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Il sacramento del coming out

Da Ganimede

Riflessioni di José Mantero tratte da La casulla de San Ildefonso del 16 ottobre 2006, liberamente tradotte da Valentina

Il sacramento del coming out

L'11 ottobre si celebra la giornata internazionale del coming out, ideata nel 1988 e celebrata per la prima volta in Svizzera nel 1991.
ll tedesco Karl Heinrich Ulrichs, difensore dei diritti delle persone omosessuali, nel 1869 concepì il coming out come un mezzo di emancipazione. Avendo compreso che l'invisibilità (finzione, dissimulazione, clandestinità…) costituiva un ostacolo nel cammino per liberare l'opinione pubblica dall'omofobia, Ulrichs consigliava ad ogni omosessuale di "uscire dall'armadio".

Nella storia giovanissima delle lotte di liberazione gay in Spagna, tanto gruppi di omosessuali come persone di una certa rilevanza sociale e pubblica hanno deciso, con diverse strategie, di incoraggiare le "uscite dall'armadio", sia con le parole, sia facendo loro stessi coming out.A che scopo l'abbiamo fatto? Non ci sono due coming out uguali, perché ogni persona è differente dalle altre; tuttavia, ad ogni coming out hanno contribuito almeno tre costanti che li accomunano:
·   l'atto di liberazione personale, che afferma la propria affettività e sessualità: elemento da non sottovalutare, sia come causa principale del coming out che come effetto collaterale positivo;
·   l'amore per la famiglia e gli amici, che ha spinto molti a presentarsi, in un certo momento della vita, esattamente come sono, liberandosi del peso della maschera che avevano trascinato e subito per anni;
·   la presa di coscienza dell'oppressione omofoba che subisce da secoli la comunità omosessuale.
Una quarta motivazione, molto forte, è quella religiosa, anche specificamente cristiana, che tanto ci interessa in questa sede, dato che cerchiamo di vivere la nostra fede senza la menzogna omofoba che manipola le Sacra Scrittura per far sì che ci condanni e che condanni i nostri affetti e sessualità.
Perché fa coming out una persona omosessuale cristiana?

Per indicare agli altri un cammino bello e possibile: la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore degli uomini, rende possibile e degno di rispetto l'amore tra due persone, siano di sesso uguale o diverso.
Eravamo omosessuali quando abbiamo accolto un giorno la Parola e la vocazione cristiana, siamo omosessuali ora che sentiamo l'urgenza di comunicarla ad altri – “guai a me se non predicassi il vangelo!” (1Cor 9, 16) –, perché Cristo sia tutto in tutti.
Uscire dall'armadio, fare coming out, è quindi come una specie di sacramento,  perché rende chi lo fa un segno visibile – operativo ed operante – dell'amore inclusivo di Dio. Fare coming out è accettare la chiamata del Signore ad essere alter Christus (ah, il latino…), perché in ogni cosa sia amato e servito l'Amore.
Insomma, perché siamo usciti dall'armadio? Per dire agli omosessuali che Dio è loro Padre, che Lui ci ha creato così e vuole – questo è fondamentale – che siamo così, omosessuali per volontà e grazia di Dio.
Da questo blog voglio incoraggiare tutti e tutte, pastori e popolo di Dio, ad uscire dall'armadio. Come? Con tremore e timore, sapendo che occorre annunciare il dono santo della Parola a tempo debito e indebito, rendendo ragione della nostra fede e della nostra condizione di figli nel Figlio.
Una bella maniera di farlo:

Per i cattolici: nella prossima Eucaristia, al momento del prefazio (quando il celebrante invita a rendere grazie: "Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio"), alzarsi, dirigersi tranquillamente verso un luogo ben visibile, dentro o fuori del presbiterio, e rendere pubblicamente grazie alla Santissima Trinità per il proprio essere omosessuale.
Per i non cattolici: in momenti equiparabili alla Santa cena o a qualunque celebrazione comunitaria di preghiera. L'importante è rendere grazie, l'importante è rendere ragione della nostra fede, speranza e carità. L'importante, quel che Dio vuole da te, è essere.
Benedetto sia Dio, Madre e Padre di tutte le persone.
Testo originale:
El sacramento del coming out

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