arrestati è la guardia che era in servizio la sera del colpo: Francesco Silvestri, dipendente di Sicuritalia. Ma anche suo fratello, e pure la moglie moldava che avrebbe fatto da tratto d'unione con l'estero. Arriva infatti oltre confine l'indagine, che dà una risposta a tutti quelli che continuavano a ribadire che su Castelvecchio c'era un "silenzio vergognoso". In realtà i media avevano scritto di quel furto ogni mese, senza eccedere, con la consapevolezza che uno scoop non vale, in questo caso, tanto quanto permettere agli inquirenti di indagare in tranquillità, facendo in modo che i sospettati si sentano al sicuro.Le persone portate in carcere a Montorio sono: Denis Damaschin, Victor Potinga, Francesco Silvestri e suo fratello gemello Francesco Ricciardi Silvestri, Cornel Vasilita, Vasile Cheptene e Svitlana Pkachuk, moglie di Silvestri che è in carcere con una bambina piccola. Gli altri sono stati portati altrove per tenerli separati. Funziona così quando ci sono arresti numerosi e gli indagati non debbono restare in contatto tra loro.C'erano telefoni sotto controllo, tabulati precedenti al colpo da analizzare, persone da sentire, altre da seguire. C'era da scandagliare la vita del sospettato numero uno: la guardia in servizio che fin dall'inizio non poteva averla raccontata giusta. Quasi ridicola la sua versione dei fatti: lui che viene legato e liberato dalla dipendente del Comune (prigioniera a sua volta) che ha un arto artificiale. Lui che va a lavorare con la sua auto e con quella scappano i banditi, visto che le chiavi la guardia le aveva lasciate inserite nel cruscotto. Tra l'altro la legge prevede in caso di provata infedeltà aziendale, (indipendentemente dalla causa-effetto), che l'azienda debba rispondere per il risarcimento del danno.L'auto di Silvestri era stata ritrovata a Montichiari. È da lì che si sono perdute le tracce del preziosissimo bottino. Voci per ora non confermate vorrebbero che ad attendere il carico ci fosse addirittura un jet privato decollato da Montichiari e diretto nei Paesi dell'Est. È annunciata per oggi alle 15 una conferenza stampa riassuntiva dell'indagine che ha visto la lavoro squadra Mobile, Servizio centrale operativo e Tutela dei beni culturali dell'Arma. Sarà possibile avere un quadro più dettagliato ed esaustivo dei tanti interrogativi che restano ancora sospesi nell'aria.Sabato sarebbero stati quattro mesi dalla notte del furto. Ed arrivare a una conclusione delle indagini in un arco di tempo così breve per un'indagine così dispendiosa in termini di energia non è un lungo tempo. Il pubblico ministero Gennaro Ottaviano ha disposto il fermo di polizia giudiziaria per i dodici che a vario titolo debbono rispondere di rapina, sequestro di persona, ricettazione a livello transnazionale visto che i quadri sono stati portati nella Repubblica di Moldavia.Nei prossimi giorni il giudice per le indagini preliminari potrà convalidare o meno i fermi e disporre eventuali custodie cautelari in carcere. Intanto ieri, uno alla volta gli arrestati sono stati portati al carcere di Montorio. Non è stata una giornata facile neanche per gli inquirenti che hanno interrogato gli indagati, espletato tutte le formalità burocratiche legate ai fermi. In questura c'era grande fibrillazione ma anche immensa soddisfazione. Poi tre poliziotti alla volta, tutti in borghese hanno accompagnato, su auto senza i colori d'istituto, gli indagati in carcere. Alcuni di loro alla vista del nostro fotografo fuori dai cancelli ad aspettarli hanno alzato dei fogli per coprirsi il volto. O i polsi stretti dalle manette.

Il ritratto di Caroto in Piazza delle Erbe

mercoledì 16 marzo 2016 CRONACA, pagina 11

LA CAUSA. In attesa di sviluppi delle indagini, che ieri finalmente hanno portato all'arresto di dodici persone per il furto di Castelvecchio, la Giunta comunale aveva deciso di alzare il tiro con la società, Sicuritalia, incaricata dalla vigilanza e della guardiania del museo. E di altri 144 siti cittadini. Lo aveva annunciato all'inizio di febbraio il sindaco Flavio Tosi all'uscita della riunione con i suoi assessori: il Comune ha avviato un'azione legale contro Sicuritalia, dando mandato al professor avvocato Claudio Consolo "di tutelare l'Amministrazione comunale nei confronti dell'istituto di vigilanza per le omissioni riscontrate, relativamente al contratto con il Comune di Verona, nelle procedure di vigilanza del Museo di Castelvecchio il 19 novembre scorso, serata della rapina durante la quale vennero sottratte 17 opere d'arte", come aveva riferito il sindaco. In pratica il Comune, proprietario delle collezioni di opere di Castelvecchio - rubati fa gli altri quadri di Mantegna, Pisanello, Tintoretto, Rubens, Mantegna, Caroto - confermava la linea tenuta fin da subito. Palazzo Barbieri aveva sempre sostenuto che la società di vigilanza - che aveva al momento della rapina una sola guardia, al museo di Castelvecchio - non avesse appunto ottemperato a quanto stabilito nel contratto di stipulato con Sicuritalia. La quale, invece, ha sempre detto di aver agito secondo il protocollo. La decisione, ora, spetterà al tribunale.

LA RICOSTRUZIONE. Minuto dopo minuto, ciò che era accaduto quella notte e la testimonianza del custode prigioniero

In un'intervista aveva detto di essere stato usato come scudo

mercoledì 16 marzo 2016 CRONACA, pagina 13

Erano le 19.30 dello scorso 19 novembre quando i tre banditi arrivarono alla sede museale dall'ingresso principale. Erano armati, hanno subito bloccato l'addetta alla biglietteria, disarmato la guardia giurata dell'agenzia Sicuritalia, che con la pistola puntata è stata costretta ad accompagnarli sala dopo sala, facendo un percorso a ritroso rispetto a quello del pubblico, a dimostrazione che conoscevano bene l'ambiente. La scelta dei capolavori da razziare è stata accurata: cinque tele di Tintoretto, due del Caroto, un Pisanello, un Mantegna e poi Bellini, Rubens e altri ancora. In tutto 17 quadri, un tesoro dal valore inestimabile. I malviventi hanno agito in tutta tranquillità. L'allarme non era inserito, la control room, con i monitor collegati alle telecamere interne, era sguarnita e nessuno dall'istituto di sicurezza si era preoccupato. I ladri sono rimasti nelle sale per ben ottanta minuti, agendo indisturbati. Dopo aver caricato i dipinti, si sono dileguati utilizzando l'auto monovolume della guardia giurata.L'allarme è stato dato solo quando la donna è riuscita a liberarsi. Ma ormai i ladri avevano guadagnato tempo prezioso per far perdere le proprie tracce. La notizia della rapina era scoppiata come una bomba al ristorante dove era in corso la cena per la consegna dei Premio 12 Apostoli. Con il sindaco Flavio Tosi c'era anche la direttrice del museo Paola Marini, una delle premiate.L'INTERVISTA ALLA GUARDIA GIURATA. Poco dopo il colpo Francesco Silvestri rilasciò questa intervista."Tutto sommato non ci hanno fatto male nè a me, nè alla mia collega. Sono sempre un po' traumatizzato, non è alla portata di tutti i giorni una rapina di questo genere. Di salute sto bene. Mi hanno trascinato sopra come scudo perchè forse temevano che ci fosse qualcun altro di controllo sopra. Ho fatto il giro del museo con loro, diciamo. Poi mi hanno rilegato e lasciato là e loro hanno fatto quello che dovevano fare". Parlava in italiano con forte accento del sud, e anche un poco sgrammaticato. Ma quell'insicurezza, quell'essere vago poteva essere scambiato per l'imbarazzo e la tensione del momento. Invece nascondeva il suo completo coinvolgimento nella rapina del secolo.


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