Locandina del Salone Margherita
“Il suo successo fu tale che i ricchi sfaccendati di tutta Italia preferivano, quando erano in vena di divertirsi, Napoli a Parigi”. È il Salone Margherita a ispirare queste parole. Inaugurato in piena Belle Époque, nel 1890, fu il primo e più importante cafè-chantant italiano. Tutto ciò che contribuiva al suo successo si basava sul modello dei celebri Moulin Rouge e Folies Bergère francesi. I cartelloni pubblicitari, i menu del caffè, la lingua parlata al suo interno e perfino le soubrette provenivano direttamente da Parigi. Simbolo del divertimento e della vita spensierata, elegante tempio dell’intrattenimento, attirò le grandi masse dell’élite socio-culturale locale. Ma soprattutto, l’epoca d’oro del cafè-chantant coincise con quella della canzone napoletana.
Situato sotto la Galleria Umberto I di Napoli, il Salone ospitò alla sua inaugurazione personaggi illustri quali le principesse di Pignatelli, Gerace e Pescara, le contesse della Feld e l’onorevole Bonghi. Presente alla serata di gala anche Matilde Serao che dopo poco scrisse: “Chi può mai enumerare le belle sorprese di questo ritrovo alla moda? Tutte le sere c’é da stordirsi, in vero, e si deve solo alle molteplici e gaie attrattive se il pubblico vi accorre numeroso. Correte tutti al Salone Margherita e troverete davvero di che rinfrancarvi lo spirito, di che deliziarvi non solo la mente e gli orecchi, ma anche gli occhi, oh gli occhi soprattutto…”.
La Bella Otero
Il Salone nacque per volontà dei fratelli Marino, i primi a capire quanto potesse essere redditizia un’attività commerciale che offriva il fascino di rappresentazioni dal vivo ispirate al mondo parigino. Fu merito loro, infatti, se sfilarono sul palco alcune delle più celebri vedettes internazionali come la spagnola Bella Otero o la francese Cleo de Mérode. Inoltre fu al Salone Margherita che le cosiddette sciantose, dal termine francese chanteuse cioè cantante, fecero il loro esordio.
Protagoniste di questo tempio della Belle Époque: Anna Fougez, Lina Cavalieri e Maria Ciampi, l’inventrice della “mossa”. Il Salone vide anche artisti del calibro di Elvira Donnarumma, Raffaele Viviani, Gennaro Pasquariello e l’inventore della macchietta Nicola Maldacea. Solitamente gli spettacoli proposti erano presentati in successione, con un intervallo tra il primo e il secondo tempo. Alla fine del primo tempo appariva un personaggio noto che poi si concedeva nella sua opera più celebre solo alla fine dell’intero spettacolo.
Locandina del film tratto dalla canzone “Ninì Tirabusciò”
Non di rado ballerine che provenivano dal Vasto o dal Pallonetto francesizzavano i propri nomi su cui gli autori di canzoni ironizzavano. Nacquero così “Lily Kangy”, nel 1905, “A frangesa” di Mario Costa, nel 1894, e la celebre “Ninì Tirabusciò”, scritta nel 1911, da Salvatore Gambardella e Aniello Califano.
Il Salone Margherita oggi
Nel primo dopoguerra iniziò il declino del Salone Margherita, che intanto era diventato il quinto cinema della zona Galleria Umberto. Negli anni ’70 fu visto come luogo di perdizione con avanspettacoli e balletti, non più votati all’eleganza, che portarono alla sua chiusura nel 1982. Con l’acquisto della struttura da parte della famiglia Barbaro il Salone sta tornando un po’ alla volta a risplendere. Ora si accede da uno scalone a via Verdi e la domenica sera si può accedere a magiche serate di tango, ben lontano dallo spregiudicato can can di fine Ottocento.
Fonti: Vittorio Paliotti, “Salone Margherita. Una storia napoletana”, Altrastampa, Napoli, 2001; Valerio Venturi, “Cesare Andrea Bixio”, Libreria Universitaria, Limena (PD), 2010; Achille Della Ragione, “Napoletanità arte miti e riti a Napoli”, Clean, Napoli, 2013; Amedeo Colella, “Manuale di napoletanità”, Ateneapoli, Napoli , 2010.