Torniamo a parlare di Yellow Mythos oggi qui sul blog. Senza che ce ne accorgessimo abbiamo lasciato che trascorressero un altro paio di mesi. Gli Yellow Mythos, già…. vi ricordate dove eravamo rimasti? Come No? Davvero il trascorrere del tempo vi fa questo effetto? Che ne dite quindi di un rapido riassunto? Tutto iniziò qui sul blog nell’ormai remota estate 2013, con un misterioso ed inquietante libro (Il Re in giallo, ndr) citato all’interno di una raccolta di racconti omonima. Discorrendo di “pseudobiblia”ci eravamo chiesti se quel titolo, così come il celebre Necronomicon, fosse solo un’invenzione del suo autore oppure se ci fosse dell’altro. Parafrasando una frase di Salomone (Eccl. 1:9), nella quale si dice che “le cose nuove non sarebbero altro che cose che abbiamo dimenticato”, ci eravamo avventurati alla ricerca di prove che potessero confermare la seconda ipotesi. Se ci fosse veramente dell’altro? Se dietro i misteri di Hali, dietro le leggende del ciclo di Hastur, dietro il destino della perduta Carcosa, dietro il bizzarro “Yellow Sign" e dietro la misteriosa “Pallid Mask” ci fosse invece qualcosa di cui l’umanità si è dimenticata? Solo l’analisi dell’immensa letteratura scritta a proposito del “Re in giallo” potrebbe forse darci qualche risposta.
Un anno fa, di questi tempi, avevamo affrontato alcuni spunti scaturiti da un racconto, scritto da Robert W. Chambers nel 1895, dal curioso titolo de “Il riparatore di reputazioni”; spunti che ci avevano portato a ritenere che fosse stato addirittura Oscar Wilde il primo vero testimone dell’esistenza del “Re in Giallo”. Successivamente eravamo tornati a rileggere lo stesso racconto rendendoci conto di una sottotrama, resa quasi invisibile dall’imponente riflettore puntato sugli avvenimenti principali. Attraverso gli ormai numerosi articoli scritti sull’argomento, quell’assurdo libro dalla copertina gialla sembra continuare a ripresentarsi e, ogni volta, sembra condurre alla pazzia i suoi malcapitati lettori. Il primo fu probabilmente Dorian Gray, l’affascinante giovinetto della Londra vittoriana di Oscar Wilde, divenuto celebre a causa del suo singolare ritratto. Il secondo fu Hildred Castaigne, il folle pretendente al trono della dinastia imperiale d’America descritto da Robert W. Chambers. In seguito rimase vittima del malefico influsso del “Re in Giallo” anche Constance Castaigne, probabile alias di Constance Hawberk, detenuta nella Coastal State Prison narrata da Karl Edward Wagner, e la giovane Cassilda Archer, pseudonimo della sconosciuta alle cui gesta abbiamo assistito la volta scorsa.
"Non toccarlo, Tessie," dissi, "scendi". Naturalmente il mio monito fu sufficiente a suscitare la sua curiosità, e prima che potessi impedirlo lei prese il libro e, ridendo, lo portò con sé nello studio a passi di danza. La richiamai, ma lei scivolò via con un sorriso struggente dalle mie mani inermi, e io la seguii con una certa impazienza. "Tessie!" gridai, entrando nella biblioteca, "ascolta, sono serio. Metti via quel libro. Non voglio che tu lo apra!" La biblioteca era vuota. Entrai in entrambi i salotti, poi nelle camere da letto, in lavanderia, in cucina, e infine tornai in biblioteca e cominciai una ricerca sistematica. Si era nascosta così bene che passò mezz'ora prima che la scoprissi accovacciata, bianca e silenziosa, vicino alla finestra a grate nel ripostiglio situato al piano superiore. Con una sola occhiata mi resi conto che era stata punita per la sua stupidità. Il Re in Giallo giaceva ai suoi piedi, ma il libro era aperto sulla seconda parte. Guardai Tessie e vidi che era troppo tardi. Aveva aperto Il Re in giallo. Allora la presi per mano e la condussi nello studio. Sembrava stordita, e quando le dissi di sdraiarsi sul divano mi obbedì senza dire una parola. Dopo un po' chiuse gli occhi e il suo respiro divenne regolare e profondo, ma non riuscivo a capire se stesse dormendo o meno. Per molto tempo me ne restai seduto in silenzio accanto a lei, ma lei non si mosse né parlò, e alla fine mi alzai ed entrando nel ripostiglio inutilizzato afferrai il libro giallo con la mia mano meno lesionata. Sembrava pesante come piombo, ma lo riportai nello studio, e sedendomi sul tappeto accanto al divano lo aprii e lo lessi dall'inizio alla fine.
Il racconto è ambientato a New York tra le pareti di un edificio affacciato su Washington Square, la stessa piazza dove, in un diverso racconto dello stesso autore, fu installata la cosiddetta “Lethal Chamber”, una costruzione che permetteva agli aspiranti suicidi di mettere in atto il loro desiderio di autodistruzione. Che i tempi siano pressoché gli stessi lo si intuisce dalle stesse parole di Chambers, il quale fa sì che il suo protagonista menzioni “la terribile tragedia del giovane Castaigne”, aggiungendo poi che i due si conoscevano. Siamo quindi nello stesso distopico 1920 e nelle stesse strade della stessa città, anche se l’autore non concede ulteriori collegamenti spazio-temporali con le vicende del “riparatore di reputazioni”.
Anche in questo racconto sarà la lettura delle pagine del “Re in giallo” a rivelarsi fatale ma, come era già accaduto in passato e come accadrà in futuro, la linea temporale si distorce, si accavalla e si richiude su se stessa, confondendo causa ed effetto. È davvero la lettura del “Re in giallo” a portare alla pazzia? Oppure il “Re in giallo” non è altro che un semplice tassello, l’inevitabile conseguenza di un “qualcosa” che, in un momento qualsiasi, finisce per incrociare il cammino di alcuni predestinati?
La risposta, semmai esistesse, non l’avremo oggi. Il racconto di cui parliamo in questo articolo, sebbene possa sembrare quasi incredibile, non verte sull’ormai famoso libro, bensì su uno strano glifo…
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