Magazine Maternità
Nella canzone non forse a tutti nota, Caparezza enuncia che "il secondo album è sempre più difficile nella carriera di un artista" solo per poter ivi smentire la supposta verità come tanti altri luoghi comuni duri a morire.
Nella carriera di una mamma invece dicono i più che il secondo figlio è sempre più facile.
A me però erano giunte voci contraddittorie e disparate in proposito, di gente che "ci era passata" prima di me e mi prospettava l'inferno in terra.
"Preparati, Sus, non dormirai davvero più".
"Guarda, è un incubo! Immaginati il primo figlio moltiplicato non per due, ma all'ennesima potenza!"
"Perchè poi la primogenita ti renderà la vita impossibile, eh: sappilo".
"Riposati ora che puoi perché poi è finita".
Oh, cazzarola!
La mia gestazione, già di per se non di semplice gestione, è stata non poco oberata dal peso di questi sinistri pronostici, e senza esagerare posso dire che ho pianto con vere lacrime di terrore e disperazione svariate volte nel letto aspettando e prospettandomi nella maniera più nera l'arrivo della mia prossima morte per sfinimento psicofisico.
A ben vedere potevo risparmiarmela e vivermela più serenamente, ma insomma: diamo la colpa ai soliti ormoni.
Conservo ricordi avvolti da un che di terrificante dei miei primi mesi di maternità con Mimi, alias "la pupa", perché allora era l'unica esistente, e poteva ben chiamarsi così senza comportare ambiguità di attribuzione.
Ora, lungi da me il volermi attribuire il merito o il plauso di come le cose sembra stiano funzionando con una relativa scorrevolezza fino ad oggi.
Lungi da me anche il voler seriamente confrontare e giudicare di conseguenza le mie due figlie (o dichiarare una preferenza verso l'una o l'altra) sul metro del maggior o minore impegno che ciascuna mi ha richiesto nei primi mesi della sua vita .
Lungissime da me anche il volermi bullare del fatto che, tzé, chissà che mi credevo, e invece guarda, io ne farei anche altri tre subito subito, di figli...
Però ci tengo a sottolineare il fatto che non è che alcune madri siano più impedite, pazze isteriche, o inclini alla drammatizzazione in chiave tragica della loro esperienza di maternità.
Perché accade che ti senti a lungo così, quando parlando e confrontandoti con le tue simili ti sembra che solo tu sei arrivata sull'orlo dell'infanticidio, esasperata da continui e incessanti pianti notturni e diurni, esausta e sfinita.
Che solo tu eri tanto ansiosa e paranoica dall'osservare con scrupolosa e finanche pignola precisione gli orari di poppate e sonnellini, onde evitare che lei si potesse innervosire e mandarti a schifìo l'intera giornata.
Che tu sola sei arrivata tanto impreparata alla maternità da non sapere che, "Oh, che credevi, i bambini piangono/i bambini comportano fatica/i bambini richiedono attenzioni. Mica pensavi che fosse facile!".
Che tu e solo tu infine ti sia relegata a vivere nella perenne dipendenza dai tempi e dalle esigenze di tua figlia almeno per l'intero primo anno della sua vita, privandoti della più innocente occasione di vita mondana, come andare a mangiare la pizza una sera con gli amici, solo perché, nella tua mente iperapprensiva ti eri immotivatamente convinta che quella serata si sarebbe trasformata per te in supplizio più che in occasione di svago, e già ti vedevi gironzolare tra i tavoli della pizzeria con lei isterica e insonne tra le braccia, mentre la pizza ti si freddava nel piatto e gli altri continuavano a conversare amenamente davanti ai resti di cibo nei loro ormai vuoti, loro che non potevano capire, o a cui non interessava poi troppo, il perché non te ne stessi seduta a mangiare, una buona volta.
E vieni sommersa di esempi contrari, a dimostrazione del fatto che, no, vedrai, sei tu che esageri. Non è possibile che sia così difficile da gestire. Tizia e Caio vanno a mangiar fuori una sera sì e una no col piccolo Sempronio che dorme tranquillo nel passeggino. Giovanna il piccolo ce lo porta al mare tutto il giorno, che problema c'è? Antonio dorme nel marsupio mentre i genitori sono al cinema. Il piccolo Gianni l'altra sera era alla festa con la mamma: è stato bravissimo!
Sei tu che ti fai troppi problemi: guarda che lei lo sente, e diventa nervosa perché tu lo sei.
Sei troppo fissata con questa storia degli orari: lei deve abituarsi ad essere un po' scombussolata se no non fai più vita. Sì, sì: abituala a dormire anche se intorno c'è casino. Devi abituarla, capito? La chiave è lì. Se tu non l'abitui poi sono cazzi ,eh!
Miei adorati amici familiari e conoscenti del caso: io l'abituo pure, o almeno: ci posso provà.
Però nel frattempo che lei di abituarsi non ne vuol sapere e fa la matta, ché ce le passate voi le giornate a combattere?
E poi ti capita di metterti a fare terrorismo psicologico presso tutte le donne gravide che conosci, a far loro preamboli su come sarà difficile, quando loro figlio piangerà dalla mattina alla sera e non riusciranno neppure a trovare il tempo per bere un sorso d'acqua, "ma tu tieni duro, vedrai che poi piano piano le cose migliorano, anche quando vorresti solo piangere tu pure da quando ti svegli a quando vai a letto distrutta".
E dopo, quando i pupi sono nati, e tu telefoni per sentire come va ti rispondono che "tutto bene, il pupo dorme e mangia, è abbastanza tranquillo... sì sì tutto bene, grazie, siamo felici".
E tu, ammettilo, sotto sotto, ci rosichi. E non poco.
Perché solo io?
Allora ti convinci che sì: sarà come dicono loro. Ero impreperata, ero incapace, ho esagerato, ero depressa, troppo incline a drammatizzare, troppo ansiosa, troppo poco adattabile. Mah!
Insomma: ti convinci di essere mammo-negata.
Eppure, non potrebbe anche darsi che forse forse fosse tua figlia ad essere una bimba un pochino più "difficile"?
In questo caso saresti stata solo un po' più sfigata delle altre, e non più impedita.
In questo caso vale la pena ritentar la sorte.
Vero è che sempre figlia del tuo stesso sangue è pure la seconda.
Che se tu, a sentir loro, eri così ansiosa da aver indotto nella tua primogenita un perenne stato di furia indomita, la cosa probabilmente si ripeterà.
E questo non ti tranquillizza affatto.
Così se al termine della prima gravidanza ci eri arrivata spensierata e intontita, nello stato d'animo svagato e ignaro di chi, appunto, ignora ciò che sta per accadergli, stavolta ci arrivi quasi rassegnata, all'erta e diffidente, e non ti arrischi a proferire la temibile frase "Però, questa bambina sembrerebbe tranquilla" nei primi giorni di vostra conoscenza, perché sai che potresti pagare caro un abbassamento della guardia.
Invece poi ti capitano cose strane.
Che la tua secondogenita si svegli nella carrozzina e invece di iniziare a urlare a pieni polmoni, come tu credevi fosse normale facessero tutti i neonati dal risveglio alla successiva nanna, con la sola interruzione della poppata, lei invece rimanga sveglia a guardarsi intorno, emettendo ogni tanto un "Eh!" o un "Ghà!".
Accade che lei rimanga per lunghi intervalli di tempo sdraiata sul letto a osservare la giostrina con le pecorelle mentre tu sistemi camera, e ogni tanto la guardi incredula per accertarti che sia sempre viva.
Accade che lei, senza colpo ferire, ti si addormenti di botto sul braccio, e che tu la deponga nella suddetta carrozzina attonita come la Terra al nunzio sta, e un tantino confusa, perché non immaginavi questa cosa potesse accadere sul serio, nella realtà.
Accade allora che pensi: "tanto ora appena la metto giù si sveglia di sicuro", e che invece lei ti dorma secche tre o quattro ore di filato, così, senza avvertire, senza discutere.
Accade che lei ti guardi con quei suoi occhi grigio-azzurri fissamente, mentre tu in bagno effettui i tuoi lavacri mattutini con tutta la calma del mondo, come non ricordi di aver mai fatto da qualche anno a questa parte, e lei sempre lì, nel suo ovetto sopra al water, mentre tu ti strofini la faccia, ti spazzoli con cura le arcate dentali, valuti la possibilità di farti uno shampoo e depilarti, e tu la guardi, e lei ti guarda, non distoglie lo sguardo da te, e questo contatto visivo, questa aulica comunicazione muta, pur in ambiente così prosastico, la tranquillizza e la rassicura, ché lei lo sa che tu sei lì, che sei la sua tett...ehm... la sua mamma e sei lì, e che non la lasci sola; e lei sa che tu prima o poi la prenderai in braccio anche se non sbraita, e questa immensa, insperata fiducia che lei ripone in te ti gratifica e ti lusinga, ma soprattutto, più di ogni altra cosa, vorresti gettarti ai suoi piedi e piangere come una scema, commossa e grata, e dirle mille volte: "Grazie! Ossignore grazie! Sia lode all'Altissimo! Mille e mille volte grazie! Grazie! Grazie! E ancora grazie!"
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