J. K. Rowling è lo pseudonimo dell’autrice britannica della fortunata saga di Harry Potter famosa in tutto il mondo, nata il 31 luglio 1965 a Yates. Impegnata anche nel campo della filantropia e degli aiuti umanitari, l Rowling si è affermata come donna più ricca d’Inghilterra. Ora vive a Edimburgo col marito e i tre figli. Il seggio vacante è il suo primo romanzo definito propriamente adult.
Sito: http://www.jkrowling.com
Titolo: Il seggio vacante
Autore: J. K. Rowling
Serie: //
Edito da: Salani (Collana: //)
Prezzo: 22,00 €
Genere: Adult, Mistere, Thriller
Pagine: 553 p.
Voto:
Trama: A chi la visitasse per la prima volta, Pagford apparirebbe come un’idilliaca cittadina inglese. Un gioiello incastonato tra verdi colline, con un’antica abbazia, una piazza lastricata di ciottoli, case eleganti e prati ordinatamente falciati. Ma sotto lo smalto perfetto di questo villaggio di provincia si nascondono ipocrisia, rancori e tradimenti. Tutti a Pagford, dietro le tende ben tirate delle loro case, sembrano aver intrapreso una guerra personale e universale: figli contro genitori, mogli contro mariti, benestanti contro emarginati. La morte di Barry Fairbrother, il consigliere più amato e odiato della città, porta alla luce il vero cuore di Pagford e dei suoi abitanti: la lotta per il suo posto all’interno dell’amministrazione locale è un terremoto che sbriciola le fondamenta, che rimescola divisioni e alleanze. Eppure, dalla crisi totale, dalla distruzione di certezze e valori, ecco emergere una verità spiazzante, ironica, purificatrice: che la vita è imprevedibile e spietata, e affrontarla con coraggio è l’unico modo per non farsi travolgere, oltre che dalle sue tragedie, anche dal ridicolo.
Recensione
di Livin Derevel
Non sarà una recensione breve. (Du-du-duuuuuuun)
Su questo nuovissimo romanzo della mamma di Harry Potter ne ho sentite di ogni: che era un capolavoro, che faceva schifo, che era un perfetto emblema della critica sociale, che era scandaloso rispetto alla saga del più famoso maghetto… E visto che mi sono accorta da tempo che il giudizio migliore per me posso darlo solo io, eccomi qui, e lo condividerò con voi.
Partiamo dalla premessa che molti lettori – italiani e non – si sono lamentati perché si aspettavano che Il seggio vacante avesse mantenuto lo stile dei sette libri di Harry Potter, ovvero quello politicamente ed editorialmente corretto, velato di decenza e che non trattasse temi troppo scabrosi, scandalosi o inappropriati per i babbani. Vorrei informare molti di questi lettori che il romanzo era stato subito dichiarato come un libro per adulti, o almeno a chi sia già in grado di ragionare nel mondo reale, senza per forza dover ricorrere a lagne e lamentele perché si tratta di qualcosa di più crudo.
N. B.: informarsi un pochino prima di spendere un botto di soldi potrebbe essere utile.
E arriviamo a uno dei punti che mi hanno spinto a dare una votazione simile, un intermedio ai già citati Fa schifo e ai È un capolavoro: qual è il target di questo libro? Qual è la fascia standard che potrebbe usufruire di questa lettura?
Mi sono posta questa domanda quando mi sono resa conto che lo stile di narrazione, rispetto a Harry Potter, era cambiato di poco, senza tradire il suo fondo d’infantilismo.
Mi spiego meglio: i temi trattati ne Il seggio vacante sono svariati, e sono forti. L’intolleranza, il suicidio, la cattiveria, il degrado sociale e psicologico, conflitti umani di diversa natura, la morte, oltre ovviamente ad argomenti più leggeri e frivoli che si incontrano tutti i giorni. Il punto, che a me ha dato da pensare, è che le introspezioni, le analisi della psicologia dei protagonisti, la spiegazione delle loro azioni sono state esposte con una semplicità estrema, come se tutti loro – nonostante le età differenti – fossero adolescenti in preda a una qualche crisi, in cerca di attenzioni, in vena di capricci, privi di una vera e propria personalità.
Una pecca che fa zoppicare il romanzo sono proprio i personaggi, la cui caratterizzazione è solo superficiale, si assomigliano come se fossero stati creati con uno stampino letterario e solo dopo ricamati con punti forti e deboli abbastanza da renderli riconoscibili al lettore.
Donne dal carattere remissivo che si sentono in dovere di tacere quando invece la situazione richiede polso fermo, astiose e invidiose, che evitano di guardare in faccia la realtà e subiscono qualsiasi cosa – dal più blando essere ignorate alle violenze vere e proprie – e uomini, maschi dominanti che per la maggior parte non sono altro che dei cialtroni che fuori si mostrano grandi salvo poi rivelarsi, nella loro intimità, per gli inutili omuncoli che sono, e che nessuno pensa mai di smascherare una volta per tutte.
Pochi non corrispondono a questi standard, e infatti sono i pochi per cui ho fatto il tifo. Tutti gli altri ricalcano uno stereotipo piuttosto irritante e oserei dire degradante, sembra che l’autrice si sia sforzata di trovare il peggio che esista nella società umana e l’abbia incastrato in quei corpi che parlavano e si muovevano nell’arco di troppe pagine che giravano a vuoto senza condurre a nulla di concreto.
La trama di base è interessante, profonda e intrigante, e l’intreccio con cui le vicende si sono incastrate le une nelle altre è ammirevole, non troppo complesso, comprensibile con eccellente facilità ma non per questo penalizzante, anzi, ho apprezzato molto la chiarezza degli eventi che si succedevano senza alcuna forzatura.
Il problema più grande, comunque, sta nello stile.
La Rowling deve la sua fama alla narrativa per ragazzi, e si nota. Questo romanzo dovrebbe essere un adult, eppure il linguaggio è automatico, quasi banale, le riflessioni sono scialbe, prive di sottigliezze, o bianco o nero senza nessuna sfumatura dell’animo umano a interdire il lettore (tranne in casi minimi), è tutto così nudo, palese e ovvio che leggere viene quasi a noia; gli eventi si succedono con una naturalezza quasi imbarazzante senza che nessuno provi davvero sensazioni forti – o almeno – le sensazioni forti dovrebbero esserci, ma semplicemente non ci vengono esplicate come tali, bensì con qualche riga monocorde che trasmette la più assoluta apatia.
Non sono una che cerca la morale in tutto ciò che le capita sottomano (altrimenti dovrei eliminare metà della mia libreria), ma amo i libri proprio perché lasciano un segno quando si finisce di leggerli, che esso sia negativo o positivo; mi affeziono a una lettura quando qualcosa mi colpisce e mi costringe a ripensarci anche dopo aver sfogliato l’ultima pagina, mi piace quando assisto alle evoluzioni dei protagonisti in relazione ai cambiamenti vengono posti loro di fronte come prova da affrontare.
Qui mi è parso che gran parte dei suddetti rimanesse nel loro anonimo angolo di pateticità, con bugie, indifferenza e cattiverie sotterranee che non ammetteranno mai ad alta voce, in un finale in cui solo pochi di loro si salvano davvero e spiccano, distintisi per aver fatto davvero seriamente di concreto.
In sostanza, il libro di per sé è accettabile, ma se non fosse stato scritto dalla Rowling non si tratterebbe altro che dell’ennesimo romanzo troppo lungo e un po’ lagnoso, che non va a parare da nessuna parte, che non convince fino in fondo, e di cui non parlerebbero in molti.
Mi è piaciuto? Francamente no.
E guardando il prezzo – sia in cartaceo ma soprattutto in digitale – ve ne sconsiglio la lettura.