C’è una strada a Cassino dove il seme della legalità ha fatto germogliare lavoro e prospettive sociali per un gruppo di giovani e ragazzi volenterosi. Lì, in via Aligerno a pochi passi dal centro e dall’Università di Cassino, due beni confiscati alla camorra sono rinati come trattoria della legalità ‘Civico Sociale’ e come sartoria sociale ‘Il Laboratorio del Rovescio’. Spazi che danno lavoro e futuro a chi parte svantaggiato e dove i frutti di aziende che operano su beni confiscati diventano le materie con cui si preparano i piatti principali, nella cucina della trattoria.
Che sapore ha la legalità? L’ho voluto provare un paio di settimane fa. Ha il sapore della semplicità, con cui vengono scelti gli ingredienti principali delle portate. Ha il gusto di ricette realizzate con impegno e dedizione per chi le assaggerà. Ha il profumo sincero dei prodotti della terra, dove lavorano anche detenuti in affidamento al lavoro.
Così, tra una portata e l’altra, il Pranzo della Legalità organizzato nei locali del ‘Civico Sociale’ è diventato un viaggio su terreni, un tempo regno della criminalità organizzata. Come il Fondo rustico “A. Lamberti” a Chiaiano, confiscato alla famiglia Simeoli (Nuvoletta), primo bene agricolo confiscato in Campania e oggi gestito dalla cooperativa ( R )esistenza anticamorra. Nei vigneti coltivati nel fondo lavorano, tra gli altri, un gruppo di detenuti che hanno scoperto il valore di sporcarsi le mani, lavorando la terra. “La camorra si è presa il passato, non voglio si prenda anche il futuro”. Così Ciro Corona, di ( R )esistenza anticamorra, racconta tra i tavoli della trattoria chi sono i detenuti che lavorano su questi 14 ettari di terreno liberato. “Dietro ogni bottiglia si nasconde l’inserimento lavorativo di un ragazzo, di un giovane che inizierà a fare parte di un progetto. A maggio – aggiunge, senza nascondere la soddisfazione – entrerà nella cooperativa il primo detenuto che ha partecipato alla produzione di vino”. Una Falanghina che da due anni si è conquistata anche uno spazio di gradimento tra gli amanti di questo prodotto della terra. Dimostrando che fare impresa su un bene confiscato è possibile, sopravvivendo anche alla burocrazia e alle minacce. “La prima bottiglia la compri per solidarietà, la seconda pure. La terza deve essere un prodotto di qualità, se nò non la compra nessuno. E noi puntiamo alla qualità” puntualizza Ciro Corona.
Ma, dietro i risultati raggiunti, ci sono anni di impegno e determinazione nel resistere alle intimidazioni dei clan e agli ostacoli che l’indifferenza delle istituzioni pone di fronte ai cancelli di appartamenti, locali, terreni confiscati. Come accaduto ad una cooperativa del consorzio NCO, Nuova Cooperazione Organizzata parafrasando il noto acronimo di Nuova Camorra Organizzata. “Ci siamo ritrovati un bene confiscato non a norma – racconta Simmaco Perillo, della cooperativa Al di là dei sogni – Mancavano gli infissi, il canile (municipale) non era a norma per l’Asl e senza riscaldamento. Nonostante questo, le carte erano a posto”. Poi arrivano anche le minacce. “Siamo stati oggetto di vessazioni mafiose, come lo sono puntualmente, ogni volta, i beni confiscati. Non era tollerabile che qualcuno prendesse possesso di quella casa. Ma non hanno messo in conto che cosa succede se si fanno le cose con passione: abbiamo preso un sacco a pelo e la stufa a gas, e ci siamo messi per 4 mesi nel bene, rifacendo i lavori con i nostri soldi”. La protesta ha dato alla fine i suoi frutti, e ha permesso di ottenere il foglio di abitabilità del bene. “Oggi lì produciamo prodotti biologici – spiega Perillo, di fronte a tavoli e piatti con prodotti di quella terra – Chi lavora prende lo stipendio e paga le tasse”. La cooperativa, che ha anche il primato del primo impianto di trasformazione agricola su un bene confiscato, ha ricevuto l’invito ad Expo 2015 e ha scelto di esserci.
Il sapore della legalità, quella che nasce dai terreni di un bene confiscato, ha il gusto deciso di chi non si rassegna e di chi ogni giorno coltiva concrete speranze. Assaggiare, per credere.