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Il ruolo degli Stati Uniti nella ripresa delle relazioni Turchia-Israele

Creato il 29 aprile 2013 da Conflittiestrategie

[Traduzione di Francesco D’Eugenio da: The US role in warming Israel-Turkish Relations/Stratfor]

Riassunto

Il recente disgelo nelle tensioni tra Israele e Turchia avrà scarso impatto sulle relazioni a lungo termine tra i due paesi. Sebbene Israele e Turchia condividano certi interessi, ci aspettiamo che il governo turco ad Ankara mantenga le distanze da Israele mentre tenta di esercitare la sua influenza sulla regione. La Turchia userà l’aver accettato le scuse mediate dagli USA di Israele del 22 marzo sull’incidente della flottiglia della Mavi Marmara nel 2010 per cercare di assicurarsi un maggior supporto degli USA alle sue politiche nella regione. Gli Stati Uniti, nel frattempo, continueranno ad essere selettivi nel loro coinvolgimento in Medio Oriente. I recenti sforzi diplomatici di Washington in Israele miravano ad allargare le opzioni per gli USA, sia aprendo la strada a un maggior coordinamento con la Turchia, sia riaffermando il primato USA nelle relazioni con Israele.

Analisi

Il successo del presidente statunitense Barack Obama nel far pressione su Israele affinché si scusasse può sembrare improvvisato e sottotono, ma ha invece illustrato bene come gli Stati Uniti progettano di gestire una regione sempre più instabile. Per esempio, la moderazione degli USA in Siria ha mostrato che Washington intende essere coinvolta meno direttamente in Medio Oriente, nei limiti del possibile, per potersi concentrare maggiormente su altre parti del mondo. Questa strategia prevede che gli Stati Uniti rafforzino i legami con paesi affini come la Turchia per conservare l’equilibrio nella regione e ridurre il bisogno di interventi costosi.

La relazione apertamente ostile tra Turchia e Israele ha reso difficile per la Casa Bianca approfondire i suoi legami con Ankara senza mostrare di sacrificare gli interessi del suo alleato di lunga data. Ma Obama aveva anche bisogno di riaffermare il controllo sulle relazioni USA con Israele, che ha tentato di forzare gli Stati Uniti ad un’azione contro l’Iran minacciando un attacco unilaterale e usando i suoi agganci nel Congresso per far pressione sul presidente. Qualunque tentativo da parte di Israele di agire unilateralmente contro l’Iran sarebbe soggetto a forti vincoli, ma gli Stati Uniti hanno comunque bisogno di limitare ulteriormente le possibilità di essere trascinati in un conflitto che eviterebbero volentieri. Obama ha cautamente riconosciuto le preoccupazioni israeliane mentre si trovava nel paese, ma verso la fine della visita la sua capacità di spingere il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu a scusarsi, ha offerto una dimostrazione tangibile del predominio USA sulla politica estera israeliana.

Gli interessi della Turchia

Da quando il Primo Ministro Turco Recep Tayyip Erdogan criticò aspramente Israele al World Economic Forum nel 2009, Ankara ha cercato di usare la sua posizione conflittuale verso Israele per costruirsi una credibilità nel mondo musulmano. Ma questa strategia ha dei limiti: se la Turchia ha guadagnato la benevolenza dei suoi vicini, la sua capacità di influenzare le azioni israeliane è diminuita. Tale realtà è stata messa in netta evidenza durante l’operazione Colonna di Nuvola nella Striscia di Gaza alla fine del 2012. Mentre l’Egitto, negoziando e ottenendo una tregua, ha dimostrato le sue capacità di influenzare il comportamento sia di Israele che di Hamas, la Turchia è sembrata impotente a dispetto dei suoi sforzi di mediazione.

La Turchia ha cavillato sull’esatta formulazione della dichiarazione israeliana del 22 marzo per assicurarsi che si trattasse di “scuse” piuttosto che di un’“espressione di rammarico”. Ha fatto ciò perché ottenere le scuse di Israele, di cui tutti nella regione ben conoscono la predisposizione ad azioni unilaterali, comporta un enorme valore simbolico. La vittoria diplomatica è giunta in una fase di transizione politica critica per Erdogan: il Primo Ministro turco sta cercando di smentire la crescente percezione dell’impotenza di Ankara in politica estera, mentre cerca di negoziare una tregua con i militanti Curdi e di riscrivere la Costituzione. Fazioni provenienti da tutto lo spettro politico hanno lodato il partito al potere per aver ottenuto le scuse di Israele, interpretandole come un ristabilimento della sicurezza turca nella regione. Erdogan spenderà questo nuovo capitale politico perseguendo problemi più spinosi di politica interna nei mesi a venire.

La Turchia spera di far leva su un rapporto più amichevole con Israele per rafforzare i suoi legami con gli Stati Uniti. Senza l’appoggio degli Stati Uniti, la Turchia — ancora all’inizio del suo ritorno come potenza regionale — ha avuto difficoltà nell’esercitare la sua influenza in Medio Oriente e nell’ottenere risultati tangibili e guarda verso Washington per rinforzare le sue posizioni attraverso tutta la regione. In Siria, la Turchia ha fatto pressione per un maggior sostegno USA ai ribelli sunniti. In Iraq, la Turchia ha bisogno dell’appoggio politico americano per opporsi efficacemente all’Iran e rafforzare i legami energetici con il Governo Regionale del Kurdistan. Nel Caucaso, la Turchia auspica un maggior coinvolgimento degli USA in Georgia ed Azerbaijan per bilanciare la crescente influenza della Russia. Sebbene sia improbabile che gli Stati Uniti si lascino coinvolgere in tali aree ai livelli auspicati dalla Turchia, allentare le tensioni con Israele potrebbe facilitare un dialogo strategico USA-Turchia su molti di questi argomenti.

La Turchia aveva in mente anche la politica energetica quando prese in considerazione di ristabilire i contatti diplomatici con Israele. Nei due anni trascorsi, Ankara ha assistito con frustrazione all’afflusso di capitali in Israele e Cipro per lo sviluppo delle riserve di gas naturale dei due paesi. Per compensare i legami inaciditi con la Turchia, Israele si era allineata strettamente a Grecia e Cipro, lasciando Ankara ai margini dello sviluppo energetico nel Mediterraneo Orientale. Alcuni funzionari turchi hanno parlato apertamente dell’interesse di Ankara nello sviluppo di un gasdotto sottomarino con Israele per connettere il paese ai mercati europei — un progetto che comporterebbe una moltitudine di complicazioni politiche e tecniche. Da parte sua, Israele vuole usare le sue riserve energetiche per rafforzare le relazioni politiche strategiche nella regione. Ma ristabilendo un rapporto funzionale con Israele, la Turchia mira in parte anche a sabotare la collaborazione energetica israelo-cipriota ed a scoraggiare la collaborazione tra Israele e la Grecia in quello che Ankara considera il suo dominio geopolitico.

Anche se la Turchia ha riallacciato i rapporti con Israele, almeno in apparenza, Ankara rimarrà in qualche misura lontana. Per esempio, la Turchia ha offerto una risposta contenuta alle scuse di Netanyahu, ed Erdogan ha dichiarato il 25 marzo che i rapporti non potranno essere normalizzati appieno finché Israele non avrà tolto l’embargo a Gaza. L’obiettivo della Turchia è di concretizzare la sua credibilità come alternativa regionale agli Stati Uniti — in grado di misurarsi efficacemente con Israele e conservando il sostegno della popolazione sia internamente che nell’estero vicino.

Alla luce della supposta riconciliazione Israele-Turchia, gli Stati Uniti possono sperare di ottenere maggior cooperazione dalla Turchia contro l’Iran, ma Ankara non avrà bisogno di cautela nei suoi rapporti con Teheran. La Turchia ha bilanciato attentamente la sua competizione con l’Iran in Siria e Iraq cooperando con Teheran in altri campi, ad esempio aiutando il regime iraniano ad aggirare le sanzioni USA. L’Iran resta un importante fornitore di gas naturale alla Turchia, e i robusti legami commerciali tra i due paesi hanno aiutato ad evitare che la rivalità geopolitica si inasprisse. Per giunta, la prospettiva di un coordinamento più stretto tra Turchia, Israele e Stati Uniti contro l’Iran — mentre Ankara sta cercando di salvaguardare una delicata tregua con i militanti del PKK — potrebbe attirare minacce o tentativi dei regimi iraniano e siriano per facilitare gli attacchi dei Curdi. La suscettibilità della Turchia alla militanza curda e la capacità dell’Iran di sfruttare questa preoccupazione determineranno in che misura Ankara potrà cooperare con Gerusalemme e Washington contro Teheran.

Mancanza di alternative per Israele

Israele ha di fronte la scomoda verità che la base strategica che ha definito le relazioni USA-israeliane dal 1973 si è notevolmente indebolita. Durante la Guerra Fredda, Israele era parte integrante della strategia americana di bilanciamento di Egitto e Siria appoggiati dai Sovietici. Oggi, Israele può fare poco per avere un impatto sostanziale sui conflitti in corso ai suoi confini. La violenta frammentazione di Siria e Libano nel Levante settentrionale è tra le ragioni più urgenti del bisogno israeliano di riallacciare una relazione collaborativa con la Turchia — un bisogno espresso dallo stesso Netanyahu in una dichiarazione del 23 marzo. E anche se i leader israeliani sottolineano continuamente l’urgenza del problema nucleare iraniano, l’incapacità di Israele di condurre un attacco unilaterale contro l’Iran e gestirne le conseguenze politiche e militari senza gli Stati Uniti, significa che esso non può affrancarsi dalla politica USA nella regione.

Se Israele non può permettersi di alienarsi l’appoggio degli Stati Uniti mentre il Medio Oriente è instabile, allora non può neanche evitare la Turchia. Sebbene l’influenza di Ankara sul mondo arabo vada ancora incontro a considerevoli ostacoli, essa è riuscita a coltivare dei legami in tutta la regione, specialmente tra i gruppi islamisti, la cui importanza sta crescendo a spese di quei regimi su cui Israele ha fatto affidamento per decenni affinché conservassero l’equilibrio di potere regionale. Inoltre, nonostante i limiti della Turchia, Washington vede il rafforzamento dei legami con Ankara come un modo strategico di influenzare la regione, laddove la relazione degli USA con Israele è un peso prossimo allo scaricamento. Pertanto, Israele ha bisogno della Turchia molto più di quanto questa non abbia bisogno di Israele per mantenere i suoi rapporti con gli Stati Uniti.

La subordinazione della politica israeliana agli interessi USA non è accettata facilmente, ma è apparentemente il risultato più importante del viaggio di Obama nella regione. Adesso gli Stati Uniti tollereranno molto meno i tentativi israeliani di forzare la mano dei politici a Washington. E più Israele diventa vulnerabile, più esso avrà bisogno degli Stati Uniti per contenere le minacce alle sue frontiere. Gli Stati Uniti preferirebbero appoggiarsi maggiormente alla Turchia per gestire la regione, ma Washington ha prima bisogno di legami più stretti con Ankara per definire delle aree di interesse comune. Anche se la Turchia porrà dei limiti sul livello di cooperazione con Israele, anche un semplice gesto diplomatico tra queste due potenze faciliterebbe la strategia USA di controllare la regione da lontano.


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